Seguendo gli eventi degli ultimi mesi, forse anni, i risultati delle elezioni greche non stupiscono. Tuttavia nella storia delle elezioni dell’Europa occidentale si trovano pochi esempi analoghi di sconvolgimenti simili del quadro elettorale.
La profondissima crisi economica, senza precedenti in tempo di pace, ha sconvolto la vita quotidiana dei greci, i modelli classici di riferimento, le adesioni quasi automatiche ai partiti, principalmente i due maggiori, Nuova democrazia, conservatore, e PASOK, socialista. Entrambi avevano le proprie clientele ben radicate, con pezzi di amministrazione pubblica, di gran lunga il primo datore di lavoro, usati come base elettorale, feudi locali regionali con notabili inamovibili, e si alternavano al potere con poca o nulla interferenza di terze forze, soprattutto considerando che il terzo partito principale era il KKE, il partito comunista, rimasto su posizioni totalmente ortodosse di socialismo reale, le stesse dai tempi della guerra civile, irrriducibile a ogni compromesso con altre fazioni politiche.
La legge elettorale è sostanzialmente un proporzionale con sbarramento al 3% con un premio di maggioranza che è stato più o meno pesante nella storia e che da ultimo è stata modificata stabilendo un premio di 50 seggi (ovvero un sesto dei seggi totali) per il primo partito, di fatto garantendogli la maggioranza assoluta se questo avesse superato il 39%. Non in questo caso quindi.
Il Pasok (socialisti aderenti al PSE) perde più del 30% dei voti, praticamente un record europeo, e le sue perdite sono maggiormente accentuate ad Atene, Pireo e nell’Attica; inoltre laddove era potentissima e una istituzione, come Creta e dove singoli politici si erano staccati per aderire ad altre forze. Mantiene punti di forza ed è il primo partito in alcune zone del Nord-Est, nell’Est di Creta e nell’Acaia, luogo di orgine della dinastia dei Papandreou.
Nuova Democrazia (conservatori europeisti aderenti al PPE) perde meno del PASOK grazie al fatto di essere l’opposizione uscente, ma perde in modo abbastanza uniforme, confermandosi forte nelle aree rurali, soprattutto del Nord, ma anche nel Sud Peloponneso e debole nelle aree urbane e in Attica. Tra l’altro a Salonicco e Atene città perde più che proporzionalmente.
Syriza, ovvero la sinistra radicale alternativa, guadagna il 12%, e soprattutto nella zona dell’Attica, con Atene, il Pireo e l’area metropolitana (in tutto quasi metà dei greci abitano in questa piccola area) dove la crisi sembra avere colpito di più, il settore privato e pubblico, i lavoratori frustrati e delusi che si erano trasferiti dalla campagna per trovare un impiego, soprattutto statale, grazie alle infornate pubbliche dei socialisti di Papandreou padre, lavoro che ora hanno perso in molti, o il cui stipendio si sono visti ridurre. Qui Syriza ha attinto al Pasok e in piccola parte anche al KKE, come con un “voto utile” a sinistra.
KKE, il partito comunista greco, rimasto pienamente marxista e a favore dell’instaurazione del socialismo, conferma il proprio grantitico elettorato senza però guadagnare, non riuscendo a porsi a causa della presenza di Syriza come una alternativa di sinistra per gli elettori delusi, pagando probabilmente la propria immutata posizione dogmatica anti-sistema.
Gli Indipendenti Greci sono un gruppo di ex aderenti a Nuova Democrazia che si sono staccati non condividendo l’adesione al memorandum europeo di sacrifici, e sostendendo posizioni populiste e nazionaliste di rifiuto di assogettamento del Paese a regole esterne (c’è la richiesta di danni di guerra alla Germania per esempio). Hanno ottenuto un buon 10%, raccolto proprio nell’Attica e nella Grecia centrale, in aree dove probabilmente il voto a destra è più di opinione e meno clientelare e tradizionalista, come nel Nord rurale.
La Sinistra democratica (DIMAR) nasce dalla fazione più moderata e socialdemocratica di Syriza, con aggregazioni da parte di ex-membri del PASOK, e pur rimanendo fortemente europeista (a differenza di Syriza) e non radicale, rifiuta i sacrifici imposta dall’Europa e accettati dal PASOK. Ha deluso, probabilmente schiacciato a sinistra da Syriza che ha avuto una piattaforma più chiara e netta, ma ha comunque raccolto voti distribuiti in modo piuttosto uniforme in tutto il Paese.
Alba Dorata brilla nelle zone più urbanizzate esterne all’area urbana di Atene (quella con popolazione più istruita), quindi in Attica, nella regione di Corinto, nell’Argolide, aree dove anche maggiore è la presenza di immigrati. Ha dato scandalo la natura quasi esplicitamente neonazista e violenta del partito che non nasconde i propri modi, l’atteggiamento intimidatorio nei confronti di chiunque, ma i numeri del consenso non sono in realtà maggiori di quello che raccolgono movimenti xenofobi e/o populisti in altre zone d’Europa, anche con minori difficoltà economiche.
Tra i partiti che sono rimasti sotto la soglia di sbarramento del 3% per avere seggi:
Il Laos, ultra-nazionalisti ortodossi hanno perso, abbastanza uniformemente, la metà dei voti, pagando così la partecipazione al governo tecnico di Papademos con PASOK e ND, e sicuramente questi elettori sono andati a ingrossare le file di Alba Dorata.
I Verdi sono marginalmente aumentati ma senza in realtà diventare centrali e imporsi in questa fase, e fallendo di pochissimo il raggiungimento del 3%.
Vi sono diverse forze centriste, liberiste, liberaldemocratiche ed europeiste che hanno totalizzato un 7,1% ma si sono presentati divisi tra la vecchia Unione dei Centristi e i nuovi Alleanza Democratica, DISY (di liberisti ex-ND) e “Ricreate Greece” e i libdem di Drasi. Questi ultimi due partiti hanno raccolto la maggior parte del sostegno ad Atene, tra le elite laico-liberali.
Probabilmente presentandosi uniti avrebbero ottenuto dei seggi permettendo la creazione di un governo europeista, tuttavia questo sistema elettorale ha provocato ben maggiori distorsioni.
Un sistema elettorale che poteva sembrare ragionevole con due grandi partiti a dominare largamente le competizioni elettorali e che anzi dava governabilità, si rivela profondamente distorsivo con un sistema frammentato con nessun partito sopra il 20%, poichè Nuova Democrazia si è trovata ad avere più del doppio dei voti di Syriza con solo un 2% in più. Tuttavia questo spiega anche perchè ora Syriza, vedendo a portata di mano la possibilità di diventare primo partito, abbia rifiutato di arrivare ad un compromesso accettando di formare un governo, nonostante i tentativi spasmodici del presidente della Repubblica nelle ultime ore, che ha dovuto infine arrendersi e chiamare a nuove elezioni a giugno. Elezioni il cui esito è assolutamente incerto. Staremo a vedere.
Commenta