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L’ultima trovata: il Bersanellum

Il mondo dei sistemi elettorali italiani si arricchisce di una nuova proposta: il Bersanellum. Chiamato così dai giornalisti in ossequio alla vicinanza di alcuni dei suoi proponenti (Roberto Speranza, Andrea Giorgis, Federico Fornaro) all’ex segretario del PD, la desinenza “-um” riprende una ben nota abitudine nostrana di latinizzare il nome delle nuove formule di conversione dei voti in seggi (Mattarellum, Porcellum, Consultellum, Italicum…).

Ma veniamo alla sostanza. Il nuovo sistema proposto per la sola Camera dei Deputati è di fatto un sistema misto, che vede una combinazione di seggi assegnati tramite sistema maggioritario e altri tramite sistema proporzionale secondo un metodo non subito intuitivo. In verità il Bersanellum non nasce ieri, ma praticamente ricalca una delle tre proposte di sistema elettorale avanzate dall’allora segretario del PD Matteo Renzi nel gennaio 2014. 475 deputati sarebbero eletti in collegi uninominali, così come accadeva nel già citato Mattarellum, “padre spirituale” del Bersanellum. Il candidato che arriva primo anche di un solo voto è eletto deputato di quella determinata porzione di territorio (l’ampiezza dei collegi sarebbe di circa 120-140mila residenti). La rimanente quota risponde invece a una logica proporzionale: 90 seggi andrebbero in premio alla migliore lista o coalizione di liste, altri 30 seggi alla lista o coalizione di liste arrivata seconda, i rimanenti 23 seggi assicurerebbero un “diritto di tribuna” alle formazioni che eleggono meno di 20 deputati ma conseguono più del 2% dei voti. A ciò si aggiungano 12 seggi delle varie circoscrizioni estero, eletti proporzionalmente come adesso.

Questo meccanismo vorrebbe portare da una parte a favorire il raggiungimento della maggioranza assoluta (316 seggi) per la prima formazione politica, dall’altro dovrebbe consolidare uno scenario bipolare con una specie di “premio di consolazione” per chi arriva secondo. Il tutto con un caveat: i 90 seggi di premio si riducono di entità nel caso in cui la coalizione vincente abbia già raggiunto quota 350 seggi, per evitare la creazione di super-maggioranze. Ad esempio, se un partito vincerà 300 collegi uninominali su 475, il premio sarà di soli 50 seggi e non di 90. Sarà quindi un premio per così dire “mobile”. I seggi assegnati a un partito con il proporzionale (nei due premi e nel “diritto di tribuna”) saranno assegnati ai candidati di quel partito che avranno ottenuto il miglior risultato nei collegi, pur non essendo eletti. Saranno quindi i “migliori perdenti”, secondo una graduatoria stilata su base nazionale.

Abbiamo deciso di mettere alla prova questa nuova creatura elettorale italiana, provando a simulare il risultato di un’ipotetica elezione politica. Per farlo si è deciso di utilizzare i collegi del Mattarellum: pur essendo risalenti ormai a 20 anni fa, ci forniscono un’indicazione di quale estensione potrebbero avere i collegi del Bersanellum. Per le intenzioni di voto si è calcolata la media degli ultimi sondaggi (EMG, Ixé, IPR, Piepoli e Ipsos) che vede il PD primo con il 31%, il M5S poco distante al 29,4%, il Centrodestra al 28,3% e molto più staccati Sinistra Italiana al 3,3% e Alleanza Popolare (NCD-UDC) al 3,1%. La distribuzione territoriale del voto è stata calcolata sulla base dei risultati delle Europee 2014, che vedono un M5S leggermente meridionalizzato rispetto alle precedenti politiche (1). Inoltre abbiamo indicato una fascia di oscillazione del 10% rispetto al risultato predetto, a rappresentare una porzione di seggi in cui vi è una distanza minima tra le tre formazioni.

Ecco i risultati e la mappa dei collegi:

Bersanellum

Il PD si aggiudicherebbe il premio, ma a causa di un risultato non eclatante nei collegi uninominali (173 deputati eletti contro i 197 del Movimento) si fermerebbe ben distante dai 316 seggi di maggioranza. L’arretramento rispetto alle Europee sarebbe massiccio e il partito di Renzi rischierebbe di arrivare secondo in molte zone del Nord dove si era imposto ai tempi del 40,8%. In queste zone rimarrebbe arroccato nelle grandi città, così come era accaduto al PD di Bersani nel 2013. Il Movimento 5 Stelle invece avrebbe una distribuzione del voto più efficace del PD, riuscendo a dominare in larghe parti del Centro-Sud e delle Isole, e strappando molti seggi al PD in Piemonte e in Liguria. Il Centrodestra invece arriverebbe terzo, vincendo 101 seggi uninominali, principalmente nel Lombardo-Veneto e in alcune sue zone di forza del Centro e del Sud (province di Latina, Frosinone, Caserta). Ai due partiti minori andrebbero invece una decina di seggi ciascuno, scelti con il proporzionale tra i loro “migliori perdenti”: per Sinistra Italiana probabilmente sarebbero eletti nei collegi urbani delle grandi città, dove la formazione progressista ha i propri risultati migliori, per AP in alcuni collegi fra Puglia, Calabria e Sicilia.

Cosa ci dice questa simulazione? Da una parte che un sistema uninominale, per quanto con correzione con premio di maggioranza, difficilmente produrrà un vincitore in uno scenario tripolare (ma d’altronde questa è una “pecca” di qualsiasi sistema elettorale maggioritario o proporzionale che non sia l’Italicum, che ha la sua mission e il suo punto di forza proprio nel garantire sempre e comunque una maggioranza). Dall’altra si vede come il M5S sia ormai una forza egemone in tutto il Centro-Sud, specialmente a causa della spaccatura fra Centrodestra tradizionale (Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia) e Nuovo Centrodestra. Quest’ultima formazione, malgrado abbia un consenso non irresistibile a livello nazionale, nella parte meridionale del Paese andando da sola diminuirebbe di molto la competitività del Centrodestra, a favore del M5S.

Su questo scenario pende però un grande interrogativo: quanto peseranno i candidati locali? Ai tempi del Mattarellum il Centrosinistra schierando candidati competitivi riusciva nei collegi a recuperare molti voti rispetto a quanto ottenuto dai singoli partiti nel proporzionale. Accadrebbe anche nel 2016, facendo scontare ai grillini la mancanza di un ceto politico locale? Oppure il nostro sistema partitico è talmente in disfacimento che la mancanza di una passata storia politica può essere apprezzata dall’elettorato? Lo sapremo solo se il Bersanellum diverrà realtà, uno scenario però non molto probabile.

(1) Rispetto alle Europee, il PD perderebbe 9,8 punti percentuali, il M5S ne guadagnerebbe ben 8,2, mentre il Centrodestra aumenterebbe dell’1,6%.

Andrea Piazza

Laureato in Politica, Amministrazione e Organizzazione all'Università di Bologna, lavora al servizio Affari Istituzionali dell'Unione della Romagna Faentina. Si interessa di sistemi partitici e riordino territoriale. Ha una grave dipendenza da cappelletti al ragù.

3 commenti

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  • Articolo interessante, tuttavia credo che alla veridicità del risultato manchi un elemento ulteriore, e cioè: calcolare come si muoverebbero i partiti (= che alleanze farebbero) per massimizzare il loro risultato. Per partiti come NCD, Sinistra Italiana o Scelta civica ad esempio non è immaginabile una discesa in campo da soli, perché prenderebbero molti meno seggi di quanti già non ne abbiano ora. Scenderebbero molto probabilmente a patti con i partiti maggiori i quali, dal canto loro, hanno bisogno dell’appoggio di questi partiti per superare i principali concorrrenti nella corsa (molto tirata) al premio di maggioranza.

    • Grazie Marco. Hai ragione, se guardiamo al “padre spirituale” del Bersanellum, il Mattarellum, in effetti i partiti minori hanno spesso trovato candidati comuni ai partiti principali quando si veniva al confronto maggioritario (penso a Rifondazione Comunista nel 1996 e 2001 con il sostegno ai candidati dell’Ulivo). Tuttavia non sono mancati neanche i casi di corse in solitaria, come nel caso dell’Italia dei Valori nel 2001. Tuttavia è vero ciò che dici: con un quadro di alleanze più ampie molto cambierebbe, specie nel Centro-Sud dove il consenso di Area Popolare (NCD-UDC) potrebbe portare il centrodestra in testa in molti collegi.