Cosa c’era scritto nelle motivazioni della sentenza con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime alcune parti dell’Italicum? Ecco alcune “pillole”, riguardanti i singoli punti sollevati dai ricorrenti, con le risposte della Corte, più un commento del nostro esperto di diritto Francesco Magni.
PREMIO DI MAGGIORANZA
Ricorso: Il premio è illegittimo perché scatta al raggiungimento del 40% dei voti, calcolati sul totale dei voti validi ma senza alcuni riferimento al numero degli aventi diritto al voto. Quindi c’è il rischio di un’eccessiva sovra-rappresentazione. (Trib. Messina e Genova)
Decisione della Corte: La questione è infondata, la Corte riconosce al legislatore “ampia discrezionalità” in materia di legislazione elettorale, limitandosi a censurare solo disposizioni “manifestamente irragionevoli”. Il premio di maggioranza è previsto al raggiungimento di una soglia minima di voti (il 40%), soglia che non appare manifestamente irragionevole e che bilancia i due princìpi di rappresentatività e governabilità. L’ipotesi che in caso di bassa affluenza il premio vada ad una lista votata da una parte troppo minoritaria dell’elettorato non è sindacabile dalla Corte: appartiene al legislatore la scelta se inserire o meno nella legge elettorale un riferimento agli aventi diritto (e non solo ai voti validi), non si tratta una scelta costituzionalmente obbligata. La soglia di sbarramento al 3% non è irragionevolmente elevata, e non distorce in maniera eccessiva la rappresentanza.
Ricorso: Se anche la seconda lista arriva al 40% deve comunque dividersi i seggi di minoranza, vi è una sua sotto-rappresentazione eccessiva. (Trib. Genova)
Decisione della Corte: La questione è infondata. Rientra pienamente nella logica di un sistema basato sul premio di maggioranza alla prima lista che le liste sconfitte (a prescindere dalla percentuale di voti che hanno conseguito) ottengano una rappresentanza in termini di seggi inferiore a quella che avrebbero avuto in presenza di una ripartizione puramente proporzionale.
Ricorso: La legge prevede che se una lista non raggiunge il 40% dei voti ma raggiunge 340 seggi, si debba procedere comunque a un ballottaggio, e ciò è irragionevole. (Trib. Genova)
Decisione della Corte: La questione è infondata, perché nella legge è scritto che una delle verifiche che precedono l’indizione del ballottaggio è il raggiungimento dei 340 seggi da parte della prima lista (verifica che avviene anche nel caso che la prima lista non abbia raggiunto il 40% dei voti).
BALLOTTAGGIO
Ricorso: L’unica soglia minima richiesta per accedere ad un eventuale ballottaggio è quella del 3% (20% per le minoranze linguistiche), consentendo potenzialmente di accedere al ballottaggio e vincere il premio di maggioranza anche a liste non adeguatamente radicate nel corpo elettorale. (Trib. Torino, Perugia, Trieste, Genova)
Decisione della Corte: La questione è fondata. Si può innestare un premio di maggioranza all’interno di un sistema proporzionale, purché tale premio non sovra-rappresenti troppo la prima lista. Nell’Italicum, il ballottaggio non è una nuova votazione, bensì “la prosecuzione” di quella svoltasi al primo turno: infatti, non sono consentiti apparentamenti tra i due turni, e la ripartizione proporzionale che si applica per le liste perdenti (sia quelle che non accedono al ballottaggio sia quella che al ballottaggio risulta sconfitta) si effettua sulla base dei voti ottenuti al primo turno. Una lista quindi può accedere al premio (vincendo il ballottaggio) anche con una percentuale esigua di voti, replicando la disproporzionalità già ritenuta eccessiva ed incostituzionale con la sentenza n° 1/2014 (quella sul Porcellum). Sono solo le “stringenti condizioni” di accesso al ballottaggio che conducono alla certezza dell’attribuzione del premio. La logica maggioritaria del ballottaggio così configurato (volto ad “assicurare”, e non solo a favorire, la creazione di una maggioranza politica) si innesta su una legge il cui impianto è comunque proporzionale, sacrificando eccessivamente il principio della rappresentanza in favore di quello della governabilità.
Non è il ballottaggio di per sé ad essere illegittimo: i doppi turni di altri sistemi, ad esempio quelli con collegi uninominali, sono legittimi perché finalizzati ad eleggere un rappresentante che sia più rappresentativo possibile del suo collegio. Ma in una forma di governo parlamentare, un sistema elettorale proporzionale con ballottaggio tra liste si scontra con il valore primario della rappresentatività. Spetta eventualmente al legislatore modificare le “stringenti condizioni” di accesso al ballottaggio per rendere quest’ultimo costituzionalmente legittimo.
Infine, nessun paragone può essere fatto con il ballottaggio in uso per eleggere i sindaci nei Comuni superiori: in quel caso, infatti, la forma di governo prevede l’elezione diretta del titolare del potere esecutivo, diversamente dalla forma di governo dello Stato centrale, che la Costituzione disegna come parlamentare.
SLITTAMENTO SEGGI
Ricorso: Il meccanismo dello “slittamento” dei seggi da una circoscrizione all’altra vìola il principio di rappresentatività territoriale e la responsabilità dell’eletto verso i suoi elettori. (Trib. Messina)
Decisione della Corte: La questione non è fondata. La legge prevede che eventuali “slittamenti” di seggi avvengano primariamente all’interno di una stessa circoscrizione, e solo in caso in cui questa operazione si riveli impossibile (“in casi limite che il legislatore intende come del tutto residuali”) si proceda allo slittamento tra circoscrizioni diverse.
CAPILISTA BLOCCATI
Ricorso: Il meccanismo dei capilista bloccati per le liste di minoranza comporterebbe un largo numero di candidati eletti non tramite preferenze, rendendo così il voto indiretto. (Trib. Messina)
Decisione della Corte: La questione non è fondata. Le liste bloccate del Porcellum erano incostituzionali perché non davano all’elettore alcun margine di scelta dei rappresentanti, prevedendo circoscrizioni molto ampie e un numero di candidati tale da non essere conoscibili dagli elettori. Ma nell’Italicum vi sono tre differenze: le circoscrizioni sono piccole, e dunque le liste sono corte; l’unico candidato bloccato è il capolista, che però è riconoscibile poiché il suo nome è stampato sulla scheda accando al simbolo della lista; infine, gli elettori possono esprimere fino a due preferenze. Il numero di candidati bloccati eletti in ciascuna lista di minoranza è funzione sia della distribuzione territoriale del voto a ciascuna lista sia del numero di pluricandidature che vengono utilizzate (maggiore è il loro numero, maggiore sarà il numero degli eletti con voto di preferenza).
Ricorso: Il capolista pluricandidato che risulta eletto in più circoscrizioni può scegliere entro 8 giorni dal voto in quale circoscrizione risultare eletto, generando una distorsione tra le preferenze espresse dagli elettori e il loro esito. (Trib. Torino, Perugia, Trieste, Genova)
Decisione della Corte: La questione è fondata. Manca un criterio oggettivo rispettoso della volontà degli elettori, e si consegna al capolista pluri-eletto “un improprio potere di designazione” nei confronti degli altri candidati votati con preferenze.
SEGGI IN TRENTINO-ALTO ADIGE
Ricorso: Il meccanismo di attribuzione dei seggi nel TTA lede la rappresentatività delle liste nazionali non coalizzate con liste di minoranze linguistiche in quella regione. (Trib. Genova)
Decisione della Corte: La questione non è fondata. Le norme indicate dal ricorrente non sono quelle esatte, e inoltre nel ricorso non si spiega con esattezza quali sarebbero le parti lese e come dovrebbe funzionare concretamente il meccanismo che porta alla lesione ritenuta illegittima.
DIFFERENZE CAMERA-SENATO
Ricorso: Le soglie di sbarramento disomogenee di Camera e Senato favoriscono la formazione di maggioranze differenti compromettendo il funzionamento della forma di governo parlamentare. (Trib. Messina)
Decisione della Corte: La questione non è fondata. In teoria, maggioranze diverse tra Camera e Senato potrebbero venire a formarsi a causa di ben altri motivi (in primis il premio di maggioranza, previsto alla Camera ma non al Senato). Non è chiaro poi quale delle due leggi dovrebbe essere modificata per uniformarla all’altra. In ogni caso, dichiarare incostituzionali le soglie di sbarramento previste in una delle due Camere avrebbe come effetto un ramo del Parlamento eletto con soglia di sbarramento e un altro eletto senza alcuna soglia, non risolvendo così il problema della disomogeneità.
Ricorso: L’entrata in vigore della legge prevista per il 1° luglio 2016, quindi prima della conclusione dell’iter della riforma costituzionale di riforma del bicameralismo perfetto, fa sì che si potrebbe andare ad elezioni con due sistemi elettorali diversi tra Camera e Senato, generando così maggioranze diverse. (Trib. Messina)
Decisione della Corte: La questione non è fondata. Nel ricorso non è specificato quali caratteri dei due diversi sistemi provocherebbero una “palese ingovernabilità”. La Corte tuttavia sottolinea che, visto l’esito del referendum del 4 dicembre 2016 che ha confermato l’assetto costituzionale fondato sul bicameralismo paritario, la Costituzione esige che leggi elettorali “non devono ostacolare” la formazione di maggioranza parlamentari omogenee.
IL COMMENTO DI FRANCESCO MAGNI*
Il giudizio della Corte è tutto sommato coerente con i confini tracciati dalla precedente sentenza sul Porcellum, ed era in larga parte prevista in questi termini. Il punto attorno a cui tutto sembra ruotare è la centralità dei princìpi democratici di libertà della scelta dell’elettore e di rispetto della volontà popolare. Per tale ragione il capolista bloccato non è costituzionalmente illegittimo. L’elettore può facilmente individuarlo e in tal modo orientare la sua preferenza, in coerenza con quanto dispongono gli articoli 1, 2 e 48 della Costituzione.
Similmente, la previsione di una soglia per accedere al premio di maggioranza differenzia notevolmente l’Italicum dal Porcellum, il quale era sicuramente più distorsivo della volontà elettorale. Infatti, tanto la necessità di una stabilità di Governo quanto quella di rispettare la volontà del popolo sovrano godono indubbiamente di copertura costituzionale. Capita spesso, in molte branche del diritto, che alcuni princìpi costituzionali entrino o possano entrare in conflitto tra di loro (si pensi alle recenti sentenze della stessa Corte in tema di pensioni e blocco della contrattazione collettiva nel pubblico, ove le necessità di bilancio hanno limitato fortemente i diritti del lavoratori e dei pensionati). In tali casi la Corte è costretta a un’opera di contemperamento, di bilanciamento di tali interessi, ricercando un equilibrio che li garantisca tutti e nel miglior modo possibile, come è puntualmente avvenuto con la sentenza che stiamo commentando.
La Corte sembra, invece, non voler tenere in considerazione le cd. “seconde scelte”. Per tale ragione ritiene il ballottaggio un istituto non conforme a Costituzione, in quanto eccessivamente distorsivo della volontà elettorale.
Va rilevato che la Corte non sembra censurare l’istituto del ballottaggio in sé, quanto piuttosto la sua applicazione così come prevista dall’Italicum. Le cd. seconde scelte sono infatti parte integrante di molti sistemi elettorali, anche in Italia – basti pensare alle modalità di elezione in Italia dei Sindaci e dei Consigli Comunali nei Comuni sopra i 15mila abitanti.
Ci sono però alcuni elementi che differenziano i due sistemi elettorali (Parlamento e Comuni):
1. Il Parlamento esercita uno dei tre poteri dello Stato, il legislativo. Necessariamente, la Corte per i sistemi elettorali che regolano le elezioni politiche è più attenta a salvaguardare la corretta rappresentanza volontà elettorale.
2. Ogni comune ha un solo Consiglio e non si pone il problema di bilanciare l’elezione dei componenti di due Aule (come accade invece per Camera dei Deputati e Senato della Repubblica).
3. La legge elettorale per gli enti locali prevede anche l’elezione diretta del Sindaco, per la quale le cd. seconde scelte potrebbero avere un peso diverso rispetto all’elezione di un organo legislativo e non risultare costituzionalmente illegittime.
4. Il numero di membri da eleggere non può non essere tenuto in considerazione. I parlamentari sono in tutto 945, mentre i consigli comunali sono composti al massimo da 48 consiglieri. Chiaramente più sono i membri da eleggere più la volontà elettorale viene distorta nelle aule di rappresentanza da una legge elettorale disproporzionale.
* Avvocato, specializzato in diritto amministrativo e del lavoro
QUI il testo integrale delle motivazioni della sentenza
“La Corte sembra, invece, non voler tenere in considerazione le cd. “seconde scelte”. Per tale ragione ritiene il ballottaggio un istituto non conforme a Costituzione, in quanto eccessivamente distorsivo della volontà elettorale.”
Piu che altro ho visto il fondamento di questa scelta la forma PARLAMENTARE della nostra repubblica; dato che si eleggono i parlamentari, e che si eleggono per ogni regione, non è possibile usare il ballottaggio senza incorrere in distorsioni, al contrario del ballottaggio tra candidati, come in Francia.
Parlo da strenuo oppositore della repubblica in forma parlamentare.
Ciao GiMa, il fatto che alla base di questa scelta ci sia la forma di governo parlamentare è ben scritto anche nelle motivazioni.
Il riferimento alle “seconde scelte” (se posso permettermi di interpretare quanto affermato dall’avv. Magni) è dovuto al fatto che la CC ha evidenziato come il ballottaggio non vada visto come un’elezione a sé, ma come la prosecuzione del primo turno. In altri sistemi (come in Australia) le seconde scelte vengono valorizzate, all’interno dello stesso turno elettorale, in modo tale che concorrono a individuare il vincitore quando le prime preferenze non bastano. L’interpretazione della CC è differente, e sembra voler privilegiare le “prime scelte” (quelle espresse in sede di primo turno) come le uniche che possano “legittimare” il consenso a un soggetto politico. Al punto che restringere il ballottaggio a una competizione tra le prime due liste e assegnare il premio a una sola di esse darebbe una “forzatura eccessiva” rispetto all’esigenza di rappresentatività della volontà popolare.