Siamo vicinissimi all’8 giugno, data delle elezioni generali (anticipate) nel Regno Unito, quasi un anno esatto dopo il voto a favore della Brexit.
L’esito della consultazione fino a qualche giorno fa sembrava scontato: un plebiscito in favore dei conservatori di Theresa May. Nelle ultime settimane però il vantaggio dei Tory si è ridotto: abbastanza da dare speranze ai laburisti di Jeremy Corbyn? Vediamo insieme la situazione attuale…
Britain Elects riassume il trend elettorale a 6 giorni dal voto (non è considerata la Scozia e manca quindi lo SNP): da una parte abbiamo il Labour ai suoi massimi dal 2014; dall’altra i conservatori negli ultimi giorni sono in calo, per la prima volta dopo molto tempo, e attualmente sono intorno al 44,3%. È un vantaggio comunque considerevole, e che va letto in ogni caso alla luce del sistema elettorale maggioritario in vigore oltremanica per le 650 constituencies. Nel complesso i due partiti principali sembrano godere di una salute migliore rispetto agli ultimi anni, con un ritorno a un bipolarismo sconosciuto nella recente politica britannica.
Un vantaggio Tory considerevole che però, a sorpresa, potrebbe non essere sufficiente. Non lo è almeno per YouGov, che prevede allo stato attuale un hung parliament in seguito al voto, con in conservatori a 313 seggi e non in grado di ottenere una maggioranza autonoma. Quella di YouGov è una proiezione in controtendenza rispetto agli altri istituti come Britain Elects o Election Forecast.
Perché questa differenza? Cambia il metodo di proiezione, dato che YouGov adotta un algoritmo differente che tiene conto di più variabili, chiamato Multilevel Regression and Post-stratification: nell’algoritmo sono considerati variabili come la data del sondaggio, la constituency, i dati demografici e le passate abitudini di voto dei rispondenti, insieme ad altre variabili. Di fatto, i comportamenti e le analisi degli istituti di sondaggi elettorali sono cambiati nel corso degli ultimi anni, con un’evoluzione dei metodi e delle previsioni. Ipsos MORI, per esempio, “pesa” maggiormente i propri numeri, mentre YouGov ammette esplicitamente di tenere conto della probabilità di andare a votare in base ai dati demografici o alle passate consultazioni.
Questo rende i dati più fluidi ma forse più leggibili. Si è citato il caso americano, dove la stragrande maggioranza dei giovani si è dichiarata prima di novembre a favore di Clinton contro Trump: tuttavia il numero di giovani elettori è stato sovrastimato rispetto alla realtà. Come sono i dati demografici in UK? Ci pensa l’Economist a fare ordine.
Forse non sarà sorprendente notare come tra i più giovani i laburisti siano nettamente avanti con quasi il 60% delle preferenze.
Tra le fasce più anziane però il rapporto si inverte. La domanda aperta quindi sembra essere: qual è la probabilità che i più giovani si rechino alle urne con la stessa percentuale di affluenza rispetto ai meno giovani?
Pare quindi che per i laburisti di Corbyn, la partita possa riaprirsi solo se conquisteranno chi alle precedenti elezioni ha votato gli smaller parties o non si è recato alle urne. Allo stato attuale, questo è l’unico scenario che permette una rimonta tracciata dai trend ma ancora lontana nei numeri. E il rischio di fare troppo affidamento sul voto degli ex “non votanti” è che poi questi restino a casa anche l’8 giugno.
Le probabilità? Electoral Calculus assegna il 68% delle chance ai Tory di una maggioranza autonoma. Sono numeri simili alle probabilità di vittoria stimate per Hillary Clinton nel 2016, con la differenza che lo scenario Clinton-Trump era binario, mentre nel parlamento britannico le possibilità di una maggioranza composta da conservatori più altri partiti portano le speranze della May oltre l’80%.
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