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Dove va il Brasile senza Lula?

(A cura di Matteo Bianucci)

 

Eu não sou mais um ser humano. Eu sou uma ideia

L’ex Presidente del Brasile Luiz Inacio Lula Da Silva, da dieci giorni è in carcere. Era stato arrestato il 7 aprile dopo la condanna in seconda istanza per corruzione passiva e riciclaggio. Il petista aveva fatto ricorso per ottenere l’habeas corpus, che avrebbe evitato il carcere per la condanna in secondo grado, ma la richiesta è stata respinta per 6 voti a 5 dal Supremo Tribunal Federal. Il processo fa parte dell’operazione anti corruzione Lava Jato, portata avanti dal giudice Sergio Moro che più volte l’ha definita come “la Mani Pulite brasiliana”.

L’arresto di Lula avrà un forte impatto sugli equilibri politici in vista delle elezioni presidenziali del prossimo ottobre. L’ex presidente brasiliano era il favorito per la vittoria elettorale, largamente in testa in ogni sondaggio sulle intenzioni di voto (37 % secondo Datafolha), ma adesso la sua effettiva candidatura sembra sempre più improbabile: se applicata, la legge “Ficha Limpa” (una sorta di Severino brasiliana) rende ineleggibili per otto anni i condannati da un organo collegiale, anche se non in ultima istanza.

Sistema istituzionale

Dal 1985 (anno in cui ebbe fine la dittatura), il Brasile è una Repubblica federale democratica con una forma di governo presidenziale, in cui il Presidente (come negli Stati Uniti) è sia capo di Stato che di governo ed è eletto ogni quattro anni. Insieme al Presidente, viene eletto anche il Congresso, espressione del potere legislativo, composto dalla Camera dei deputati e dal Senato: la Camera è formata da 513 membri, eletti con mandato quadriennale, mentre gli 81 membri del Senato svolgono la funzione di rappresentanza dei 27 Stati federali, che eleggono 3 senatori ciascuno, con un mandato della durata di otto anni. Anche le elezioni per il Senato si tengono però ogni quattro anni, ed assegnano alternativamente un terzo e due terzi dei seggi.

Sistema elettorale

In Brasile sono due i sistemi elettorali che contano, a seconda della carica da eleggere: il Presidente è eletto attraverso un sistema maggioritario a doppio turno. I deputati vengono invece eletti attraverso un sistema proporzionale a lista aperta (cioè con preferenze), mentre i senatori con sistema maggioritario a turno unico.

Una delle particolarità di questo sistema è la possibilità di creare coalizioni pre-elettorali anche nella parte proporzionale: in questo caso la coalizione “funziona” come se fosse una lista unica e i voti ottenuti da tutte le liste determinano il numero di seggi spettanti alla coalizione, che successivamente sono redistribuiti tra i candidati che hanno ottenuto un maggior numero di preferenze.

Questo aspetto è stato sottoposto a molte critiche e indicato come causa dell’eccessiva frammentazione partitica. La presenza delle coalizioni permette ai piccoli partiti di superare il quoziente di sbarramento e partecipare alla distribuzione dei seggi “trascinati” dai partiti maggiori. In questo modo candidati che riescono ad ottenere un buon numero di voti, ma non otterrebbero seggi a causa delle piccole dimensioni del proprio partito, possono sfruttare il meccanismo per essere eletti. Questo ha portato a delle campagne elettorali incentrate principalmente sui candidati, indebolendo progressivamente i partiti.

Sistema politico

Il Brasile è caratterizzato dal cosiddetto “presidenzialismo di coalizione”, in cui l’elezione diretta del Presidente si interseca con un sistema multi-partitico estremamente frammentato, che costringe il capo dell’esecutivo a cercare ampie coalizioni all’interno del Congresso. Nel registro elettorale sono attualmente presenti 35 partiti: di questi, ben 28 sono riusciti ad eleggere almeno un rappresentante.

Alle ultime elezioni per la Camera i due partiti maggiori, PT (Partito dei Lavoratori, 14 %) e PMDB (Movimento Democratico, 11 %) hanno ottenuto insieme solo il 26 % dei seggi. Nel 2010 il numero effettivo di partiti (indice di Laakso-Taagepera) era di 10,4, mentre nel 2014 è salito a 13,2, il più alto a livello mondiale. Oltre a rendere necessaria la creazione di ampie coalizioni, l’alta frammentazione rende ancora più instabile il sistema, provocando sia una diminuzione della fiducia nei partiti (aggravato ulteriormente dai numerosi scandali giudiziari) sia “annacquamento” ideologico.

L’attuale Camera brasiliana: ben 28 i partiti che hanno ottenuto almeno un seggio nel 2014

Il PMDB, partito dell’attuale Presidente Michel Temer, rappresenta un esempio importante per comprendere le logiche di questo sistema: è il più grande partito del Brasile, con quasi 2,5 milioni di iscritti (seguito dal PT con poco più di 1,5 milioni), è stato la chiave di quasi tutti i governi post dittatura, è caratterizzato da una presenza capillare nel governo dei comuni e nelle istituzioni legislative federali, con una connotazione ideologica abbastanza fluida.

Attualmente è il partito con il maggior numero di seggi sia alla Camera sia al Senato, ma non ha mai vinto un’elezione presidenziale diretta: Orestes Quercia è stato l’ultimo candidato alla presidenza per il PMDB, sconfitto nel 1994 da Fernando Henrique Cardoso. Ciononostante, dal 1990 – con la breve eccezione del governo Collor – il PMDB ha sempre appoggiato tutti i governi, anche quando non era presente nella coalizione elettorale vincente o quando non è riuscito ad entrare subito nella maggioranza, come nel caso dei primi governi Cardoso e Lula.

Elezioni presidenziali 2014

Le ultime elezioni presidenziali hanno visto la vittoria della candidata del PT Dilma Rousseff, che ha sconfitto Aécio Neves (PSDB, partito centrista social-democratico), al ballottaggio con il 51,6% dei voti. La mappa elettorale mostra come vi sia stata una distinzione a livello statale tra i due partiti, con il PT maggiormente forte nelle roccaforti del Nord Est, mentre Neves ottiene maggior successo a San Paolo e negli stati del Sud. Dilma è poi decaduta a causa di una contestatissima procedura di impeachment e la guida del governo è passata al suo vice Michel Temer, nell’ambito di una forte crisi politica che ha visto coinvolta la maggior parte dei partiti nello scandalo Lava Jato.

Le elezioni municipali del 2016 hanno mostrato una possibile inversione di tendenza, con il PT che è sceso a 256 municipi (dai 638 municipi del 2012, una riduzione del 60 per cento). Il PSDB si è confermato invece come forza in ascesa, conquistando San Paolo al primo turno e vincendo in 5 capitali su 8 al secondo turno.

Cosa succederà senza Lula?

Lo scenario in vista delle prossime elezioni è ancora particolarmente incerto. Il PT ha più volte ripetuto di non avere “piani B” confermando il proprio appoggio a Lula, ma tra le possibili alternative i nomi migliori sembrano essere l’ex sindaco di San Paolo Fernando Haddad e l’ex governatore della Bahia Jaques Wagner.

In uno scenario senza Lula, in testa nelle intenzioni di voto (secondo l’istituto Datafolha) con il 19% c’è Jair Bolsonaro, ex militare e vicino a posizioni politiche di estrema destra, anche se dell’assenza dell’ex presidente potrebbero beneficiarne soprattutto Ciro Gomes (PDT) e Marina Silva (Rede), già ministri nel governo presieduto da Lula. Se a sinistra si è iniziato a discutere della creazione di un campo unico elettorale, includendo il PDT, ma soprattutto Guilherme Boulos (PSOL) e Manuela d’Avila (PCdoB), entrambi elogiati da Lula nel suo ultimo discorso, nel PSDB è confermata la candidatura di Geraldo Alckmin, mentre sono ancora da definire le possibili alleanze con il PMDB che potrebbe tornare a presentare un candidato, con una lotta interna tra Temer ed il neo affiliato Meirelles, ex ministro della Fazenda.

 

Redazione

La redazione di YouTrend

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