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YouTrend intervista Ken Feltman

Ex senior advisor e consulente del VicePresidente degli Stati Uniti Dick Cheney e di Donald Rumsfeld, Ken Feltman è stato campaign manager in oltre 200 sfide elettorali tra Congresso e Senato Usa. Ha inoltre curato alcune campagne presidenziali in Europa ed è stato, tra l’altro, Presidente dell’Associazione Internazionale Consulenti Politici. Attualmente è chairman di Radnor Inc. e opinionista in “The Arena” nel sito Politico.com

Dottor Feltman, la media ponderata dei sondaggi presidenziali sul sito RealClearPolitics, tra i più accreditati in America, assegna a Barack Obama oltre tre punti di vantaggio: lei pensa che questa elezione sia ancora una sfida all’ultimo voto?

«L’elezione rimane un “too close to call”, una sfida apertissima, ma ci sono due aspetti che favoriscono Obama: il primo è che Romney continua a commettere errori. Si distrae troppo facilmente e questo lo porta a doversi focalizzare sulla propria difesa senza avere la possibilità di mettere al centro del dibattito la situazione economica e le sue proposte politiche. Il secondo è che Obama è molto brillante nei dibattiti, rischia di far apparire Romney impreparato se dovesse avere difficoltà nel rispondere ad una domanda. L’impressione che ha dato Romney nei precedenti dibattiti è che, se comincia con un buon approccio, è in grado di proseguire per l’intero dibattito ad alti livelli di performance. Se invece parte male, finora non è sembrato in grado di riprendersi».

La maggioranza dell’elettorato boccia l’operato di Barack Obama sull’economia in un momento di crisi: per quale ragione allora Romney è costretto ad inseguire ancora il Presidente nei sondaggi? Quali sono gli errori nella sua strategia?

«Romney ha buttato via troppo tempo difendendosi invece di discutere e spiegare il suo programma e le sue politiche e invece di mettere in risalto le sue idee contrapposte alle pessime relazioni internazionali e ai pessimi risultati economici ottenuti dall’amministrazione uscente. Obama è, oggettivamente, un candidato vulnerabile, ma Romney non è stato in grado di attaccarlo perché costretto a concentrarsi sulla propria difesa, a causa delle gaffes che continua a fare».

Quali pensa saranno gli stati chiave di questa tornata elettorale? E quali i principali target demografici per i due contendenti?

«Ci saranno ancora una volta vari stati chiave. Nel sud-est, Florida, Virginia, North Carolina. La Pennsylvania, l’Ohio, l’Iowa, il Michigan e il Wisconsin saranno gli stati chiave della costa est e del midwest. Infine, gli swing state occidentali saranno Colorado e Nevada. I target più importanti per Obama saranno gli afroamericani e gli ispanici, con gli uomini “bianchi” che diventano ogni anno più decisivi. Romney, invece, si concentrerà maggiormente sui piccoli imprenditori e sulle donne bianche.  Le donne bianche sono un segmento demografico enorme e un movimento elettorale anche piccolo di questo gruppo sociale può fare la differenza in uno swing states. È il motivo per cui Romney sta bombardando le tv statunitensi di spot elettorali con messaggi sulle esigenze delle madri e delle donne sposate. Romney dovrà concentrarsi molto sugli imprenditori e le imprenditrici, che sostengono prevalentemente lui, al di là delle appartenenze demografiche. La campagna di Romney non è stata rapida nell’intuirlo e dovrà focalizzarsi maggiormente su questo target».

Nelle campagne elettorali americane stanno emergendo nuove tecniche e tecnologie. Una delle più interessanti è senz’altro il micro-targeting: quale candidato ha investito di più in questo settore? Secondo lei, può essere un’arma decisiva per vincere le elezioni?

«Ci sono consulenti che considerano il micro-targeting una tecnologia non ancora pronta. Tuttavia, la campagna di Obama ha spostato alcuni sforzi dalla loro esperienza sui social media al micro-targeting con alcune idee creative ed efficaci. In cambio, la campagna di Romney ha puntato su una maggiore spesa e terminerà probabilmente la campagna elettorale spendendo più del Presidente uscente per pubblicità mirate e altri messaggi a pagamento. Vedremo se la spesa “pesante” sarà efficace quanto una spesa minore ma mirata e precisa».

Dopo le convention dei repubblicani e dei democratici, il vantaggio del Presidente uscente è aumentato: colpa di una pessima convention del GOP o di un ottimo lavoro dei Democratici nella preparazione dell’evento di Charlotte?

«I democratici, senza dubbio, hanno organizzato una convention migliore, e questo conferma la disciplina e l’organizzazione straordinarie della campagna di Obama. La convention repubblicana riflette i problemi organizzativi dello stesso candidato repubblicano. Nel suo lavoro nel settore commerciale, Romney aveva quattro o cinque persone fidate, talvolta di più, che si rapportavano direttamente con lui. Questo significa avere diverse persone che gli davano diversi consigli e informazioni e lui sceglieva quale seguire. Ma una campagna elettorale necessita di disciplina per scegliere una strategia e, una volta scelta, di seguirla fino alla fine. Con troppi consulenti, Romney cambia troppo spesso, cosa che ha fatto anche programmando l’evento di Tampa. Questo ha portato la sua convention ad avere un messaggio confuso, incoerente. Lo stesso discorso di Romney è stato preparato da diversi speechwriter, e le varie versioni sono state tutte alla fine scartate, e poi sostituite poi da una nuova versione. Il candidato conservatore non ha così avuto tempo sufficiente per sentire “suo” il discorso prima di pronunciarlo».

Manca poco al primo dei tre dibattiti presidenziali. Entrambi i candidati si stanno preparando: quanto importanti sono questi faccia a faccia? Lei prima ha sottolineato che Obama è considerato il migliore tra i due candidati in queste performances, questo cosa comporta?

«Con una elezione così aperta, i dibattiti saranno ancora più importanti del solito. Entrambi gli staff proveranno ad abbassare le aspettative per il proprio candidato. Obama è riconosciuto da tutti come il migliore “debater”, ma questo può anche tradursi in un vantaggio per Romney: le persone avranno aspettative minori per la sua performance. Invece si aspettano una buona performance di Obama, per questo a Romney basterà avvicinarsi alla sua prestazione per apparire il vincitore. Tuttavia, è anche vero che questo non è spesso un elemento decisivo: alla fine, solitamente, i dibattiti li vince il più bravo. Romney partirà indietro nei sondaggi in questi faccia a faccia, quindi è probabile che tenterà il colpo del KO contro Obama. Se sbaglia il colpo, la cosa lo innervosirà e finirà per farlo sbagliare. Comunque, se riuscirà a non farsi tentare dagli eccessi, potrà mostrare una performance solida  che contribuirà a cucirgli addosso l’immagine di candidato “presidenziale”».

 

 

Giovanni Diamanti

Classe 1989, consulente e stratega politico. Co-fondatore e amministratore di Quorum, ha lavorato ad alcune tra le più importanti campagne italiane, tra cui quelle di Debora Serracchiani, Dario Nardella, Nicola Zingaretti, Vincenzo De Luca, Pierfrancesco Majorino, Beppe Sala. In realtà è un ragazzo timido che ama guardarsi la punta delle scarpe. Uomo dalla testa veloce, ha idee (confuse) in ordine sparso - così come i capelli.

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