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Il lavoro in Italia: 1977-2010

I dati dell’Istat dal 1977 al 2010 ci mostrano come è evoluta la situazione dell’occupazione nel nostro Paese: dal boom dell’occupazione avutosi dal 1996 in avanti agli effetti della grande crisi economica post 2008.

Come si vede in 33 anni il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni, quello di norma più esaminato, è aumentato del 3,5%; è significativo in realtà prendere come riferimento il 1984 e il 2008, perchè sono rispettivamente l’anno culmine della spesa sociale “allegra” e del massimo disavanzo primario e l’ultimo anno prima della crisi. Qui la differenza è del 6,7%, un guadagno ottenuto quasi tutto dal 1996 in poi, con le leggi Treu e Biagi, e con l’immigrazione. Ci viene mostrato anche il tasso totale di attività dopo i 15 anni, che evidenzia bene la dipendenza degli anziani dai lavoratori, per esempio, e che vediamo nello stesso periodo aumentare di meno di 2 punti percentuali; il dato è chiaramente modificato dall’aumento degli anziani e dal numero minore di ultra-65enni occupato, ma si trattava in realtà di anziani contadini nel passato.

Questa misura però ci viene fornita come riferimento anche per il tasso di disoccupazione e quello di attività (che comprende occupazione e disoccupazione ed è l’inverso dell’inattività), e quindi osserviamo che la disoccupazione è andata calando proprio nello stesso periodo, in modo quasi inversamente proporzionale all’aumento dell’occupazione, così che nel totale abbiamo un tasso di attività totale simile, risultato però di importanti variazioni, che possiamo riassumere così:

Una diminuzione dell’occupazione dei 15-24enni, dovuta a un maggiore impegno scolastico e universitario, che diventa un ancora maggiore calo della disoccupazione nella stessa fascia, e quindi un crollo del 15% circa del tasso di attività di questi giovani.

Una diminuzione del tasso di occupazione e di attività degli ultra 65-enni, in generale occupati nell’agricoltura.

Un aumento dell’occupazione di circa il 6% nella fascia della stragrande maggioranza della popolazione lavorativa, ovvero tra i 25 e i 64 anni, che ha visto un corrispettivo aumento limitato della disoccupazione, solo un 1-2%, e quindi un aumento del tasso di attività anch’esso del 6%.

Una diminuzione dell’occupazione e del tasso di attività nei maschi (5%), sia chiaramente tra i 15-24enni, ma anche tra i 25-64enni (del 5%), con un aumento del tasso di disoccupazione, così che il tasso di attività rispetto a una media stabile qui diminuisce del 6%.

– Un forte aumento dell’occupazione femminile, che diminuisce solo per i motivi già citati tra i 15 e i 25 anni ma aumenta del 16% tra i 25 e i 64 anni, del 7,5% per ciò che riguarda l’occupazione totale, e calcolando il calo dell’8% della disoccupazione abbiamo un aumento dell’8% del tasso di attività, un dato notevole considerando il maggiore invecchiamento della popolazione femminile e la maggiore tendenza all’aumento delle iscrizioni femminili all’università rispetto al passato.

Una progressione dell’età pensionabile, che ha reso, assieme alle tutele forti di cui godono lavoratori entrati 30 anni fa, il tasso di occupazione dei lavoratori più anziani, dopo i 50 anni ma prima dei 65 anni, più crescente che gli altri segmenti in anni recenti, e tra le donne in modo eclatante.

Un grande aumento del lavoro straniero extracomunitario, che ha avuto tassi di occupazione e crescita di occupazione superiore agli italiani, sia per gli uomini che per le donne, che uniti a tassi di disoccupazione anch’essi in tutti i casi superiori, fanno in modo che i tassi di inattività siano decisamente più bassi, anche e soprattutto di inattività oltre i 15 anni tout court, visto l’esiguo numero di anziani extracomunitari.

– Una progressione della speranza media di vita.

Di seguito le tabelle relative ai maschi e poi alle femmine:

Con la crisi economica dal 2008 molti trend si sono per forza invertiti, accentuati o attenuati; per esempio ha ricominciato a diminuire l’occupazione totale, ma in particolare quella dei minori di 25 anni e dei maschi, con un simmetrico andamento per l’aumento della disoccupazione, portando il tasso di attività a calare di poco nel complesso, ma anche qui soprattutto tra i maschi e i più giovani. Tra i 25-64 enni il limitato calo dell’occupazione e il limitato aumento della disoccupazione vedono anche qui una situazione femminile molto più stabile e una maschile invece in sofferenza.

Per gli stranieri di fronte a una crescita più sostenuta dell’occupazione precedentemente alla crisi, vi è stato un calo molto più marcato in seguito, con differenze maggiori che tra gli italiani tra maschi e femmine, con un crollo tra i maschi e la prosecuzione invece di una crescita rispetto a metà decennio tra le femmine. Tra gli stranieri inoltre la perdita di occupazione tende di più a trasformarsi in disoccupazione e meno in inattività che è aumentata di poco.

Si possono osservare questi dati anche nelle seguenti tabelle:

Il lavoro straniero di fatto è stato utilizzato dalle imprese come una scorciatoia sostitutiva delle vecchie svalutazioni, ora non più possibili con l’euro, che miravano a favorire una competitività di costo per produzioni a bassa produttività come il tessile, così ora il basso costo del lavoro degli immigrati, anche regolari, che accettano non solo lavori, ma anche stipendi non aumentati con il costo della vita, ha permesso la sopravvivenza di molte aziende, di livello tecnologico basso.

È tuttavia importantissimo anche guardare alle dinamiche dell’occupazione di più segmenti di età, all’interno della vasta fascia 25-64 anni, quella in cui si concentra oggi ancora più che in passato la grandissima maggioranza della popolazione lavoratrice, con un focus su differenze tra i sessi e tra italiani e stranieri. In particolare sono significativi i settori 25-29 anni e 55-59.

Vediamo in questo senso che tra il 2005 e il 2011 perlomeno tra gli italiani l’occupazione dei 25-29 enni è cresciuta poco fino alla crisi del 2008 per calare molto fino al 2011 totalizzando  un -5% dal 2005 e -6% dal 2008 (dal 64% al 59%). Per i 55-59enni è invece proseguito l’aumento del tasso di occupazione incurante della crisi totalizzando un aumento del 13% nel periodo (dal 42% al 55%). Di fatto il gap tra l’occupazione dei due gruppi è passato da un 12% in meno di occupazione per i più anziani nel 2005 a un 4% nel 2011.

Questa tendenza è presente tra i maschi dove c’è un calo del 6% tra i giovani (dal 72% al 66%) e un aumento del 13% tra gli anziani (dal 54% al 67%), fino a vedere nel 2011 una proporzione maggiore di 55-59enni al lavoro, che di 25-29enni.

Tra le donne si passa tra le giovani dal 55% al 51% (-4%) e per le più anziane dal 30% al 43% (+13%), con un gap che si riduce quindi dal 25% all’8%.

Come si vede in questo caso tra uomini e donne il trend è simile, poiché il miglioramento di occupazione femminile rispetto a quella maschile prima osservato si è verificato soprattutto negli anni precedenti il 2005.

Sono brevemente da citare le rilevanti differenze tra Nord e Sud: vediamo che al Sud la situazione è molto peggiorata negli ultimi 28 anni con un calo dell’occupazione anche negli anni in cui a livello nazionale cresceva e ancora di più negli ultimi 3 anni. Questo è dato da un calo più che proporzionale nella componente maschile, mentre al Nord il progresso dell’occupazione è stato imponente, in maniera impressionante nella componente femminile (più del 20% di aumento nella fascia 25-64 anni).

Insomma possiamo affermare che almeno tra gli italiani l’individuo tipo che più ha sofferto negli ultimi anni è stato un giovane maschio, diplomato, meridionale e a bassa specializzazione che si è trovato a essere disoccupato o inattivo e non ha mai trovato lavori stabili e ben retribuiti, al contrario di lavoratori più anziani, soprattutto donne, nel Centro-Nord che probabilmente per le maggiori tutele sindacali basate su contratti molto antichi sono rimasti al lavoro senza rischiare di perderlo.

Da far riflettere seriamente in vista di una riforma del lavoro, considerando che il giovane di cui prima non ha mai goduto dell’articolo 18 nessuno ha intenzione di assumerlo per fargliene godere ma che sic stantibus rebus si troverà sempre più nel vortice di inattività e contratti precari.

 

Gianni Balduzzi

Classe 1979, pavese, consulente e laureato in economia, cattolico-liberale, appassionato di politica ed elezioni, affascinato dalla geografia, dai viaggi per il mondo, da sempre alla ricerca di mappe elettorali e analisi statistiche, ha curato la grande mappa elettorale dell'italia di YouTrend, e scrive di elezioni, statistiche elettorali, economia.

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