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Quando la cravatta dice tutto

La cravatta dice molto di un uomo. È il biglietto da visita estetico: comunica l’idea che uno ha di sé,   in che ambienti è cresciuto e chi frequenta adesso. Nel Regno Unito ogni college ha i suoi colori, cosi quando due persone si incontrano sanno subito se hanno frequentato entrambi Oxbridge o se uno di loro è stato in qualche università meno prestigiosa. Così le gerarchie sociali vengono subito inconsciamente stabilite.

Silvio Berlusconi conosce il trucco e ama vincere facile. Prima ha chiamato il suo partito Forza Italia e poi ha preso il colore della nazionale di calcio, l’azzurro, e lo ha fatto diventare il suo colore. È il principale segno di riconoscimento dei suoi simboli elettorali e le sue cravatte sono esclusivamente blu-azzurre. Con questa strategia cromatica rappresenta l’Italia nell’inconscio degli elettori, e i suoi yesmen gli vanno dietro indossando cravatte dello stesso colore quasi fosse una divisa.

Silvio Berlusconi

David Cameron quando ha preso il posto di Gordon Brown al n° 10 di Downing Street ha rimarcato il passaggio con una cravatta viola, colore preferito dell’ex Primo Ministro. La cravatta ha segnato cromaticamente il cambio di status sociale quasi fosse un rituale di passaggio descritto da un antropologo.

Gordon Brown
David Cameron

Sulla stessa scia, Gianfranco Fini, quando ha iniziato a distaccarsi dal PDL, ha optato per le cravatte rosa, che ha ultimamente abbandonato. Quando ha iniziato ad avere fiducia in sé e ad emanciparsi da chi lo aveva creato politicamente ha deciso di sottolineare il passaggio cromaticamente. E ha coraggiosamente sfoggiato tutte le sfumature del rosa: dal salmone al rosa reparto maternità. Poi, quando si è capito che ormai non aveva più un futuro da leader e si è unito a Casini e Rutelli ed è tornato su colori meno ribelli e più istituzionali, come FLI vorrebbe essere.

Gianfranco Fini “istituzionale”
Gianfranco Fini “ribelle”

Il Terzo polo è un perfetto esempio di come le cravatte possano essere usate per attrarre un determinato pubblico. Fini, con le sue cravatte dal nodo sempre troppo grande, come Almirante d’altronde, mira a conquistare gli imprenditori e i parvenu di destra. Casini indossa sempre cravatte understated, mai una riga sopra, mai disordinato, mai coraggioso. Esattamente come ogni nonna vorrebbero il proprio nipote: politicamente e stilisticamente “neutro”. Rutelli invece ha il fascino del “professore di storia” e spesso opta per il colletto aperto, senza cravatta. Un pò trasandato ma mai troppo. In questo modo attira le simpatie della sinistra non radicale, esattamente come il leader del PD Bersani e come tanti altri, che usano spesso cravatte “rosso bolscevico”.

Terzo polo: tre leader, tre stili diversi

Sembra quasi che per la sinistra italiana avere vezzi estetici sia negativo, almeno su questo sono tutti d’accordo. Un tempo non era cosi: ai leader storici di Lotta Continua piaceva vestirsi bene. Appena avevano un po’ di soldi correvano a comprarsi le cravatte da Marinella. Cos’è cambiato? Innanzitutto, Marinella è diventato il negozio di fiducia di Berlusconi, e già questo basta. Ma fondamentalmente i quadri del movimento erano tutti ragazzi di buona famiglia che lottavano per la classe operaia e hanno dovuto abbandonare le cravatte di seta per adottare un look più simile ai militanti.

Pierluigi Bersani
Romano Prodi
Walter Veltroni

Ne sanno qualcosa Vendola e Clegg che adorano entrambi le cravatte chiassose ed eccentriche, esattamente come i loro elettori. Niki tanto amato dal Popolo Viola  opta spesso per cravatte viola (orrende per carità, lui è di sinistra e l’eleganza è malvista). Clegg indossa spesso cravatte giallo canarino, colore dei LibDem, il suo parito. Tutti si vestono esattamente come il loro elettore tipo, è un trucco vecchio come il mondo.

Nichi Vendola
Nick Clegg

 

Costanza Gallo

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