Il candidato di un singolo partito non può aggiudicarsi sempre le primarie altrimenti non si tratterebbe di una vera competizione. Ma i recenti casi di Milano, Genova e Palermo danno l’impressione che il PD non riesca proprio mai a vincere al proprio gioco. Per capirci un po’ meglio abbiamo analizzato i dati di ogni elezione primaria svoltasi in Italia dal 2008 ad oggi – nell’ambito del centrosinistra, ovviamente. Dati gentilmente concessi da Fulvio Venturino dell’Università di Cagliari per la Società Italiana di Scienza Politica. Oltre a qualche trend interessante, notiamo come un candidato PD abbia vinto il 79% per cento delle volte sui 393 casi esaminati, relativi alle primarie per la scelta dei candidati a sindaco.
Dunque il PD domina (come abbiamo visto proprio qui su YT in questo articolo). Perché tendiamo a pensare il contrario? Innanzitutto, col passare degli anni la performance è peggiorata. Nel 2009 un candidato PD vinceva ben l’89% delle 177 primarie svolte. Nel 2012 si è imposto solo nel 62% dei casi.
Probabile che siano solo i casi di alto profilo ad attirare l’attenzione mediatica. Proviamo allora a restringere il nostro campione ai capoluoghi di provincia. Zero sconfitte per il PD nel 2008 e nel 2009. Ma un 2010 particolarmente duro: solo tre vittorie su cinque capoluoghi per il partito di Bersani. Le tornate 2011 e 2012, nei quali più si è parlato della difficoltà del PD di fronte a un crescente clima di antipolitica hanno visto rispettivamente due sconfitte su dieci e quattro su undici soltanto. Si tratta di un trend simile al campione esteso. Tuttavia le città “perse” col tempo sono diventate più importanti: Lamezia e Aosta nel 2010; Milano e Cagliari nel 2011 (a Napoli primarie annullate dopo la vittoria di un esponente PD); Palermo e Genova nel 2012.
Possiamo solo speculare sulle ragioni dell’aumento delle disfatte del PD alle primarie. Oltre all’antipolitica una causa accreditata è la maggiore competitività. Vediamo come tra il 2009 e il 2012 la percentuale di primarie di coalizione piuttosto che di partito sia aumentata a ritmo costante dal 30% al 90%. Supponendo che una primaria di partito sia meno combattuta di una primaria di coalizione i dati dunque sembrerebbero suggerire un aumento nella competizione.
È più interessante chiederci quali siano gli effetti di questa crescente difficoltà del PD alle primarie. Una ricaduta ovvia ma difficilmente calcolabile è che si alterino gli equilibri politici all’interno dei partiti e tra i partiti. Ciò che però interessa ad un partito nel suo insieme è il successo elettorale. Come mostra il grafico sottostante, col tempo il maggiore uso delle primarie si è accmpagnato a maggiori chance di successo alle elezioni vere e proprie. Questo è vero sia per il PD che per gli altri partiti. Resta da capire quanto ciò sia dovuto alla crescita dei consensi del centrosinistra dal 2010 in poi e quanto ad un “effetto primarie”. Il fatto che anche quando a vincere le primarie è un candidato di un partito minore questi abbia comunque ottime probabilità di vincere le elezioni sembra essere un punto a favore della seconda ipotesi. Vincere una primaria fa guadagnare l’appoggio degli altri partiti e permette anche ai più piccoli di puntare al colpo grosso.
Un altro effetto della maggiore competizione è che dal 2009 in poi i sindaci uscenti sono stati sempre meno propensi a partecipare. Infatti nel 2009 il 18% si presenta alle primarie ma oltre i due terzi di questi viene poi sconfitto. Nel 2011 e 2012 solo il 14% e 7% rispettivamente si presenta con una probabilità di vittoria comunque piuttosto bassa.
Tiriamo le somme. Il PD continua a vincere la grande maggioranza delle primarie a cui partecipa. Si tratta però di un trend in declino. Non è detto che ciò sia un male: le primarie sono diventate più inclusive e dunque naturalmente più competitive e dure. Col passare del tempo, e con l’aumentare della competizione, le probabilità di vittoria finale però stanno aumentando. E c’è anche un benefico effetto ricambio: meno ricandidature degli uscenti. Certo, Milano e Palermo mostrano come il mettersi in gioco possa essere rischioso: ma, superato lo scoglio, il rischio per ora sembra ripagare.
Molto interessante, c’è anche da dire che probabilmente in molti casi con un sindaco uscente si tengono le primarie solo se ci sono dubbi sulla ricandidatura e questo spiega come relativamente spesso questi non venga riconfermato.
Probabilmente, ma è molto difficile verificare, in moltissimi altri casi nessuno sfida il sindaco uscente e quindi non ci sono proprio primarie.
Giusta osservazione. Non è detto che siano i sindaci uscenti ad essere diventati meno inclini a partecipare. Piuttosto i partiti forse sono meno propensi ad organizzare primarie dove ci sono sindaci uscenti.
Per capirci meglio sarebbe bello avere dati aggregati sulle ricandidature di sindaci uscenti per elezioni senza primarie