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Pena di morte: nel 2011 meno condanne ma più uccisioni

 

Lo scorso anno almeno 676 persone in 20 paesi differenti sono state uccise in seguito a condanne a morte. È questa la drammatica fotografia istantanea che emerge dal Rapporto 2012 di Amnesty International sulla pena capitale nel mondo. Considerando che sono stime minime, è chiaro che c’è ancora molto da fare affinché vengano rispettati i diritti umani in tutte le nazioni del globo.

Il rapporto di Amnesty si basa su dati pubblicamente disponibili e per tale motivo i numeri relativi a paesi come Cina e Iran, che guidano la classifica e non brillano per trasparenza, sono da considerarsi molto lontani dalle cifre reali delle condanne e delle esecuzioni. La tabella sottostante, che tralascia questi due paesi, analizza i trend più significativi riguardo alle esecuzioni portate a termine negli ultimi quattro anni.

Alcuni paesi tra cui l’Iraq, l’Arabia Saudita (in cui si giustiziano molti cittadini stranieri), la Corea del Nord e lo Yemen hanno avuto degli andamenti nettamente discontinui, ma ciò è dovuto più alla mancanza di dati ufficiali che a una reale diminuzione delle esecuzioni capitali. Nelle nazioni in cui la quantità di dati ufficiali è maggiore si assiste a curve molto più graduali e verosimili, come nel caso di Stati Uniti e Giappone, dove il trend di prigionieri giustiziati tende a diminuire anno dopo anno. Sebbene il numero di esecuzioni sia aumentato rispetto al 2010, il numero di stati in cui queste sono avvenute (anche in piazza) è diminuito.

Cala leggermente anche la quantità di condanne a morte emesse e il numero di paesi in cui ciò avviene: nel 2011 ne sono state emesse almeno 1.923 in 63 paesi, mentre nel 2010 furono almeno 2.024 in 67 stati. Accanto a questi dati va sottolineata la tendenza di molti paesi, soprattutto africani, verso l’abolizione della pena capitale. Al contrario, nei paesi mediorientali la tendenza a giustiziare con la massima pena è ancora molto diffusa e in aumento (+50%) rispetto agli anni scorsi.

Gli Stati Uniti sono tuttora l’unico paese delle Americhe e l’unico stato membro del G8 a eseguire condanne a morte nel 2011, 43 in totale (molte meno rispetto a un decennio fa). Tuttavia anche negli USA sono stati fatti passi avanti: l’Illinois, ad esempio, è diventato il sedicesimo stato abolizionista. Dall’altra parte dell’Atlantico, in Europa, non ci sono state esecuzioni, ad eccezione della Bielorussia dove sono stati messi a morte due prigionieri, peraltro senza che i familiari ne fossero avvisati.

Per concludere, analizziamo le ultime due tendenze che riguardano il totale delle esecuzioni e delle condanne emesse negli ultimi quattro anni: dal grafico sottostante si evince la forte diminuzione, soprattutto tra il 2008 e il 2009, di entrambe le modalità, con una piccola inversione di tendenza per quanto concerne il totale delle esecuzioni negli ultimi dodici mesi.

È pacifico sostenere che con una maggiore trasparenza da parte delle due nazioni col maggior numero di condanne a morte, Cina e Iran, si potrebbe prevedere una contro-inversione di tendenza che punti alla diminuzione drastica di una pratica molto spesso segnata da processi sommari e da esecuzioni ingiuste.

Giuseppe Ceglia

Classe 1987, nasce ad Avellino dove vive fino alla maggiore età. Nel 2005 si trasferisce a Siena dove studia e collabora con il Corriere di Siena. Dopo essersi laureato in comunicazione si trasferisce a Roma per specializzarsi in giornalismo. Dal 2006 è un wikipediano attivo (in particolare, tiene d'occhio tutte le voci riguardanti la sua terra d'origine). Ha collaborato con il Corriere di Siena, Termometro Politico, e YouTrend. Attualmente lavora come addetto stampa e assistente parlamentare.

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