Con la fiducia alla Camera e quella al Senato, rispettivamente la numero 15 e la numero 16 incassate dal Governo, il decreto sulle semplificazione fiscali diventa legge appena qualche giorno prima della sua scadenza, mercoledì 2 maggio.
Di novità ce ne sono parecchie. Anzitutto è stata cancellata la tassazione IRPEF sulle borse di studio di valore superiore agli 11.500 euro, che era stata introdotta al Senato con un emendamento di due senatori della SVP, Thaler e Pinger. Non appena si era sparsa la voce tra dottorandi, specializzandi e altri titolari di borse di studio, era iniziata l’organizzazione di manifestazioni e scioperi, e il Ministro dell’Istruzione Profumo si era affrettato a prendere posizione negativa nell’immediato per conto del Governo. Nonostante l’innegabile brutta figura, alla Camera si è posto rimedio, ma rimane aperto il tema della distinzione tra attività di studio e rapporti di lavoro nel campo della ricerca.
Sulle frequenze radiotelevisive, il Governo annulla il beauty contest, ovvero l’assegnazione gratuita, senza gara ma per “titoli”, delle frequenze stesse. La decisione risponde a motivazioni diverse: il primo obiettivo, e forse quello decisivo, attiene alla necessità di valorizzare, da parte dello Stato, una risorsa economica come quella delle frequenze 700 MHz del “dividendo digitale” che si sono liberate grazie al passaggio alla tv digitale terrestre ed ora possono essere assegnate. La seconda motivazione riguarda l’aumenti del pluralismo, della trasparenza e dell’apertura del mercato. Infine c’è un’esigenza di modernizzazione delle telecomunicazioni, in linea con l’Agenda digitale europea. Sulla base di un emendamento al decreto, la gara per le frequenze partirà entro 4 mesi e si prevedono nuove regole: la separazione tra i fornitori di rete e i fornitori i contenuti; e l’obbligo, da parte di chi acquisterà le frequenze, di consentirne l’uso a questi ultimi fino ad un ammontare complessivo del 60% circa. Quello che più preoccupa, però, è la esclusiva definizione delle grandi linee, la cui applicazione è rimessa a regole di gara che l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni dovrà stabilire in seguito.
C’è poi il capitolo Imposta municipale unica (IMU) che, tra un passaggio e l’altro nelle Aule parlamentari, di certo si può dire che da sola abbia smentito il titolo “semplificazioni” del provvedimento. Per quanto riguarda le ultime novità sul tema, alcune di queste in un certo senso mettono a rischio le agevolazioni stabilite per anziani e disabili residenti in istituti o case di riposo (oltre che per gli italiani all’estero), proprietari di immobili sfitti: saranno infatti i Comuni a scegliere se far pagare su di essi un’Imu sulla prima casa piu bassa, ma nel caso di anziani e disabili la differenza con l’aliquota sulla seconda casa (che il Governo avrebbe preferito applicare), dovrà essere colmata dagli stessi Sindaci. Tra le correzioni al decreto concernenti l’Imu c’è poi il ripristino della soglia di pignorabilità sugli stipendi tra i 2 e i 5 mila euro al mese (un settimo anziché un quinto) e lo stop al taglio indiscriminato delle dotazioni finanziarie dei ministeri. Ancora, c’è la tassa di sbarco sulle isole minori da 1,5€ e quella sulle pubblicità affisse su gru e macchine da cantiere.
Sul come, quando e chi dovrà pagare l’Imu ci sono state ancora delle modifiche. Anzitutto, l’imposizione si potrà pagare in 3 rate (oltre a giungo e dicembre, ce ne sarà una in più a settembre). Sulla prima casa, le prime due rate (giungo e settembre) si calcolano applicando l’aliquota base valida per tutto il territorio nazionale, ovvero il 4‰, e si versano usando il modello F24. La rata di dicembre, invece, si potrà pagare anche con il bollettino di conto corrente e saldare gli eventuali aumenti decisi entro il 30 settembre dai sindaci, che possono alzare l’aliquota fino al 6‰. L’Imu sulla seconda casa si versa invece con sue sole rate: il 50% a giungo con aliquota base, ovvero il 7,6‰, mentre il conguaglio a dicembre con l’aliquota che può salire fino al 10,6‰. Inoltre, sulle agevolazioni si prevede che ogni detrazione sia calcolata una sola volta per nucleo familiare, anche se i singoli componenti hanno stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica n immobili diversi dello stesso Comune. Ciò significa che i coniugi conviventi che posseggono 2 case e dichiarano residenze separate potranno applicare le detrazioni e l’aliquota agevolata alla sola abitazione in cui hanno dimora abituale. Si prevede poi che l’Imu sia versata dal coniuge separato che vive nella casa, anche se non proprietario: sarà quindi chi abita nella casa, perché gliela hanno assegnata, a dover pagare l’imposta, a prescindere dal fatto che ne sia l’unico proprietario o meno, in virtù di una sorta di “diritto di abitazione”.
Infine, per il calcolo dell’Imu, partendo dalla rendita catastale (facilmente recuperabile dall’atto di compravendita oppure dal sito dell’Agenzia del territorio), si rivaluta del 5% e poi si moltiplica per il coefficiente che il decreto “SalvaItalia” ha portato da 100 a 160. Al risultato cosi ottenuto, si applica l’aliquota base (4‰ sulle prime case e 7,6‰ sulle seconde) e le eventuali detrazioni. A questo punto, per capire quanto bisognerà pagare a giugno si divide per due (per le prime case, che come detto potranno pagare anche in tre rate, si potrà anche dividere per tre).
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