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Egitto, le sfide del neo presidente Morsi

Dopo una attesa di più di una settimana e moltissime tensioni nel frattempo, sono stati resi noti i risultati del ballottaggio nelle elezioni presidenziali egiziane, tra il leader dei Fratelli musulmani Mohamed Morsi e l’ex generale e ministro Ahmed Shafik.

L’affluenza è salita, dal 46,42% al 51,85%, 2 milioni e 750 mila votanti in più, cosa abbastanza sorprendente per un secondo turno in cui, secondo la vulgata di molti media soprattutto occidentali, correvano due candidati che non rappresentavano la maggioranza rivoluzionaria e riformista del Paese. Senza contare la delusione espressa dagli ambienti vicini ai “giovani di piazza Tahrir”, e da chi voleva un cambiamento più radicale, pur tra molte sfaccettature, ovvero quella laburista di Sabahi, quella più borghese e occidentale di Moussa e quella islamica moderata di Foutouh. In realtà è anche probabile che vi sia stato un voto utile contro il candidato che maggiormente risvegliava incubi. Il timore di un ritorno agli anni del regime burocratico-militare di Mubarak, con Shafik, e la paura dell’avvento del radicalismo islamico con la vittoria dei Fratelli Musulmani di Morsi.

Vi è stato chi, come il governatore del popoloso governatorato di Al Sharqia, Azzazy, del partito di Sabahi, ha chiesto di votare per Shafik, temendo più di ogni altra cosa il presunto radicalismo islamico dei Fratelli musulmani, e anzi si è addirittura dimesso dopo l’elezione di Morsi, nonostante Sabahi si fosse detto neutrale.

Ma più numerosi sono stati gli appelli per un voto “contro il ritorno al vecchio regime”, e quindi indirettamente a favore di Morsi, da parte di molti: sia dell’islamico moderato Foutouh che da parte dei rivoluzionari di piazza Tahrir, che radunatisi ancora dopo il colpo di mano degli ultimi giorni dei militari, hanno esultato alla notizia dei risultati definitivi.

Pare che il candidato sconfitto, Shafik, sia fuggito dal Paese verso gli Emirati Arabi, e questo certamente peggiora l’intricata situazione attuale, poichè certamente era il candidato favorito dal Supremo Comando delle Forze Armate che detiene il potere e che nei giorni precedenti il ballottaggio aveva sciolto il Parlamento eletto (a maggioranza islamista) e varato una Costituzione provvisoria che diminuisce i poteri che potrà avere Morsi, che dai militari è considerato un presidente ad interim in attesa che venga varata una nuova Costituzione. È evidente che i militari cercano di prolungare il proprio potere, magari puntando sul fatto che la popolazione si stanchi della confusione e dell’incertezza a livello politico, a confronto con la stabilità che pur regnava ai tempi di Mubarak, anche se c’è da dire che i militari stessi sono tra coloro che provocano un prolungamento dell’incertezza stessa.

Questa strategia ha funzionato con i tanti voti a favore di Shafik, per molti inaspettati, sia al primo che al secondo turno, ed è evidente che di fatto molti elettori del candidato di sinistra hanno preferito la laicità di Shafik, così come i liberali elettori di Moussa.

Nel fare dichiarazioni sulle sue linee-guida politiche, Morsi ha affermato che nei confronti di Israele cercherà una politica “più egualitaria”, con una revisione degli accordi di Camp David, e la discussione dei diritti dei palestinesi. Questa visione ha spaventato alcuni settori israeliani coe il quotidiano Yedioth Aoronoth che prefigura scenari apocalittici conseguenti la vittoria di Morsi e l’emergere di quelli che per alcuni sono degli islamici radicali.

Tutto fa pensare tuttavia che sarà il fronte interno a impegnare davvero il neopresidente, in un delicato gioco di equilibri, tanto che nel suo primo discorso Morsi ha reso onore ai 900 “martiri della Rivoluzione”, si è detto orgoglioso di essere stato il primo presidente eletto democraticamente, ha chiesto un ruolo “neutrale” dei militari ma non ha minimamente nominato gli ultimi provvedimenti di annullamento delle elezioni per il Parlamento presi dalla Giunta, nel tentativo di inaugurare buoni rapporti, ricambiato dall’affermazione dei militari che, nonostante una Costituzione debba essere ancora creata, Morsi avrà “pieni poteri”.

 

Gianni Balduzzi

Classe 1979, pavese, consulente e laureato in economia, cattolico-liberale, appassionato di politica ed elezioni, affascinato dalla geografia, dai viaggi per il mondo, da sempre alla ricerca di mappe elettorali e analisi statistiche, ha curato la grande mappa elettorale dell'italia di YouTrend, e scrive di elezioni, statistiche elettorali, economia.

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