Un concorso, una parola che nella scuola era diventata quasi un tabù – l’ultimo risale 1999 -, riapre la sfida della crescita. Sono 12.000 nuovi posti di lavoro che dovrebbero svecchiare il corpo docente più anziano dell’Europa: l’età media per entrare in ruolo in Italia sfiora oggi i cinquanta anni. Si tratta di 12.000 cattedre destinate, in gran parte, agli under 30, anche se ancora non è chiaro quale sarà il meccanismo per garantire il loro ingresso in aula, forse una quota riservata del 10 o del 15%. Una sfida concreta, per esami e titoli, il cui bando arriverà il 4 settembre e le prove il prossimo gennaio.
In totale sono 85 amministrativi e 11.807 docenti che entreranno in servizio nei prossimi due anni: 1.535 alle materne, 3.584 alle elementari, 3.801 alle medie e 2.887 alle superiori. La scuola riapre i ranghi, ma non ovunque e non per tutte le materie: ad eccezione di latino e greco, si tratta, infatti, quasi esclusivamente di discipline scientifiche. Il decreto del governo colma le carenze solo dove ci sono, al Nord e in Sardegna, mentre al sud arriverà poco: oltre 21 mila insegnanti saranno stabilizzati subito entro la fine di agosto, poi toccherà a 1.213 dirigenti. Una “rivoluzione soft e a costo zero”, come sottolinea il Ministro dell’istruzione; un “provvedimento importante, ma inadeguato” invece, secondo i sindacati, che parlano 240.000 professori a tempo, compresi i supplenti “parcheggiati” nelle graduatorie ad esaurimento, vincitori dei concorsi del 1990 del 1999, ex ragazzi dai capelli bianchi che avranno dimenticato quelle sezioni.
E intanto la scuola sta riaprendo i battenti, ma i problemi non mancano anche quest’anno. I dirigenti scolastici “itineranti” d’Italia continueranno, infatti, a fare la staffetta tra i diversi istituti: sono tanti, troppi, ma mai abbastanza da tappare i buchi nelle scuole lasciate orfane dal flop del “concorsone”. La prima campanella suonerà tra una settimana, ma tra ricorsi e annullamenti, in molte regioni, decine di istituti riapriranno senza la supervisione del preside.
In Lombardia, ben 575 scuole su 1227 rimarranno scoperte in attesa che il Tar, a novembre, si pronunci sull’ammissibilità o meno del concorso con cui sono stati assunti centinaia di dirigenti scolastici. La prova è stata contestata dai partecipanti per mancanza di trasparenza – o meglio per eccesso di trasparenza delle buste, troppo sottili per garantire l’anonimato dei candidati durante la correzione. E se anche il caos del test fosse risolto con l’immissione in ruolo dei vincitori contestati, ci sarebbe poi il caos delle cattedre: tutti i presidi, infatti, sono insegnanti già inseriti in orario nelle scuole che andrebbero rimpiazzati dopo appena una manciata di giorni dall’inizio delle lezioni.
Un pasticcio che non riguarda solo la Lombardia: si attende il giudizio del Tar anche in Basilicata, Umbria e Toscana. E non è finita qui perché in bilico è anche la prova nazionale per l’assunzione di 2000 presidi: sempre a novembre, il tribunale del Lazio dovrà, infatti, decidere se dare o meno ragione agli 8000 insegnanti ricorrenti contro la preselezione del “concorsone”. E al mega caos delle nostre scuole non poteva mancare l’uomo dei record, un preside di 52 anni che deve dirigere 18 istituti in giro per la provincia di Brescia.
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