Un sondaggio dell’Istituto Piepoli dà per la prima volta Matteo Renzi in vantaggio sul segretario democratico Bersani. I dirigenti Pd temono il ripresentarsi di fantasmi del passato
Non si sa ancora né come, né dove, né quando si svolgeranno, ma le primarie del Partito Democratico entrano nel vivo. Accantonato (definitivamente?) in un angolino marginale Nichi Vendola, l’uomo che fino a pochi mesi fa agitava i sonni dei dirigenti democratici ogni volta che si parlava di primarie, ecco che per il segretario Pd Pierluigi Bersani spunta fuori, come in un videogame, un nuovo livello di difficoltà animato da un nuovo nemico, se possibile ancora più temibile del primo: Matteo Renzi.
Chissà se lo scorso giugno, quando annunciò le primarie per la scelta del candidato premier all’assemblea nazionale del Pd, Bersani si immaginava un simile scenario. Comunque sia gli alti dirigenti, forti di una convergenza quasi unitaria intorno al segretario, sentivano la vittoria a portata di mano, tanto che nelle scorse settimane è addirittura trapelato un “papello” in cui gli esponenti di spicco del Pd si sarebbero spartiti le cariche di governo prima ancora di vincere le elezioni.
Con la fine dell’estate però sono arrivati i temporali estivi che, oltre all’afa e alla bella stagione, hanno spazzato via anche le certezze dei vertici del Partito Democratico. I sondaggi, che fino a qualche settimana fa spianavano il terreno alla dirigenza riportando un vantaggio rassicurante nei confronti del segretario, negli ultimi giorni hanno iniziano a farsi sempre più incerti ed ambigui. Il 5 settembre infine è uscito un sondaggio dell’Istituto Piepoli per Sky TG24 che vede per la prima volta il vantaggio del sindaco di Firenze. Alla domanda “Matteo Renzi sta sfidando nelle primarie del Partito Democratico il segretario del partito Pierluigi Bersani. Chi dei due preferisce come guida del Partito Democratico?” il 35% degli intervistati dichiara di preferire il “rottamatore”, e soltanto il 27% si schiera dalla parte del segretario in carica. Questo vantaggio, ottenuto con le risposte di un universo di elettori che si dichiarano di centro sinistra, si annulla se a rispondere sono solo elettori del Partito Democratico (ma le primarie dovrebbero essere di coalizione, quindi aperte ad elettori di altri partiti) facendo registrare un testa a testa con i due candidati appaiati al 32%.
Ovviamente questo risultato, come la maggior parte dei sondaggi, va preso con le proverbiali molle. Intanto perché è l’unico a riportare questo scenario: in un’altra ricerca relativamente recente, realizzata il 28 agosto da Ipr Marketing per il TG3, le risposte alla domanda “Se ci fossero domani le primarie per eleggere il leader del centrosinistra lei voterebbe per…” riportavano un vantaggio ancora considerevole per Bersani che si attestava intorno al 40%, seguito da Renzi al 28%, Vendola al 25% e Tabacci al 7%.
I due sondaggi ovviamente presentano metodi di ricerca differenti, quello dell’Istituto Piepoli prevede un campione più basso (500 intervistati contro 1009 di Ipr) e una domanda che tende a ridurre le possibilità di risposta. Inoltre trovare un campione veramente rappresentativo di un universo “di nicchia” come quello dei probabili elettori delle primarie può comportare diverse criticità.
Ma un sondaggio come quello dell’Istituto Piepoli può rappresentare uno spartiacque nella corsa alle primarie del centrosinistra, e può imporre ai candidati un cambiamento nelle strategie elettorali. Il “Savonarola 2.0”, dopo la mossa ad effetto di recarsi a Charlotte per la convention dei democratici USA, inizia a far paura alla nomenklatura del Partito Democratico, con l’eventualità di un suo successo nella competizione sempre più plausibile. Troppo spesso infatti i dirigenti democratici hanno considerato i sondaggi, più che uno strumento di indagine su cui basare la propria strategia, un referto medico inappuntabile o un’inappellabile sentenza di vita o di morte.
Se i risultati dei prossimi sondaggi aumenteranno il peso di Renzi, è possibile immaginare che l’entourage bersaniano riveda tutti i fantasmi delle campagne elettorali del passato. E l’affanno degli ultimi giorni dimostrato dai dirigenti Pd nel richiedere un regolamento stringente per queste primarie, dall’albo degli elettori al doppio turno, ne è la prova.
Forse, in un clima di tale incertezza, conviene evitare ipotesi e limitarsi a commentare i numeri dei sondaggi, ma analizzando le scorse campagne elettorali del centrosinistra questo scenario appare più che plausibile.
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