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Italia: moderatamente libera

Così è definita dal Wall Street Journal la situazione italiana sul fronte della libertà economica ed anche l’ultimo documento del Fraser Institute, think tank canadese in collaborazione con istituti di ricerca privati indipendenti di tutto il globo (per l’Italia vi coopera il Centro Einaudi), conferma la diagnosi. Nel 2010, anno oggetto dell’analisi, il paese perde ancora 2 posizioni rispetto la rilevazione dell’anno precedente e, dopo un decennio in flessione, arretra alla 83° posizione sul campione dei 144 Stati in esame.

 

Classifica libertà economica 2010 (clicca per ingrandire)

In uno scenario mondiale di lieve ripresa dell’indice medio di libertà economica, dopo la flessione coincidente con il crack finanziario del 2007, l’Italia non tiene il passo. Ma neppure gli altri grandi paesi europei e gli USA. Chi migliora nell’ultimo decennio, seppur da posizioni particolarmente represse, sono paesi dell’Africa, come Rwanda, Malawi e Ghana, e dell’Est Europa, tra cui Romania, Bulgaria e Albania. Affondano invece Venezuela, Argentina e Islanda a causa delle politiche stataliste e di chiusura economica sfociate in processi di nazionalizzazione (si pensi al recente caso argentino nel settore energetico).

L’indice si propone misurare, attraverso 42 variabili racchiuse in 5 macro-aree (presenza economica dello Stato, sistema legale e tutela dei diritti di proprietà, solidità della moneta, libertà al commercio internazionale, efficacia nella regolamentazione dei mercati), il grado di libertà economica di ogni paese. Per molti di questi, la serie storica è molto attendibile, avendo avuto inizio le rilevazioni già dal 1970. ‘The economic freedom’ è da intendersi come la possibilità di operare scelte di scambio volontario sul mercato, la possibilità di entrarvi e competervi liberamente, di ottenere protezione personale e tutela delle proprietà acquisite.

Scopo dell’analisi è infine indagare una certa correlazione, seppur come ammesso non esaustiva, tra il grado di sostegno delle istituzioni politiche alla libertà economica ed il grado di sviluppo umano, politico ed economico della nazione. L’analisi dell’indice medio per ciascuna nazione nell’ultimo ventennio evidenzia come paesi ‘market-oriented’ raggiungano livelli di sviluppo economico-politico superiori rispetto a paesi a forte pianificazione e regolamentazione statale. Nella fattispecie il primo quartile, composto dai paesi considerati più liberi (ad es. UK, US, Giappone e Germania), evidenziano livelli di PIL/pro capite, crescita economica, livelli di reddito del 10% della popolazione più povera, aspettative di vita, gradi di libertà civile e politica nettamente superiori al resto del campione.

Fonte: Economic Freedom of the World - 2012 Annual report
Fonte: Economic Freedom of the World - 2012 Annual report

Tornando all’Italia: il nostro Paese si colloca nel terzo quartile, tra i paesi moderatamente liberi per l’appunto. La peggiore performance si registra nella misurazione della presenza dello Stato in economia, tallone d’Achille nell’ultimo ventennio (119° posto). La misura certifica ancora una forte presenza dello Stato come consumatore di beni e servizi, alti livelli di trasferimenti e sussidi, con investimenti diretti e indiretti nell’economia ed un sistema fiscale tra i peggiori. Se, nonostante tutto, nessun paese europeo eccelle sotto questo profilo (Germania 92° posto, Francia 108°), sono però storicamente negativi anche il livello di regolamentazione contrattuale-societaria e dei mercati del lavoro e del credito e la misura della qualità del sistema giuridico-legale. Nota positiva, comune a tutti i paesi dell’area euro nel 2010, è la solidità della moneta e della politica monetaria. La crescita della moneta, la conseguente inflazione e la sua variabilità contenuta determinano la stabilità della valuta a supporto degli scambi commerciali o valutari.

Sarà interessante monitorare l’andamento dell’indice di libertà economica dei prossimi anni per il nostro paese, in conseguenza del ridimensionamento della spesa pubblica, i processi (per ora appena accennati) di liberalizzazioni e privatizzazioni nell’economia nazionale, le riforme pensionistiche e del mercato del lavoro. Inoltre nel 2010 la crisi della moneta comune era di là da venire, e saranno da tenere sott’occhio anche le valutazioni in quel campo.

Matteo Bidese

Apprendista banchiere, bocconiano, liberal, ciclista ed aspirante velista.

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