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Regioni rosso-Renzi?

Concluso lo scrutinio delle primarie del centrosinistra, emerge chiaramente che la “sorpresa”, continuamente evocata da Matteo Renzi negli ultimi giorni di campagna elettorale, non c’è stata. Nonostante il Sindaco di Firenze, a spoglio inoltrato e con le proiezioni che davano ormai certo il distacco di circa 9 punti percentuali tra i due candidati, galvanizzasse i suoi affermando di aver raggiunto quota 40%, il giovane rottamatore si è fermato al 35,5% degli elettori di centrosinistra che, come hanno fatto notare alcuni opinionisti, corrispondono alla quota ottenuta da Franceschini nel 2009. Un risultato che conferma le previsioni rilevate nei giorni antecedenti al voto dai vari sondaggi diffusi (riportati anche da YouTrend) e che rappresenta un magro trampolino di lancio per la difficile (seppure non impossibile) rincorsa del ballottaggio.

Ma se in ambito nazionale la deflagrazione non si è sentita in maniera netta, in alcune zone del paese il fenomeno Renzi ha significato un vero e proprio terremoto per il Pd. Il giovane Sindaco infatti ha colpito con più foga proprio nei punti in cui meno lo si aspettava, ovvero nel cuore rosso dell’Italia. Le regioni centrali di Marche, Emilia Romagna ma soprattutto Toscana ed Umbria, quelle zone che negli anni più bui per il centrosinistra, quando la macchina da guerra berlusconiana entrava trionfante in quasi tutti i capoluoghi italiani, continuavano imperterrite a votare a sinistra, rappresentando l’unico bacino di voti da cui era possibile attingere sempre e comunque. Le cosiddette “Regioni Rosse”, quelle in cui dal primo dopoguerra il Partito Comunista dimostrò di saper imporre la propria egemonia culturale, facendo breccia con le sue promesse di “terra ai contadini” in territori prevalentemente popolati da contadini e mezzadri. Tanto che, proprio a 48 ore dal voto, Matteo Renzi decise di fare un’inaspettata vista alla bersaniana Perugia, tanto per “limitare i danni di una sconfitta certa”, come in molti sostenevano.

Anche diversi sondaggi che disaggregavano il risultato su base territoriale non davano grosse chance al Sindaco fiorentino. Il distacco rilevato dal sondaggio Cise/Luiss doveva essere di addirittura 10 punti (al netto degli incerti).

Fonte: Indagine Cise/Luiss

Analizzando il voto su base regionale, il successo di Renzi in queste zone appare evidente: esclusa l’Emilia Romagna (in cui tuttavia Renzi riesce a conquistare il 39% dei voti impedendo a Bersani di raggiungere la fatidica quota del 50%), il Sindaco fiorentino si aggiudica le Marche con il 42% delle preferenze contro il 41% di Bersani, l’Umbria con il 45% staccando di 3 punti il segretario e la Toscana con addirittura il 52%.

Fonte: Indagine Cise/Luiss

Se la vittoria nella provincia di Firenze era prevedibile, visto che rappresenta la sua terra natìa, Renzi ha dimostrato di saper riscuotere consensi anche al di fuori della sua zona di influenza, concedendo al segretario una vittoria netta nella sola provincia di Livorno (46,9% a 39,7%) e una di misura nella provincia di Massa-Carrara (41,9% contro 41,3%), riportando invece maggioranze bulgare nella provincia di Arezzo con il 62,7%, nella provincia di Lucca (59%) e superando il 50% a Pistoia, Firenze e Siena. Proprio in Toscana inoltre si è verificato il maggiore incremento di votanti alle primarie, con 147.456 votanti in più rispetto al Congresso del 2009 (un aumento di circa il 50%).

Anche in Umbria la vittoria è stata abbastanza netta. Renzi ha espugnato Perugia con il 47% dei consensi contro il 40,5% di Bersani, nonostante la maggior parte dell’establishment umbro fosse da sempre da annoverarsi tra le file bersaniane.

Nessuna eccezione per le Marche, dove la vittoria di misura registrata da Renzi è frutto degli ottimi risultati riscontrati nelle province di Fermo (45% Renzi contro 37% Bersani), Macerata (43% a 38%) e Pesaro-Urbino (45% a 41%).

Fonte: Indagine Cise/Luiss

I motivi di questo successo nel cuore rosso d’Italia possono essere molteplici, dalla scontata voglia di rinnovamento alla mancata fusione delle due anime del Pd, quella post-comunista e quella democristiana, canovaccio consueto degli scontri consumati in ogni competizione elettorale. E di certo dopo il secondo turno si apriranno riflessioni e processi. Appare evidente però che la sfiducia generale nella classe politica locale, che nelle regioni centrali – a differenza che nel resto d’Italia – è da sempre composta da esponenti progressisti, non ha risparmiato le regioni rosse, con Renzi che ha palesemente rappresentato una valida opportunità di cambiamento.

Altri fattori interessanti emergono dal profilo degli elettori che i due candidati hanno dimostrato di saper conquistare. Se era scontato che imprenditori, liberi professionisti e lavoratori autonomi preferissero Renzi per i suoi programmi a vantaggio della piccola e media impresa, desta particolare curiosità il dato inerente gli impiegati pubblici. Il sondaggio condotto dal Cise infatti evidenzia che il 37% degli “statali” preferisce il sindaco di Firenze, contro il 25% che dichiara un orientamento più favorebole a Bersani. Un elemento non di poco conto se si considera il peso preponderante che riveste il settore pubblico nelle regioni del Centro Italia.

Fonte: Indagine Cise/Luiss

Roberto Mincigrucci

Nasce il 22/09/1988 ad Assisi, vive a Torgiano (PG). Consegue nel 2010 la laurea triennale in Scienze Politiche all'Università degli Studi di Perugia. Attualmente frequenta un corso di laurea magistrale in Scienze della Politica e del Governo all'Università degli Studi di Perugia. Collabora con il Corriere dell'Umbria e con Youtrend.

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