A poca distanza dalla presentazione delle liste delineare una sorta di mappa dei sommovimenti tra un’area e l’altra, soprattutto in concomitanza con la nascita di nuove realtà, è molto azzardato. Ma nelle scorse settimane, anche come risultato di turbolenze in atto da tempo (ben rilevate anche dai sondaggi) ci sono stati dei chiari passaggi dal PDL all’area montiana. Tra passaggi scontati e sorprese possiamo schematizzare quanto è successo con questa grafica:
Vi sono coloro che nel novembre 2011, in occasione del voto sul rendiconto dello Stato, hanno deciso di ritirare l’appoggio a Berlusconi per favorire l’arrivo di un governo tecnico, cosa poi avvenuta: sono quegli onorevoli che già allora dichiararono di sentirsi vicini a Montezemolo e poi si iscrissero alla componente PLI del gruppo misto, dando così al piccolo partito una voce in Parlamento: Giustina Destro, ex sindaco di Padova per il centrodestra, Antonione, triestino, e Gava, veneto, provengono tutti dal Nord-Est, con un passato liberale. Al Senato sono affiancati dal senatore Musso, già imprenditore e consigliere comunale a Genova per il PLI, più tardi anche candidato sindaco. Rappresentano l’apporto a Monti di quei liberali che avevano appoggiato Berlusconi, poi delusi.
La componente di Italia Libera è più recente in termini di uscita dal PDL: vi sono anche personaggi in passato dipinti come fedelissimi di Berlusconi, come il suo avvocato Gaetano Pecorella, strenuo difensore del Cavaliere in tutte le vicende giudiziarie prima dell’affaire Ruby, o la Bertolini, o ancora l’ex radicale e scoppiettante Stracquadanio, assieme ai più moderati e meno conosciuti Tortoli, grossetano, e Stradella, alessandrino. Il distacco formale dal PDL è arrivato all’indomani dell’annullamento delle primarie PDL, alla fine del novembre scorso. Questo è il gruppo che più in generale può essere maggiormente difficile da digerire per Monti, viste le personalità e il passato fortemente filo-berlusconiano dei suoi protagonisti.
Il gruppo di Italia Popolare comprende invece coloro che si sono staccati dal PDL già mesi fa senza passare per gruppi o movimenti intermedi ma aderendo direttamente alla piattaforma montiana e sono fra coloro che hanno organizzato la convention del 16 dicembre; rappresentano la parte più moderata del PDL, che comprende personaggi abbastanza eterogenei, ma accomunati dall’adesione a un cristianesimo democratico di tipo europeo, che vuole rifuggire dal nuovo populismo euroscettico di cui accusano Berlusconi. Ci sono i cattolici come Pisanu, dal lunghissimo corso democristiano, in rotta da tempo con il partito, e soprattutto altri come Cazzola, che si inserisce nella corrente riformista con radici addirittura nella sinistra che assieme ad altri ex socialisti (Sacconi, Brunetta) affiancò il centrodestra sulle visioni di Marco Biagi sul lavoro.
Alfredo Mantovano (ex sottosegretario) è l’unico con un passato in AN a passare con Monti, pur se proveniente dalla magistratura e non militante missino. Nonostante abbia annunciato che non sarà candidato, con il suo passaggio verso Monti pare abbia creato un grosso smottamento nel PDL pugliese, creando un certo scompiglio.
Infine Mario Mauro, Gabriele Albertini, Franco Frattini, sono assimilabili in quanto tutti e tre hanno molto a che fare con l’Europa: il ciellino Mauro era capo-delegazione PDL a Strasburgo, a un passo della nomina a presidente del Parlamento europeo nel 2009, una carriera politica tutta europea, lontana quindi dalla quotidianità delle faide politiche italiane; Frattini è stato Commissario UE alla Giustizia nel periodo 2004-2008, ha ha origini più tecnocratiche (ha esordito sulla scena politica come ministro tecnico di Dini nel 1995) ma proprio per questo, e per il suo passato alla Farnesina, si trova più a suo agio nella tendenza mainstream europeista del PPE piuttosto che tra le posizioni anti-Merkel del Cavaliere; Albertini infine, ex sindaco di Milano, è europeputato dal 2004, recordman di preferenze come Mauro (più di 100 mila), meno “democristiano” degli altri, più vicino alla tradizione liberale, grande amico di Indro Montanelli anche quando era sindaco per il centrodestra. Sarà candidato della coalizione montiana per la carica di Presidente della Regione Lombardia, e forse anche capolista al Senato nella stessa regione.
La situazione è certamente in via di evoluzione: a leggere i retroscena ci sarebbe stata una vasta area di pidiellini pronti ad appoggiare Monti come leader del centrodestra, come da proposta di Berlusconi al vertice PPE, ma dopo il ritorno in campo dello stesso Cavaliere e la netta rottura tra i due molti non hanno avuto il necessario coraggio – forse anche perché convinti che difficilmente Monti li avrebbe accolti, nella sua premura di non dare alcuna impressione di essere il porto sicuro di politici in declino in cerca di riciclo.
Tra questi possiamo annoverare soggetti come Maurizio Lupi e Roberto Formigoni, ciellini come Mauro, o il sindaco di Roma Gianni Alemanno, e in generale gli altri aderenti a Italia Popolare come Gaetano Quagliariello che ora, secondo le ricostruzioni di alcuni retroscentisti, sperano nel “perdono” di Berlusconi per avere “tramato” contro al sua leadership.
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