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Israele cerca un futuro dopo le elezioni

GERUSALEMME – A pochi giorni dalle elezioni in Israele, Meir, 45enne di Ra’anana, è ancora indeciso. Nel suo negozio di elettronica racconta che nelle scorse elezioni ha votato Likud ma ora non ha più fiducia in Netanyahu, il primo ministro. Più che il conflitto con i palestinesi ciò che lo preoccupa è la situazione economica. Questa volta, dice, gli toccherà decidersi all’ultimo, e scegliere tra Yesh Atid (“c’è un futuro”), il nuovo partito centrista del giornalista Yair Lapid, la nuova formazione di destra tradizionalista e militante Ha Bait Hayehudi (la casa ebraica), o perfino i laburisti.

Martedì Israele è andata al voto. Sulle schede c’erano una trentina di simboli. I due partiti storici sono il Likud, che si presenta insieme al partito nazionalista dell’ex ministro degli esteri Lieberman, e Avodà, il partito laburista. È stato Netanyahu a volere elezioni anticipate dopo che il partito di centro Kadima è uscito dal governo. I laburisti, dopo la disfatta storica del 2009 in cui ottennero appena un terzo dei seggi del Likud (13), oggi cercano di reiventarsi come partito di centro.

Risultati delle elezioni (fonte: Wikipedia)

Ma la notizia di queste elezioni non sono i partiti storici. Negli ultimi mesi c’è stata una vera e propria “corsa al centro” e sono nati nuovi partiti che si presentano come “oltre la destra e la sinistra” e vogliono ricomporre un paese etnicamente e religiosamente frammentato. Il partito Yesh Atid, fondato circa un anno fa dal noto giornalista Yair Lapid, ha fatto campagna per una più equa redistribuzione fiscale che imponga agli ortodossi di lavorare e prestare servizio militare.

La seconda novità è il partito Casa Ebraica guidato da un imprenditore milionario americano, Naftali Bennet, che ha riunito piccoli partiti religiosi e nazionalisti attaccando da destra il primo ministro.

A Meashearim, il popolosissimo quartiere ortodosso di Gerusalemme, sul voto ci sono pochi dubbi. I partiti ortodossi Shas e Yahadut Hatora portano le famiglie a votare con i bus. Qualche settimana fa un cartellone di Shas avvertiva gli elettori che “Euclide” non è il nome di una malattia, ma di un matematico greco che “lo stato vuole propinare ai bambini invece di studiare la Torah”. Gli arabi israeliani, al contrario, tendono a non votare, sebbene rappresentino il 20% della popolazione dello stato ebraico. Le strade di Jaffa, sobborgo arabo di Tel Aviv, sono tappezzate di inviti a votare per i partiti arabi, ma anche in questa tornata metà di loro non si è recata alle urne.

Solo sui canali satellitari, quelli in inglese, si parla delle ultime vittime del conflitto (quattro morti in Palestina solo nell’ultima settimana): per gli israeliani questa campagna elettorale è stata tutta sul crescente costo della vita e sulla crisi economica del ceto medio. Dalle urne Netanyahu è uscito più debole ma ancora vincitore. Il Likud-Israel Beitenu, partito di maggioranza relativa con 31 seggi (23% dei voti), ha perso undici seggi rispetto al 2009. Nel blocco della destra, la “Casa Ebraica” ha ottenuto 12 seggi, mentre gli altri partiti religiosi hanno raggiunto 11 seggi (Shas) e 7 seggi (Yahadut Hatora). Nel blocco di centrosinistra, la disfatta di Kadima (ridottosi a due seggi da che era il secondo partito) ha permesso la nascita del nuovo partito di centro, Yesh Atid, con 19 seggi (14%). I laburisti sono rimasti il terzo partito, con 15 seggi. Il partito di Tzipi Livni e il partito di sinistra Meretz hanno ottenuto 6 seggi ognuno. Undici seggi in tutto per i tre partiti arabi.

In questo scenario, Netanyahu sulla carta può contare su una coalizione di destra forte di 61 seggi su 120, ma ha già proposto di formare una coalizione con il giornalista Yair Lapid, escludendo probabilmente i partiti ortodossi. Coalizioni miste e incroci di partiti sono una costante del frammentato panorama politico israeliano.

Nei bar di Tel Aviv, città giovane e sempre in movimento, i commenti sono positivi. Qui sembra che tutti abbiano votato Meretz, il partito della sinistra, o Yair Lapid. Secondo loro i conservatori sono maggioranza ma la marcia degli estremisti sembra essersi arrestata e Netanyahu dovrà venire a patti con il centro su riforme economiche e sulle relazioni con gli arabi. Quale che sarà la nuova coalizione di governo, ad aver colpito in questa elezione è stato Yair Lapid, che ha saputo convincere molti delusi che per Israele c’e un futuro moderno, oltre i conflitti religiosi e la crisi economica.

 

 

Umberto Marengo

Nato a Torino, Umberto ha studiato a Bologna, lavorato a Washington DC per la Commissione Europea ed ora è PhD student in Relazioni Internazionali all'Università di Cambridge in Inghilterra. Gli piace spropositatamente sciare, andare a vela, cambiare i propri piani all'ultimo momento e sentirsi a casa un po' dappertutto.

3 commenti

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  • Caro Gigi,
    È un post, ovviamente non un trattato. Se ti interessa qualcosa di più presto uscirà probabilmente una puntata di voyager sulla Rai.

  • Si apprezza l’intenzione, visto che di queste elezioni nessuno parla. Però si poteva fare qualcosa di più interessante. Non vedo la differenza tra questo post ed una voce di Wikipedia. Dove sta il valore aggiunto di una persona che conosce bene la politica internazionale ?