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La Giordania vota, con il boicottaggio dei Fratelli musulmani

Timidamente, con pochissima copertura da parte dei mass media internazionali, negli ultimi 2 anni anche sulla Giordania sono soffiati i refoli della primavera araba, non ignorati dal Re Abdullah, il quale tuttavia ha chiaramente puntato a risparmiare al suo Paese il destino dei vicini Egitto e Siria, con il loro tributo di sangue. Seguendo un copione molto simile a quello marocchino  e avvantaggiandosi di un prestigio e di una popolarità certo molto superiori a quelle godute dai rais repubblicani di Tunisia, Libia, Egitto, Siria, la monarchia giordana ha disinnescato destini simili a quelli di quei Paesi avviando una serie di riforme, seppur limitate, in direzione di una maggiore democratizzazione della vita politica del Paese, per esempio tramite successive sostituzioni del primo ministro, e l’autorizzazione di manifestazioni dal marzo 2011, uniche manifestazioni nel mondo arabo permesse dal governo e non represse.

Già dal 2011 poi re Abdullah aveva promesso la creazione di una Corte Costituzionale, istituzione ovvia per una democrazia occidentale, sia essa repubblicana o monarchica, ma non così laddove finora la fonte della legge era la volontà regale. Inoltre una serie di misure per dare più potere al Parlamento e meno al re stesso, tra cui quella della determinazione del primo ministro. Più facile è stato l’abbassamento dell’età per candidarsi al Parlamento da 35 a 25 anni, per venire incontro al 70% della popolazione rappresentato da giovani.

Gli islamisti locali hanno sempre avversato queste riforme affermando che fossero troppo timide e contestando per esempio l’ultima sostituzione di primo ministro (da Khasawneh a Tarawneh), vista come un passaggio di consegne tra vecchi burocrati legati alla stessa casta che da sempre domina il Paese, una mossa gattopardesca per non cambiare veramente le politiche. Tuttavia gli ostacoli al cambiamento non vengono solo dal timore del sovrano e del suo entourage nell’accelerare le riforme ma anche dagli interessi della classe sociale ora privilegiata, quella dei beduini, che ha in mano le maggiori attività professionali e le leve dell’economia, classe che infatti ha criticato e spinto per un ritiro per le misure di liberalizzazione dell’economia del nuovo governo che l’avrebbero danneggiata favorendo la maggioranza di origine palestinese.

Ed è stato in seguito a una delle maggiori manifestazioni indette dai Fratelli Musulmani all’inizio di ottobre 2012 che il re ha sciolto il Parlamento e decretato le elezioni anticipate.

Queste elezioni, nell’intenzione della monarchia, dovevano essere una consacrazione dell’appoggio popolare alla strategia timidamente riformista e alla capacità del sistema di rivitalizzarsi da sè, senza soluzioni rivoluzionarie. Infatti è stata aumentata la quota di seggi riservati ai partiti, da 17 a 27 su 140. Ed è stata cambiata la legge elettorale prevedendo due voti, quello uninominale e quello di lista. I Fratelli musulmani invece volevano che la metà dei seggi fosse appannaggio delle liste di partito, essendo loro sicuramente il partito meglio organizzato. Il risultato del loro boicottaggio è stato provocato non solo dall’insoddisfazione per queste modifiche ma per la permanenza di una rappresentanza degli elettori non certo in linea con gli standard occidentali democratici: per esempio il governatorato di Kerak, con 200 mila abitanti, elegge 10 deputati mentre quello di Zarqa con un milione di abitanti ne elegge solo 11. Questo è dovuto dal palese favoritismo verso l’elettorato beduino, da sempre spina dorsale della monarchia giordana a discapito della popolazione urbana, in cui è maggioritaria la componente degli immigrati palestinesi e dei loro discendenti.

Non vi sono report particolareggiati sui risultati, si sa che sono stati eletti al 90% notabili leali alla monarchia, soprattutto nei collegi uninominali, come ex primi ministri, 8 ministri uscenti e un ex presidente del Parlamento; i seggi riservati alle liste di partito invece sono stati divisi tra tanti piccoli partiti con scarsa penetrazione di massa ma costruiti intorno ad analoghe figure forti locali. Sono stati infatti resi pubblici i risultati di queste elezioni di lista, che determinavano 27 deputati, e la lista che ha eletto più deputati ne ha eletto 3, ovvero Al Wasat al Islami, Centro Islamico, seguito da Al Itihad al Watani (Unione Nazionale), Urdun Aqwa (Giordania più forte) e Watan (Nazione) con 2 ciascuno – quest’ultimo è il partito del primo ministro Tarawaneh.

A seguire vi sono 18 partiti con 1 eletto ciascuno senza una reale distinzione ideologica, soprattutto se intesa in senso “europeo”, si tratta piuttosto di comitati a sostegno di notabili. Da segnalare vi è anche la presenza di seggi riservati alle donne (12) a cui si è aggiunto un seggio conquistato da una deputata al di fuori delle quote garantite.

Quello che era maggiormente importante era l’affluenza, che è stata del 56,5% sui circa 2,2 milioni di elettori registrati, i quali costituiscono circa il 70% degli adulti totali: nel complesso quindi sarebbe un’affluenza circa del 40%. I Fratelli musulmani contestano questi dati parlando di un dato reale del 25%. E in ogni caso anche le rilevazioni ufficiali distinguono tra una affluenza del 40% (sui registrati) nelle aree urbane e il 70% nelle aree rurali che, come detto, solitamente sono aree molto più fedeli alla monarchia.

Proprio questo dato dell’affluenza è quello che internazionalmente ci si attendeva per sapere se la Giordania rischia una situazione di scollamento tra autorità e cittadini come altri Paesi dell’area: ma il timido ottimismo che circola sulla Giordania è tutto da verificare alla prova dei fatti, ovvero si dovrà vedere se saranno implementate ulteriori e vere riforme (la legge elettorale, l’istituzione di una Corte Costituzionale, il trasferimento di maggiori poteri al Parlamento), misure promesse da un re che vuole apparire moderno e democratico ma forse ha paura di cadere vittima delle proprie stesse aperture.

Gianni Balduzzi

Classe 1979, pavese, consulente e laureato in economia, cattolico-liberale, appassionato di politica ed elezioni, affascinato dalla geografia, dai viaggi per il mondo, da sempre alla ricerca di mappe elettorali e analisi statistiche, ha curato la grande mappa elettorale dell'italia di YouTrend, e scrive di elezioni, statistiche elettorali, economia.

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