Gli ultimi giorni prima del 9 febbraio (data del blackout “demoscopico” previsto dalla legge) sono stati contraddistinti da una raffica di sondaggi, gli ultimi pubblicabili prima delle imminenti elezioni. Alle indagini telefoniche e online, si sono aggiunte quelle sui social network, in quanto possibili fonti di dati sulle opinioni politiche dei cittadini.
I ricercatori di Voices from the blogs (VfB) hanno condotto uno studio per il il sito del Corriere durante tutta la settimana scorsa, monitorando quotidianamente i tweet che parlavano di politica. Analizzando le opinioni pubblicate dagli utenti e utilizzando la metodologia di Hopkins e King (di cui avevamo parlato in un precedente articolo) gli autori sono arrivati a stimare le intenzioni di voto per le coalizioni e le principali liste che si presenteranno alle elezioni politiche. Vediamo le analogie e le differenze tra i dati emersi da questo studio e quelli provenienti dagli ultimi sondaggi effettuati con metodi “classici”.
I risultati pubblicati da VfB venerdì 8 Febbraio (nel grafico), pur rispecchiando le gerarchie tra coalizioni indicate dagli ultimi sondaggi, si discostano da questi se si guarda alle percentuali assegnate alle maggiori coalizioni e soprattutto ai singoli partiti. Centrosinistra e centrodestra mostrano valori più bassi rispetto a quelli dei sondaggi tradizionali, influenzati dai dati dei due maggiori partiti: il PD (intorno al 30% secondo i sondaggi) ha solo il 24%, mentre il PDL, che viene dato in ripresa attorno al 20% da tutti gli istituti di ricerca, viaggia sotto il 17%. I partiti che si collocano più a sinistra sembrano invece più forti tra gli utenti di Twitter: SEL e Rivoluzione Civile raccolgono circa il 6% dei consensi ciascuno, mentre nei sondaggi non vanno oltre il 4%. Anche l’UDC registra un maggior numero di opinioni favorevoli sul social network, attestandosi al 5%, a fronte di un 3% medio delle ultime rilevazioni. Per contro, la coalizione Monti nel suo complesso e il Movimento 5 stelle sono in linea con i recenti sondaggi.
Bisogna tuttavia notare che le percentuali di VfB, a differenza di quelle dei sondaggi, includono anche gli indecisi. Perciò, per avere un dato più comparabile, abbiamo ricalcolato le percentuali al netto della voce che incluse “altri & incerti”. In questo caso (come vediamo nella tabella), i dati delle due maggiori coalizioni e del PDL si allineano con quelle degli istituti di ricerca: centrosinistra intorno al 34%, centrodestra al 28%, PDL vicino al 19%.
Tuttavia rimangono differenze quando si osservano i singoli partiti: il PD non raggiunge il 30%, SEL arriva quasi al 7%, Rivoluzione Civile sale oltre il 6% (ben oltre la soglia di sbarramento) e sale anche l’UDC, allontanandosi ulteriormente dalle stime dei sondaggisti.
Nella determinazione questi dati, la non rappresentatività degli utenti di Twitter rispetto alla composizione dell’elettorato italiano ha certamente il suo peso. Ciò può portare alla sovrastima di alcune liste che sono sovrarappresentate in rete (come aveva mostrato una precedente indagine in occasione delle elezioni del parlamento francese, in cui le liste di estrema sinistra godevano di un consenso maggiore rispetto a quello reale); nonostante ciò, malgrado alcuni limiti quando si stratta di stimare intenzioni di voto per una moltitudine di partiti, la metodologia conferma di essere più attendibile se le variabili in gioco sono di meno, ad esempio un numero limitato di candidati o di coalizioni. Lo evidenziavano questi stessi studi condotti sulle primarie del centrosinistra e sulle presidenziali americane e francesi e sembrano confermarlo i dati sulle coalizioni al netto degli indecisi, molto vicini a quelli dei sondaggi.
Sarebbe stato interessante osservare l’andamento di questa indagine fino ai giorni precedenti alle elezioni, ma l’AGCOM ha deciso di bloccare nelle ultime due settimane anche la diffusione di questo tipo di analisi politico-elettorali sul sentiment della rete. Quindi non ci resta che aspettare i risultati delle elezioni per avere un reale riscontro.
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