Può veramente il centrosinistra conquistare alcune regioni in bilico, soprattutto la Lombardia? A quali condizioni? In presenza di quali distacchi nazionali? Vediamo come il concetto di trend sia importante anche in Italia, come i mutamenti della geografia elettorale di uno o più schieramenti influenzano, anche a parità di risultato percentuale, la distribuzione dei seggi e il raggiungimento della maggioranza.
La controversa (per usare un eufemismo) legge elettorale italiana prevede meccanismi differenziati per l’elezione della Camera e del Senato, nonostante la Costituzione preveda il bicameralismo perfetto. Questo ha provocato nelle ultime settimane infinite speculazioni e previsioni sul risultato del Senato, che delle due Camere è quella eletta con il sistema dall’esito più incerto. Infatti, a differenza della Camera dove il premio di maggioranza è nazionale, per il Senato è regionale, e la vittoria di coalizioni diverse in differenti regioni non dà automaticamente la maggioranza assoluta a chi dovesse ottenere più voti a livello nazionale.
E così, sul modello delle elezioni presidenziali USA, si è aperto il dibattito sulle regioni che potrebbero dare la maggioranza al centrosinistra oppure impedirla, ovvero soprattutto Sicilia, Veneto e Lombardia. Regioni in cui il rilevante vantaggio del centrodestra nel 2008 lascerebbe il dominio a Berlusconi nonostante il grosso calo di consensi. Ma a quali condizioni?
Qui entra in gioco il concetto di trend, noto negli USA più che da noi, ovvero il confronto della variazione di un dato partito/coalizione in una data area rispetto alla variazione media nazionale. Per intenderci, se un partito diminuisce del 6% a livello nazionale ma solo del 2% in Veneto, il trend di quel dato partito in Veneto sarà +4%. La somma di tutti i trend locali nazionale sarà quindi pari a zero.
Nel caso delle elezioni presidenziali USA è noto perchè variazioni di alcuni Stati in bilico non conformi alle variazioni nazionali possono far pendere la bilancia per questo o quel candidato.Vediamo l’esempio della Florida nelle elezioni presidenziali del 2012. A livello nazionale la differenza tra repubblicani e democratici si è ridotta del 3,42%, dal 7,27% (2008) al 3,85% (2012); se tale andamento fosse stato uniforme, la Florida, che partiva da un vantaggio democratico del 2,81%, avrebbe visto lo stato passare nel carniere di Romney (dello 0,61%), ma qui lo swing a favore di Romney è stato inferiore e Obama ha prevalso dello 0,88%, con una riduzione del vantaggio e quindi uno swing del 1,93%: in questo caso il trend è la differenza tra il 3,42% e il 1,93%, ovvero 1,49% a favore di Obama e dei democratici.
Di conseguenza è chiaro come in questo tipo di elezioni non è sufficiente considerare lo swing nazionale, se in aree diverse il trend varia di molto. Qui parlavamo del trend della differenza tra due candidati, non solo di una singola forza, chiaramente.
Come vediamo infatti dalla seguente infografica (fonte: Wikipedia) gli Stati americani si sono spostati in media verso i Repubblicani ma in modo molto diverso da stato a stato:
Fatta questa premessa, veniamo alle prossime elezioni politiche nostrane, e alla situazione del Senato: molti sondaggi, pubblicati prima del blackout imposto dalla legge sulla par condicio (8 febbraio) mostravano distanze tra i 2 e i 7 punti a livello nazionale tra la coalizione di centrosinistra (PD e alleati) e quella di centrodestra (PDL e alleati); gli stessi istituti demoscopici indicavano, nei sondaggi effettuati a livello regionale, distanze molto risicate per la regione su cui sono puntati gli occhi di tutti gli osservatori: la Lombardia.Vediamo tre diversi istituti di sondaggi, con risultati piuttosto diversi:
Il primo istituto indicava un vantaggio a livello nazionale dell’1,7% a favore del centrosinistra e un vantaggio dell’1,25% a favore del centrodestra in Lombardia;
per il secondo istituto nel dato nazionale c’era una distanza tra le due coalizioni pari a 6,2 punti percentuali a vantaggio del centrosinistra, che in Lombardia si riduceva allo 0,5%;
infine, il terzo istituto vedeva, a livello nazionale, 7,5 punti di vantaggio per il centrosinistra e 2,9 punti per il centrodestra in Lombardia.
Anche per altre regioni in bilico (come la Sicilia) si sono registrati dati simili, e a chiunque appare, anche solo ad occhio, abbastanza singolare che di fronte a distacchi nazionali relativamente ridotti ci sia una tale vicinanza nei risultati di una regione come la Lombardia, in cui nel 2008 si registrò un distacco molto maggiore della media nazionale. Infatti, alle precedenti elezioni politiche questi furono i risultati della Lombardia:
Centrodestra (PDL+MPA+Destra): 49,41% nazionale, 56,76% in Lombardia (diff. +7,35%)
Centrosinistra (PD+IDV+PSI): 38,88% nazionale, 32,56% in Lombardia (diff. -6,43%)
Differenza tra i poli: 10,73% a livello nazionale, 24,2% a livello Lombardo (diff. +13,47%)
Dunque vediamo che, ceteris paribus (con trend pari a zero), perchè la Lombardia cambi sponda politica al Senato, è necessario in teoria che vi sia un distacco nazionale del 13,47%. Ma i dati appena descritti disegnano invece una situazione singolare, poiché implicano trend veramente alti a sfavore del centrodestra in Lombardia, come vediamo dal seguente prospetto:
Diff ITA % | Diff LOM % | Trend cdx % | |
Istituto 1 | -1,27 | +1,55 | – 10,65 |
Istituto 2 | -6,5 | -0,5 | – 7,47 |
Istituto 3 | -7,5 | +2,9 | – 3,07 |
Si noti che solo per il terzo istituto c’è una certa coerenza tra il dato lombardo e quello nazionale, anche qui immaginando però un trend decisamente negativo (tre punti percentuali), che necessariamente dovrebbe essere compensato altrove: magari nelle regioni rosse dove il centrodestra fisiologicamente ha margini di decremento inferiori.
Ma vediamo allora in modo più organico in quali casi la Lombardia può vedere vincente il centrosinistra, a quali condizioni. Sull’asse verticale del seguente grafico indichiamo il distacco nazionale tra le coalizioni (e più precisamente il vantaggio del centrosinistra sul centrodestra), mentre su quello orizzontale le ipotesi di trend regionale del centrodestra:
Ad ogni casella corrisponde un incrocio di ipotesi: ad esempio, se il centrosinistra vincesse sul piano nazionale con 8 punti di margine, per vincere in Lombardia sarebbe necessario un trend regionale del centrodestra pari al 6% in negativo, o peggiore. In caso il distacco generale fosse invece del 4%, sarebbe necessario un trend del centrodestra peggiore del 9% negativo. Tutto questo assumendo che il centrosinistra abbia in Lombardia un trend in linea con lo swing nazionale.
E se invece il centrosinistra avesse un trend positivo? Ovvero se in Lombardia avesse un andamento (aumento o diminuzione che sia) migliore della media nazionale, magari compensando con una sotto-performance nelle regioni rosse? Immaginiamo che il trend del centrosinistra allora sia pari a +3% e otteniamo una versione diversa del precedente prospetto:
Come vediamo, in questo caso con un distacco del 5 o 6% (ovvero quello che molti sondaggi davano come probabile fino al 9 febbraio) anche in caso di trend positivo (+3%) del centrosinistra il trend del centrodestra per contro dovrebbe comunque essere piuttosto alto, intorno al -5% o -6%.
Il punto è: è plausibile che accada ciò?
Per capirlo, possiamo andare a vedere quali sono i precedenti. In effetti in tutte le elezioni vi sono stati trend dei partiti e delle coalizioni, che in aree diverse hanno perso o guadagnato voti in misura maggiore o minore rispetto alla media nazionale: è una tendenza normalmente più meridionale, poiché storicamente al Sud i voti sono più “ballerini”.
Grazie alle funzionalità della mappa elettorale interattiva di YouTrend, vediamo che nel 2008 i trend del centrodestra sono stati relativamente ridotti, quasi inesistenti in Lombardia, e superiori al 3% in valore assoluto solo al Sud e in Friuli:
Per il centrosinistra il trend in media è stato ancora inferiore.
Per trovare dei trend come quelli che dovrebbero verificarsi quest’anno in Lombardia perché la vittoria del centrosinistra diventi un’ipotesi matematicamente plausibile, dobbiamo andare più indietro. Nel 2001, la Lega Nord si ri-allea al centrodestra e questo costituì una forte novità al Nord: come era prevedibile, non tutti gli elettori leghisti del 1996 (quando la Lega sfondò il 10%) la seguirono nella Casa della Libertà, e al Nord il centrodestra andò peggio della media. Effettivamente in Lombardia si verificà un trend dnegativo di oltre il 4%; ma attenzione, tale trend è tale solo rispetto al valore ipotetico di una coalizione comprendente Polo della Libertà e Lega Nord nel 1996, coalizione che nella realtà non esisteva:
Contemporaneamente il centrosinistra ebbe un trend positivo al Nord del 3%.
Proviamo a risalire ancora più indietro e guardiamo al 1992: la Lega lombarda sfondò, in Lombardia soprattutto ma in generale in tutto Nord. La DC, partito di maggioranza, ebbe un calo del 5% nazionale, che per i canoni della Prima Republica significò un vero e proprio crollo. Un crollo tuttavia molto asimmetrico: di fronte ad aumenti in Campania e soprattutto Sicilia, è al Nord che il potere democristiano franò su se stesso; e allora vediamo che in Lombardia il trend negativo rispetto al calo nazionale fu del 4,76%. Qui il trend negativo tuttavia è comune anche ad altri partiti, come il PDS e il PSI, perchè fu la Lega a fare il pieno e ad essere pesantemente sbilanciata al Nord nel suo radicamento. Vediamo il trend DC:
Quanto visto finora serve a farci comprendere come in Lombardia le forti variazioni di trend siano state in passato provocate da dinamiche legate al posizionamento e alle scelte di partiti molto sbilanciati territorialmente al Nord e nella stessa Lombardia, ovvero la Lega Lombarda/Lega Nord. È questo l’unico caso in cui un trend elevati sono in effetti possibili. Una presenza che renda il voto lombardo fortemente asimmetrico rispetto alla media nazionale.
Ora, quale può essere questo elemento in queste elezioni? Le ipotesi sono molte, la Lombardia è stata colpita da scandali locali a danno del centrodestra più che nelle altre regioni, ma finora non sembra che questo sia andato a favore del centrosinistra più che proporzionalmente rispetto ad altre forze, come il M5S. Il Movimento grillino, così come la coalizione montiana, sembrano abbastanza ben spalmate a livello nazionale, o comunque non particolarmente più radicate in Lombardia in misura tale da generare trend rilevanti, men che meno a favore del centrosinistra.
Rimarrebbe il movimento Fare per Fermare il Declino di Oscar Giannino, che in effetti appare in ascesa e soprattutto al Nord: ma potrà avere una performance tale ricalcare quello della Lega ai suoi albori, anche alla luce del recente mini-scandalo che ha colpito Giannino stesso? Appare difficile. Oppure lo scenario del 2001 sembra essere meno improbabile, anche se ora non c’è, come allora, una nuova alleanza “poco gradita” a creare analoghi squilibri.
In conclusione, anche ipotizzando un distacco nazionale del 5-7% a vantaggio della coalizione progressista, immaginare una conquista da parte del centrosinistra della Lombardia non è certo impossibile ma implica ipotesi così forti da risultare piuttosto improbabile.
Meraviglioso come sempre Gianni.
Veramente interessante.
Complimenti per l’analisi assolutamente originale
e illuminante
Ai tempi della Moratti cosa era probabile……..?
Tra neve, coalizioni in più e voto disgiunto io non farei nessuna previsione adesso
molto interessante, grazie. ma la novità di queste elezioni, a parer mio, è che ci possano essere dei “trend specifici” per senato e regioni, in virtù di un voto disgiunto che potrebbe essere molto consistente e non rilevato a livello di trend nazionale
Alla fine il CDX pur calando molto dal 55% del 2008 ha mantenuto la regione al Sento col 37% e qualcosa,battendo il CSX che pur calando di meno è sceso a sua volta dal 32 a 29,restando quindi sotto.