Nell’annosa ricerca di una legge elettorale finalmente buona anche per l’Italia molti sono stati i criteri posti come indispensabili, dalla scelta diretta del parlamentare alla governabilità; pochi hanno sottolineato l’importanza della rappresentatività.
Vediamo di cosa si tratta e come cambia nei vari Paesi e nei diversi sistemi elettorali.
In Inghilterra questo tema è all’ordine del giorno tra i politologi e gli osservatori della politica; il fattore “rappresentatività” viene misurato in modo preciso in quanto la distribuzione di seggi di volta in volta è molto sproporzionata rispetto al voto popolare.
Allo scopo di misurare questa disproporzionalità sono stati pensati molti indici con relativo dibattito tra gli studiosi su quale sia il più adatto a misurarla.
Non ci addentriamo in questo dibattito tecnico ma utilizziamo l’indice Sainte Lague, che si differenzia dal più classico indice Gallagher perchè è un indice relativo e considera gli spread tra voto e seggi in relazione ai voti ottenuti e non in assoluto.
Infatti, l’indice Gallagher è
Mentr l’indice Sainte Lague è
Dove S il è numero o la percentuale di seggi e V il numero o la percentuale di voti popolari.
(Per chi volesse approfondire la metodologia, in questo paper dell’università di Atene sono spiegati in modo semplice questi e altri indici: http://www.stat-athens.aueb.gr/~jpan/diatrives/Kalogirou/chapter5.pdf)
Confrontiamo quindi le situazioni di vari Paesi europei.
GRAN BRETAGNA
Partiamo con le elezioni del Parlamento britannico, che si svolgono con sistema maggioritario uninominale. Nel 2005 questo sistema consentì ai laburisti di Blair di avere la maggioranza assoluta dei seggi anche se solo con il 35% dei voti:
E qui di seguito le elezioni del 2010 in cui vinsero i conservatori ma senza ottenere la maggioranza assoluta dei seggi:
Come possiamo notare, gli indici sono alti e abbastanza simili tra le due elezioni; ma mentre nel 2010 si segue lo schema classico inglese con i liberaldemocratici vittime principali di una sproporzione tra voto popolare e seggi, nel 2005 abbiamo un dato senza precedenti: la maggioranza assoluta dei seggi con solo il 35,2% per i laburisti. A questo risultato contribuiscono una serie di fattori concomitanti, e tuttavia tipici del sistema uninominale: per esempio il voto strategico a favore dei laburisti da parte dei libdem dove i primi sono competitivi e i secondi troppo deboli, oppure il fatto che un seggio conquistato con una affluenza del 50% vale quanto un seggio conquistato con una del 70% (e tipicamente in Inghilterra nei seggi “roccaforte” laburisti vi è una affluenza decisamente minore che in quelli conservatori) così che i laburisti conquistano i loro anche con un numero di voti inferiore.
GERMANIA
Vediamo ora le elezioni federali in Germania del 2009. Ricordiamo che il sistema elettorale è proporzionale e distribuzione del 50% dei seggi con metodo uninominale: vi sono due voti, uno per il collegio uninominale e uno per le liste proporzionali, i seggi saranno distribuiti in senso proporzionale, con sbarramento al 5% (tranne per chi conquista almeno 3 collegi uninominali), ma i deputati sono scelti prendendo i vincitori dei collegi uninominali, fino ad esaurimento, e se capita, di solito per il partito vincente, che vi siano più vincitori di collegio che deputati spettanti, i seggi totali del Parlamento aumentano fino a includere tutti i vincitori di collegio eccedenti.
Come vediamo qui la disproporzionalità è decisamente bassa, ed è dovuta quasi interamente all’esclusione dei partiti sotto il 5%, che costituiscono comunque non più del 6% (una quota analoga a quella dei partiti sotto il 3% in Grecia alle ultime elezioni). La CDU, godendo della clausola di allargamento del Parlamento per far posto a tutti i vincitori di collegio, beneficia di una disproporzionalità leggermente superiore agli altri.
FRANCIA
Nelle elezioni francesi vige il sistema uninominale a doppio turno di collegio, con la sfida al secondo turno di coloro che superano il 12,5% degli elettori (ovvero circa il 15-17% dei votanti, a seconda dell’affluenza). Vediamo cosa è accaduto nelle elezioni legislative del 2012:
Tra i voti del primo turno e i seggi assegnati la disproporzionalità è altissima, è massima quella a favore del Partito socialista che sfiora la maggioranza assoluta dei seggi con meno del 30% dei voti e quella contro il Fronte Nazionale che quasi non prende seggi nonostante abbia il 13,6%. Qui vi è il vantaggio chiaramente del partito principale in vantaggio al primo turno e l’abitudine di formare una coalizione “repubblicana” tra destra e sinistra istituzionali a votare contro il Fronte Nazionale quando questo accede al ballottaggio.
Se misuriamo le coalizioni, ovvero in realtà gli insiemi di partiti che applicano desistenze tra loro (anche se in modo non sistematico), l’indice di disproporzionalità diminuisce ma rimane pur sempre superiore anche a quello inglese.
ITALIA
Per il nostro Paese è bene confrontare non solo le elezioni del 2008 e del 2013 ma anche differenziare per Camera e Senato, visto che vengono eletti con leggi elettorali diverse.
Vediamo la situazione del 2008, senza includere il Senato che in tale occasione presenta un andamento molto simile a quello della Camera:
Sia per partiti che per coalizioni l’indice di disproporzionalità è basso, e praticamente tutto dovuto alle forze sotto il 4% (come la Sinistra Arcobaleno), come in Germania. Se avessimo analizzato il 2006 avremmo ottenuto risultati analoghi. Con due grosse coalizioni, di cui la vincente solo pochi punti sotto il 50%, di fatto il “porcellum” ha una disproporzionalità piuttosto bassa.
Ma vediamo le ultime elezioni del 2013:
Qui abbiamo raggiunto invece livelli francesi di disproporzionalità alla Camera, e infatti abbiamo inserito anche il Senato per sottolineare la differenza. È evidente che con un premio fisso, con la prima coalizione che prende il 55% dei seggi a prescindere, anche con il 29% dei voti popolari, la disproporzionalità è assicurata, e qui è abnorme soprattutto per il PD e la coalizione di centrosinistra, più alta che per la sinistra francese o il Front National.
Al Senato la situazione peggiora rispetto al 2008 ma l’indice Sainte Lague rimane comunque sotto quota 20, e tocca quota 10 considerando per le coalizioni. Questo perché la legge elettorale del Senato finisce per rispecchiare la distribuzione del voto popolare nella distribuzione dei seggi, tramite il grande numero di combinazioni possibili nella conquista delle regioni, che si sono divise quasi a metà tra le due coalizioni principali, molto vicine anche nel voto popolare.
CONCLUSIONI
Facciamo un confronto tra gli indici di disporporzionalità Sainte Lague nelle diverse situazioni analizzate:
Emerge da questo prospetto come i maggioritari uninominali, siano essi a turno unico o a doppio turno, hanno tassi di disproporzionalità molto elevati. Interessante è anche il fatto che quello a doppio turno sia addirittura più disproporzionale di quello a turno unico, a causa dell’eliminazione delle terze forze che in un sistema a turno unico in qualche collegio risulterebbero prime (per esempio il Fronte Nazionale in Francia).
Il caso italiano è particolare perchè il nostro Porcellum si comporta in modo molto diverso a seconda dell’evoluzione del panorama politico, cosa che accade meno in Inghilterra: in sostanza il nostro sistema alla Camera ha un elemento di grande rigidità, il 55% di seggi assegnato “a prescindere” alla prima coalizione, che dà una sproporzione enorme in casi come quello delle ultime elezioni e una distribuzione sostanzialmente equa in un caso come quello del 2008; nel caso dell’uninominale in caso di distanza minima tra due partiti (come nelle elezioni italiane del 2013) e una terza forza a solo il 4% di distanza, la distribuzione dei seggi dipenderebbe da moltissimi fattori (spalmatura del consenso, voto strategico, ecc), ma ci sarebbe una buona probabilità che sia proporzionale al consenso o comunque non meno proporzionale che in caso di distacchi maggiori.
La legge elettorale del Senato mitiga questa disproporzionalità come si vede nel caso del 2013, ma vi è una distanza maggiore tra disproporzionalità per partiti e coalizioni perchè di fatto la barriera del 3% e il numero ridotto di seggi per molte regioni, crea disparità all’interno delle coalizioni concentrando i seggi sui partiti maggiori.
Come già visto i risultati più equi sono stati ottenuti in Italia nel 2008, quasi paragonabili all’indice tedesco, proprio per la presenza di sole due principali coalizioni di cui una già vicina al 50%; tuttavia, vista la non stabilità di questa equità in caso di frammentazione del quadro partitico, il sistema più equo rimane senza dubbio quello tedesco, che può al massimo patire la possibilità, peraltro storicamente poco plausibile, di un grande numero di partiti sotto la soglia del 5%, così da lasciare fuori dalla rappresentanza molti elettori.
Da sottolineare il fatto che il “voto strategico” inglese o quello “utile” italiano, la scelta francese del doppio turno, sono di fatto già delle distorsioni ex ante che l’elettore si vede costretto a subire di sua stessa mano che si vanno a sommare a quelli ex post realizzati con la legge elettorale.
Di fatto qui la questione è stabilire se prima di tutto la minimizzazione di questa disproporzionalità sia un valore, sacrificabile ad esempio in ottica governabilità, e quale sia in questo caso il livello massimo accettabile. Visti i casi suddetti, un indice Sainte Lague pari a 15 sembra essere una soglia sperabilmente da non superare per non spezzare quel legame, anche di fiducia e credibilità, tra voto degli elettori e rappresentanza in Parlamento.
Si vede chiaramente come spesso una legge elettorale dalla rappresentatività molto bassa sia realizzata per sollevare una classe politica di livello mediocre dalla responsabilità di dialogare e trovare una sintesi politica tra le diverse posizioni, scaricando così tutto il peso di questa inefficienza sull’elettore costretto ad essere rappresentato in modo talvolta iniquo.
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