Della vittoria schiacciante, per certi versi storica, del Pd di Matteo Renzi si è già scritto molto, e qui trovate la nostra analisi della geografia del voto. Ma i dati segmentati dell’exit poll curato dall’istituto EMG di Fabrizio Masia, che pubblichiamo in esclusiva e che ci sentiamo di tenere in particolare considerazione perché nonostante la sottostima del Pd in sede di ponderazione si riferisce a elettori che effettivamente sono andati a votare, ci aiutano a capire qualcosa in più.
Età
Alle Politiche 2013, secondo la ricerca Lapolis contenuta in Un salto nel voto di Ilvo Diamanti, fra gli under 30 Grillo aveva quasi doppiato Bersani, 32% a 17. Le cose sono cambiate radicalmente nel voto di domenica: nella fascia fra i 18 e i 34 anni EMG ci dice che c’è stato un sostanziale pareggio (32,9% a 32,5% per il Pd) diventato un margine rassicurante nella fascia centrale, quella 35-54 anni (35,3% a 26,9%) e una voragine incolmabile presso gli elettori più maturi, quelli oltre i 55 anni (49,4% a 10,9%, con il M5S doppiato da Forza Italia al 20,2%).
Livello di istruzione
Un’altra delle cifre del successo di Renzi, la capacità di convincere anche gli elettori meno istruiti, terreno tradizionalmente favorevole a Berlusconi – anche se i dati Lapolis per il 2013 evidenziavano un’ottima performance di Bersani, in grado di convincere il 37% dei votanti con un basso titolo di studio contro il 23% del Pdl e il 15,5 del M5S.
Domenica, sempre secondo EMG, Renzi avrebbe ottenuto un risultato sostanzialmente identico fra gli elettori istruiti e meno istruiti, sfiorando il 41% in entrambe le fasce. Diversamente, Forza Italia overperforma fra i meno istruiti (20,3) rispetto ai più istruiti (12,6), come la Lega (7,5 e 4,6); all’opposto altri partiti, M5S in testa, vengono premiati soprattutto dagli elettori che hanno studiato di più (vale appunto per il Movimento di Grillo, che passa dal 18,7 al 24,2%, ma anche per Tsipras, dal 2,5 al 5,9)
Professione
Alle Politiche dell’anno scorso, il Pd era riuscito a overperformare solo tra i pensionati, con un ragguardevole 37%, mentre era sotto la media – spesso battuto dal Movimento 5 Stelle – in quasi tutte le categorie produttive o comunque più esposte ai cambiamenti sociali (fra i disoccupati perdeva contro Grillo 13 a 40, fra autonomi e imprenditori 13 a 44, fra gli operai 20 a 38, fra i dipendenti privati 22 a 34).
Stavolta le cose cambiano, se guardiamo ai segmenti professionali individuati da EMG, perché Renzi vince in tutte le categorie, incluse quelle storicamente ostiche per il centrosinistra – come i lavoratori autonomi, con il 30,7% contro il 25,1 di Grillo e il 18,5 di Berlusconi -. E inoltre «ruba» al Cavaliere la consolidata preminenza sul voto delle casalinghe (41,6 a 21,9, con Grillo terzo al 17,8) presso le quali soltanto un anno fa era stato quasi doppiato, secondo Lapolis, 33% a 19.
In conclusione
Il Partito Democratico di Renzi che esce dal suo primo test elettorale è insomma un partito trasversale, non soltanto geograficamente – come abbiamo evidenziato qui – ma anche socialmente, in grado di intercettare il consenso del blocco storico della sinistra nell’Italia centrale come quello dei moderati del Lombardo-Veneto e della provincia piemontese, convincendo – seppur con dimensioni alquanto diverse – lavoratori autonomi e casalinghe, pensionati e studenti. Per la prima volta nella Seconda repubblica, poi, le donne hanno preferito un partito del centrosinistra (il 43,6% dell’elettorato femminile ha scelto il Pd) ribaltando l’equilibrio ormai consolidatissimo che le vedeva premiare il centrodestra.
Ora resta da capire che cosa farà Matteo Renzi di questo capitale enorme, augurandogli di essere consapevole che nel Paese che in un battito d’ali ha archiviato Monti e poi Letta, che da un’elezione all’altra sceglie Berlusconi, poi Grillo, poi Renzi l’adagio Sic transit gloria mundi non è un monito: è un dato acquisito.
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