Il 40,8% con cui il PD guidato da Matteo Renzi ha vinto le ultime elezioni europee è stato indicato – a ragione – come la più alta percentuale conquistata da un partito nel corso della Seconda repubblica. Ma questo non ne fa il partito più votato. Vediamo perché.
La tabella seguente mostra l’elenco dei 17 partiti più votati in Italia negli ultimi 20 anni in un’elezione nazionale, che si trattasse di Politiche (per la Camera dei Deputati) o di Europee. Sono state considerate solo le “liste di partito”, senza considerare quindi i risultati ottenuti dai “cartelli” elettorali con cui più partiti coalizzati presentavano candidati comuni nei collegi maggioritari in occasione delle tre tornate in cui si è votato con il Mattarellum (1994, 1996 e 2001).
La tabella è ordinata per numero di voti assoluti: questo ci consente di vedere come il PD di Renzi versione “Europee 2014” sia in realtà solo il quarto partito più votato, alle spalle non solo del PDL con cui Berlusconi vinse (per la terza volta) le Politiche nel 2008, ma anche del PD guidato da Veltroni, che in quell’occasione fu nettamente sconfitto, e dell’Ulivo (“progenitore” del PD) che due anni prima si impose come primo partito nazionale, trainando la risicata vittoria di Romano Prodi.
Il “trucco” c’è, ed è facile intuirlo: la percentuale di voti si calcola sul totale dei votanti, ed è noto che alle Europee l’affluenza alle urne è mediamente molto inferiore rispetto alle Politiche; per di più, è dal 2008 che i trend sull’affluenza registrano un continuo calo. Le Europee 2014 sono le elezioni nazionali con l’affluenza più bassa mai registrata nella storia della Repubblica: il tasso di partecipazione è sceso per la prima volta sotto il 60%. Ciò ha consentito al Partito Democratico di ottenere una percentuale di voti record, pur senza ottenere il primato in relazione ai voti assoluti.
Questo ci porta a ridimensionare il risultato elettorale ottenuto da Renzi? In realtà no, dal momento che si tratta comunque del partito di gran lunga più votato in occasione di un’elezione per il Parlamento europeo: prima che il PD conquistasse oltre 11 milioni di voti lo scorso 25 maggio, solo tre volte era accaduto che un partito sfondasse quota 10 milioni in occasione delle Europee; accadde con Forza Italia nel giugno 1994, sull’onda della incredibile vittoria alle Politiche di pochi mesi prima (in cui il neo-movimento berlusconiano aveva ottenuto comunque oltre 8 milioni di voti); e accadde nuovamente nel 2004 con la lista unitaria “Uniti nell’Ulivo”, comprendente Democratici di Sinistra, Margherita e Repubblicani europei; infine, il PDL nel 2009 non riuscì a bissare il risultato – record – ottenuto alle Politiche di un anno prima, ma riuscì comunque a superare tale asticella.
È interessante notare altre cose, nella tabella: ad esempio che il punto più basso (in termini di percentuale) toccato dal PD, ossia le Europee 2009, coincide quasi con i voti conquistati dal solo PDS nel ’94 con Occhetto e nel ’96 con D’Alema. O ancora, che i voti ottenuti dal M5S nel 2013 sono in pratica superiori alle cifre conquistate dai partiti che avevano vinto le elezioni negli anni ’90 – la differenza è che quei partiti si erano presentati in coalizione con degli alleati. Ordinando la tabella per anno, infine, si nota come di fronte ad un’incredibile variabilità di leader del principale partito di centrosinistra (nell’ordine: Occhetto, D’Alema, Prodi, Veltroni, Franceschini, Bersani, e infine Renzi) negli ultimi 20 anni il principale partito di centrodestra ha avuto un unico leader, cioè Berlusconi, la cui parabola ha toccato l’apice nel 2008 con gli oltre 13 milioni di voti del PDL. Ma è dalle Politiche 2013 che il partito di Berlusconi non compare né al primo né al secondo posto dei partiti più votati in una tornata elettorale nazionale.
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