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Nigel Farage e lo UKIP sono di destra?

Il protagonista delle elezioni europee al di là della Manica è stato Nigel Farage, leader indiscusso dello UKIP (Partito per l’Indipendenza del Regno Unito): con il 27,5% dei voti validi e 24 eurodeputati (11 in più rispetto al 2009), il partito euroscettico per eccellenza è riuscito ad imporsi come prima forza politica in Gran Bretagna. Tuttavia molto è cambiato rispetto al 2009 per quanto riguarda la percezione del partito e le alleanze a livello europeo, e anche questo potrebbe giocare un ruolo nel possibile accordo con il Movimento 5 Stelle. Vediamo come.

Nel 2009, uno studio di Robert Ford, Matthew J. Goodwin e David Cutts (Università di Manchester e Nottingham) ha evidenziato come esistessero due anime all’interno dello UKIP: gli elettori “fedeli” (UKIP core) e gli elettori “strategici” (UKIP strategic). Mentre i primi presentano caratteristiche simili agli elettori del partito di estrema destra British National Party, i secondi si presentano come elettori tendenzialmente conservatori che vogliono lanciare un messaggio di disaffezione verso il loro partito di riferimento. Questa divisione è evidenziata da un diverso approccio alle tematiche che i ricercatori hanno incanalato in quattro aree: euroscetticismo, xenofobia, populismo e razzismo. Ponendo delle domande agli elettori, il team di studiosi ha aggregato le risposte a seconda del partito votato, e ha studiato come variano le risposte in base al voto [1].

Quello che emerge è che nel 2009 lo UKIP, facendo dell’euroscetticismo la propria battaglia principale, ha offerto una alternativa valida sia agli elettori in provenienza dall’estrema destra (BNP), sia agli elettori ex conservatori. I ricercatori concludono che proprio l’euroscetticismo, unito alla carica anti-establishment, costituisca una piattaforma programmatica ben più condivisibile di un mero richiamo al nazionalismo britannico, considerato estremista e intollerante. Questo ha permesso allo UKIP, già 5 anni fa, di avere risultati a livello nazionale che i partiti di estrema destra non avevano mai ottenuto. Un trend che si è anche accentuato con le ultime europee.

Proseguendo la nostra analisi, bisogna tenere conto anche della percezione che l’elettorato ha di Nigel Farage. Secondo un sondaggio Ipsos Mori realizzato a fine 2013, la maggioranza degli elettori considera il leader del partito euroscettico di destra (39%) o di centrodestra (12%), mentre solo una minoranza considera Farage di sinistra, centrosinistra o centro (il 19% complessivamente). Nel grafico trovate il leader del Labour Ed Miliband, il Vice Primo Ministro liberaldemocratico Nick Clegg e il Primo Ministro conservatore David Cameron.

Ma il dato interessante è che il 29% degli elettori non riesce a collocare Farage in nessuna delle 5 categorie proposte, e questa percentuale sale a un massimo del 30% fra gli elettori che si considerano laburisti. Farage stesso, la scorsa settimana, ha affermato che lo UKIP non è né di destra, né di sinistra. Anche questo va a rinforzare la tesi di un Farage percepito complessivamente come un leader sì di destra, ma con una personalità peculiare anti-sistema e anti-UE, non del tutto inquadrabile nel cleavage destra sinistra [2].

Spostandoci alle elezioni 2014, e soffermandoci sulle motivazioni che hanno spinto gli elettori a votare per lo UKIP, troviamo al primo posto un maggiore controllo sull’immigrazione, seguito dalla proposta di lasciare l’Unione Europea, e dalla “franchezza” dei candidati UKIP, liberi di dire quello che pensano. I dati provengono dal sondaggio post-elettorale ComRes.

Considerando le 11 motivazioni principali, ne troviamo però solamente due legate in qualche modo a un concetto di intolleranza: il controllo dell’immigrazione e la contrarietà ai matrimoni gay (in ultima posizione, quindi con importanza marginale). E si noti che la motivazione xenofoba non è collegata alla percepita pericolosità di una etnia o di una religione (come invece sempre sostenuto nei programmi del BNP), ma ad una contrarietà al libero spostamento di persone all’interno dell’UE, senza una chiara connotazione etnica. Questo in parte smentisce le esternazioni di candidati locali e nazionali, che esprimono a volte visioni più radicali in merito. Ciononostante, quello che colpisce è che sette motivazioni su undici si possono ricollegare a fattori anti-establishment (in giallo nel grafico): un fattore attrattivo che può spiegare il consenso dello UKIP fra ex elettori sia di destra che di sinistra. Ovviamente la presenza al secondo posto del tema anti-UE e il consenso personale di Farage (europarlamentare e capogruppo a Bruxelles) rappresentano altri due fattori di euroscetticismo, che come abbiamo visto è il secondo elemento aggregante fondamentale.

Se andiamo invece ad analizzare il gruppo The Europe of Freedom and Democracy Group (EFD) di cui lo UKIP fa parte, possiamo trarre altre conclusioni sulla posizione ideologica del partito di Farage. Nella scorsa legislatura europea, del gruppo EFD facevano parte anche la Lega Nord (che ha disertato per formare un gruppo con la destra radicale di Marine Le Pen), il LAOS Greco ortodosso, Polonia Solidale, il Partito del Popolo Danese, e i Veri Finlandesi (proprio questi ultimi due gruppi hanno abbandonato EFD per raggiungere i Conservatori e Riformisti Europei), oltre a un numero di partitini minori. Il raggruppamento si poteva considerare a pieno titolo quindi un gruppo populista di destra e nazional conservatore. Non sorprende quindi che, se confrontiamo i voti a Bruxelles dell’EFD, il più alto tasso di corrispondenza con un altro gruppo (63%) sia con i Conservatori e Riformisti Europei (ECR).

Si noti inoltre che i Verdi e la Sinistra radicali siano agli antipodi rispetto ai voti espressi, con poco più di un terzo delle votazioni a posizione comune. I partiti dell’establishment (Socialisti e Democratici, Liberaldemocratici e Popolari) fluttuano attorno al 50% dei voti in accordo con l’EFD.

Altro dato interessante è tuttavia la compattezza del raggruppamento europeo a cui il Movimento 5 Stelle potrebbe aderire: EFD risulta essere un gruppo eterogeneo che spesso fatica ad avere una posizione comune. Solo per il 48,59%% delle votazioni l’EFD è stato compatto, e questo conferma l’affermazione di Beppe Grillo secondo la quale i partiti membri del gruppo hanno piena libertà di voto. Di converso, balza all’occhio la granitica compattezza dei Verdi, che hanno votato unitamente il 94,68% delle volte (si ricorda che in tale gruppo siedono anche i partiti regionalisti scozzese, gallese, catalano e fiammingo).

Si potrebbe quindi affermare che le prime due caratteristiche dell’UKIP (l’essere un partito populista anti-establishment e anti-UE) si siano riflesse anche nel gruppo parlamentare EFD, il raggruppamento che siede più alla destra nell’emiciclo di Bruxelles. Più difficile invece una posizione comune fra i partiti membri per cultura e educazione, occupazione, affari economici e monetari, agricoltura. Gli ultimi avvenimenti (con due partiti che lasciano EFD per i Conservatori, e la Lega che va verso l’estrema destra) non cambia la posizione ideologica dello UKIP e dell’EFD, che si mantengono saldamente ancorati a destra. Non è da escludere però lalleanza col Movimento 5 Stelle in nome dell’euroscetticismo e dell’essere anti-sistema, salvo poi chiudere un occhio sulle numerose e importanti differenze programmatiche e ripararsi sotto l’ombrello della libertà di voto nell’EFD, come già successo durante la scorsa legislatura.

[1] Il grafico mostra una scala normalizzata, dove 0 è la media, e un valore positivo è una relazione positiva fra l’essere elettori del dato partito (Conservatori, UKIPc, UKIPs, BNP) e condividere l’affermazione in questione. Ad esempio, una delle affermazioni nella categoria “xenofobia” è stata: la maggioranza dei reati in Regno Unito è commessa da immigrati. Per dettagli si veda la ricerca completa qui.

[2] Almeno questo nel Regno Unito, dove entrambi dove lo stesso Partito Laburista è passato dagli anni ‘80 ad oggi ad avere molteplici e a volte antitetici approcci riguardo all’integrazione europea.

 

 

 

 

Andrea Piazza

Laureato in Politica, Amministrazione e Organizzazione all'Università di Bologna, lavora al servizio Affari Istituzionali dell'Unione della Romagna Faentina. Si interessa di sistemi partitici e riordino territoriale. Ha una grave dipendenza da cappelletti al ragù.

3 commenti

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  • Il fatto che un maggiore controllo sull’immigrazione è la prima motivazione che spinge a votare UKIP non è sufficiente per esculdere motivazioni razziste né per confermarle. Ci vuole un dato ulteriore in merito.
    L’articolo assume che invece ciò implicherebbe l’assenza di motivazione razziale. Vengono utilizzati altri dati a suffragio di questa ipotesi?

    “Candidati dicono quello che pensano”: perché viene considerata come anti-establishment? Esempio: potrei pensare che ukip e labour dicono entrambi quello che pensano, ma mi attrae di più la posizione in materia di immigrazione degli ultimi. E (assist al precedente punto) questo è indipendente da un eventuale razzismo.

    • Grazie per il commento.
      1) Il maggiore controllo sull’immigrazione è stato inserito in una categoria collegata alla xenofobia, ma non direttamente al razzismo in virtù dei programmi e della comunicazione istituzionale dello UKIP, che ha tendenzialmente evitato riferimenti etnici o culturali (preferendo motivazioni economiche e di sicurezza, a differenza del BNP). Conclusioni simili si possono trovare sia nel corpo che nelle conclusioni dello studio di Ford e altri (2009), che può trovare nella nota 1 in fondo all’articolo.
      2) Anche questa classificazione si basa sulla comunicazione UKIP (poster elettorali con i tre leader dell’establishment imbavagliati, mentre Farage no) e su quanto affermato da Farage in diverse occasioni (non da ultimo nei due dibattiti con Clegg sulla permanenza dello UK nell’Unione).
      In ogni caso, le aggregazioni nelle varie categorie hanno un fine esemplificativo e non hanno la pretesa di essere esaustive, essendo difficile scomporre le varie motivazioni/interpretazioni che hanno portato gli elettori a rispondere al sondaggio ComRes. Piuttosto, il grafico vuole fornire una possibile interpretazione.

  • Salve. Secondo il mio modo di ragionare Farage è riconducibile alla categoria “destra” in quanto a sinistra io colloco gli statalisti e a destra colloco chi vuole meno Stato. Farage è di destra in questo, in senso anglosassone liberale, un po’ come lo sono i Tea Party. Per come si ragiona (sbagliando) in Europa continentale il discorso è diverso perché qui per destra, più o meno estrema, s’intende il fascismo o cose similari, che significa Stato portato all’eccesso, cioè socialismo, Farage è all’opposto di questa visione (visione in cui ad esempio rientra la Le Pen, la quale infatti è agli antipodi di Farage). Farage è pertanto una persona che vuole limitare l’invasività dello Stato, ed a questo abbina l’euroscetticismo e una richiesta di regolamentazione dei flussi migratori (cose queste che non possono essere definite di destra o di sinistra, oppure razziste o anti-razziste, essendo scelte tecniche a-ideologiche, e che oltretutto dipendono da situazioni contingenti).