Le elezioni regionali del 2014 in Emilia Romagna passeranno alla storia come le elezioni in cui gli elettori emiliano romagnoli si sono meno recati al voto. Mai nella storia dell’Italia repubblicana più della metà degli elettori fra Piacenza e Rimini avevano scelto di disertare il voto. Questo è ovviamente il primo dato che balza agli occhi. Ma ce ne sono molti altri, che vale la pena di sottolineare, a cominciare dal peso deile liste e dalla distribuzione territoriale del voto.
Come si è detto, l’affluenza non è mai stata così bassa. Nel grafico possiamo notare come la partecipazione al voto sia sempre stata superiore all’80% per le elezioni politiche (i dati si riferiscono alla Camera, per la quale tutti i cittadini maggiorenni possono votare), mentre per le elezioni europee e regionali tale dato calasse al 70% circa. Quasi il doppio però di quanto registrato domenica scorsa, quando l’affluenza si è fermata a un misero 37.7%.
Se andiamo invece a guardare a come l’affluenza si spalmi sul territorio regionale, vediamo come si vada dal 33,45% di Rimini al 41,30% di Ravenna. La semplice equazione fra forza dei partiti post-comunisti (PDS, DS e PD) e partecipazione al voto sembra in un qualche modo indebolita dai dati di Reggio Emilia. Questa provincia, pur a fronte di un buon risultato e a uno storico radicamento del PD, vede un’affluenza sotto la media regionale. L’aumento dell’astensionismo è infatti particolarmente marcato proprio a Reggio e anche a Forlì Cesena, dove si attesta attorno al 35% in meno rispetto a maggio 2014. In ogni caso rimane una correlazione fra forza del centrosinistra e affluenza al voto, evidenziabile dallo zoccolo centrale delle province (MO, BO, RA) che occupano il podio in questa competizione fra gamberi.
Concentrandoci invece sui voti alle liste emergono altri dati interessanti. I dati completi potete trovarli qui, e fanno da background a questa analisi. Se in primis ci focalizziamo sui risultati in percentuale sui votanti, il PD non viene mai insidiato e si conferma sempre alla guida della propria roccaforte emiliano romagnola. Nelle ultime quattro tornate elettorali il ruolo degli alleati è sempre stato marginale nella coalizione di centrosinistra, e il partito principale non è mai sceso sotto il 37% (Politiche 2013). (1)
Applicando la stessa prospettiva al centrodestra, notiamo come lo scenario sia più composito. Qui sta la grande novità delle regionali 2014: per la prima volta la Lega Nord supera Forza Italia. Quindi non solo il partito di Salvini fa registrare la sua migliore performance in terra emiliano romagnola, ma questo lo porta a diventare – almeno qui e ora – l’asse portante della coalizione conservatrice. Il ruolo delle liste di destra (date dalla somma della Destra di Storace e di Fratelli d’Italia, nelle varie tornate elettorali) risulta sempre marginale. Ma un altro dato balza subito all’occhio: la competitività del centrodestra è scesa notevolmente dal 2010. Dopo le due tornate disastrose del 2013 e 2014, solo a novembre la coalizione ritorna a sfiorare quota 30%.
Proseguiamo la nostra analisi tenendo ora conto dei voti assoluti, che colpiscono immediatamente l’osservatore per i loro numeri nell’ultima tornata. Essendo l’affluenza ridotta ai minimi termini, il “peso reale” delle varie liste viene ridimensionato considerevole. Ciò che emerge per il centrosinistra è che l’esplosivo PD di maggio perde per strada quasi 680.000 elettori in pochi mesi. Parimenti, se andiamo a guardare al centrodestra, il supposto plebiscito della Lega appare meno sconvolgente. Quello che questo ultimo grafico a colonna rende più chiaro invece è la vera e propria scomparsa degli elettori del PDL-Forza Italia, pari oggi a un quinto di quelli del 2010.
Per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle, esso perde quasi due terzi dei propri voti rispetto a maggio (per un totale di 284.480 voti), ma cresce di un quarto se confrontato con le regionali 2010, uno dei suoi primi test nazionali. In tal caso l’aumento è di 30.000 voti. Insomma, il M5S evolve in Emilia Romagna verso una forza di terzo piano, dopo un periodo (2011-2013) in cui poteva essere considerata un avversario in qualche modo insidioso per il PD.
Ma veniamo ora alla distribuzione geografica del voto. Il Partito Democratico replica un pattern consolidato che vede Reggio Emilia (50.59%) e Ravenna (48.46%) contendersi la palma di provincia più favorevole al principale partito di centrosinistra. La vera zona di forza rimane, come accennato in precedenza, l’area centra della regione, che corre fra Reggio e Cesena. Al contrario, il PD soffre di più nelle province periferiche di Rimini, Ferrara e Piacenza (dove il candidato del centrodestra Alan Fabbri riesce a imporsi su Stefano Bonaccini del centrosinistra).
Se guardiamo invece alla distribuzione territoriale del voto per la Lega Nord, non ci stupisce trovare al primo posto la settentrionale Piacenza (28.20%), seguita a stretto giro dalla provincia di Ferrara (26.21%), patria del leghista Fabbri. Anche Parma presenta un risultato notevolmente sopra la media, mentre per trovare due province dove la Lega sia sopra la performance regionale bisogna andare in Romagna. Ravenna e Forlì si attestano infatti sul 20%. Lega più bassa invece a Reggio Emilia e Bologna, come da tradizione.
Ma chi andrà ad occupare gli scranni del consiglio regionale? Il PD riceve un premio di maggioranza e si assicura una confortevole maggioranza in via Aldo Moro, con 29 consiglieri eletti, a cui si devono aggiungere i 2 provenienti da Sinistra, Ecologia e Libertà. Al secondo posto si piazzano gli 9 consiglieri della Lega Nord, all’opposizione con i 2 forzisti, 1 eletto per Fratelli d’Italia, 1 per l’Altra Emilia Romagna (lista di sinistra radicale) e i 5 del Movimento a 5 Stelle (che aggiunge 3 consiglieri a quelli eletti nel 2010).
Tuttavia è interessante dare un’occhiata anche al “parlamentino” interno del PD: come si posizionano i consiglieri eletti in base alle varie correnti? Ebbene vediamo come 20 su 29 abbiano dichiarato il loro appoggio a Bonaccini già al tempo delle primarie del PD (che avevamo raccontato qui), mentre 5 sono riconducibili all’ex presidente dell’Assemblea Legislativa e poi deputato Matteo Richetti. 2 sono invece i fedeli a Roberto Balzani, già sfidante di Bonaccini alle primarie, mentre 3 non hanno dichiarato il proprio sostegno a nessuno e sono collocati come indipendenti.
Infine qualche altra considerazione statistica sulla nuova Assemblea Legislativa. Sono 17 le donne elette al consiglio regionale (14 delle quali nelle liste del Partito Democratico, 3 nel Movimento a 5 Stelle), pari al 34%. Un dato rilevante frutto probabilmente dell’introduzione della preferenza di genere e del requisito alle liste di presentare un numero uguale di candidati di genere diverso. L’età media dei nuovi consiglieri regionali è di 43 anni, con il giovane Matteo Rancan (Lega Nord, 23 anni) ad aprire la fila, e Piergiovanni Alleva (Altra Emilia Romagna, 68 anni) a chiuderla. In particolare il gruppo consiliare della Lega Nord si connota per la propria giovane età. La più votata è stata Simonetta Saliera, vicepresidente uscente della Regione, eletta nel PD con 11.967 preferenze. I consiglieri uscenti confermati sono stati 8, 6 dei quali appartenenti al PD, e 2 a Forza Italia.
(1) Da notare che per le Europee la Lista Tsipras è stata considerate parte della coalizione di centrosinistra, essendo SEL parte del cartello elettorale.
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