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Le elezioni regionali che possono incoronare Marine Le Pen

Domenica 6 dicembre i francesi torneranno al voto per le elezioni regionali 2015. Sul piatto ci sono i consigli regionali e le presidenze delle 12 neo-istituite regioni francesi, che si sommano al rinnovo delle cariche analoghe nelle collettività d’Oltremare. Questa scadenza si presenta come particolarmente importante per il sistema politico francese. Da una parte rappresenta, dopo le municipali e le europee del 2014 e le cantonali dello scorso marzo, l’ultimo test nazionale prima delle presidenziali del 2017. Dall’altra si misurerà la consistenza del consenso verso il Front National di Marine Le Pen dopo gli attacchi terroristici di Parigi, e il livello di disaffezione verso la maggioranza socialista al governo. Per questo inquadriamo la questione e cerchiamo di delineare i prossimi scenari.

Quella di domenica sarà la prima tornata elettorale a coinvolgere le nuove regioni francesi. A gennaio il Presidente François Hollande ha portato a compimento il ridisegno della cartina politica francese, che ha visto le regioni passare da 22 a 12 (la meno popolata è la Corsica, mentre la più grande è l’Ile-de-France, dove si trova Parigi). Questa riforma, malgrado non sia stata indolore ed abbia visto svilupparsi un dibattito molto acceso, non ha toccato il cuore dei francesi, che tradizionalmente nutrono una vicinanza politica maggiore verso comuni e i dipartimenti. Si pensi che a marzo solo il 29% dei francesi conosceva il nome del proprio presidente di regione, e il 53% era favorevole alla soppressione dei consigli regionali (sondaggio IFOP per Dimanche Ouest-France). D’altronde, le regioni francesi sono sempre state un riferimento più culturale che politico: create nel 1956 come zone di programmazione economica, nel 1964 diventano regioni amministrative e saranno elette a suffragio universale solo a partire dal 1986. Questo ha avuto un effetto anche sul tasso di partecipazione alle elezioni regionali.

L’affluenza è andata decrescendo negli anni, e secondo gli istituti IFOP, IPSOS e Opinion Way quest’anno dovrebbe attestarsi attorno al 46,6%. Il tema delle elezioni regionali ottengono l’interesse di circa 6 elettori su 10. Particolarmente interessati risultano gli elettori over 50, i pensionati e i funzionari, i nuclei familiari ad alto reddito, i residenti nelle regioni del Nord e dell’Auvergne – che come vedremo sono due regioni  particolarmente contese.

Se ci concentriamo sulle intenzioni di voto, la media dei sondaggi di novembre a livello nazionale ci consegna uno scenario assai chiaro: Front National al suo massimo storico e destra gollista seconda, seppur di poco.

Quindi, se da una parte avremmo un ottimo risultato per il FN (migliorerebbe rispetto al 24,86% delle Europee 2014 e al 25,24% delle Cantonali 2015), dall’altra la destra gollista potrebbe consolidarsi grazie al sostegno degli alleati centristi (UDI e MoDem). Les Républicains, il nuovo partito di Nicolas Sarkozy sorto dalle ceneri dell’UMP (2), tallonerebbe il FN ad appena un punto di distanza (1). Difficile invece prevedere il sostegno verso la lista Débout la France, di ispirazione conservatrice e patriottica e guidata dall’ex UMP Nicolas Dupont-Aignan (candidato a presidente nell’Ile-de-France). Il 4% di cui è accreditata potrebbe essere sovrastimato.

Ma che cambiamenti si sono avuti rispetto a 5 anni fa?

Come possiamo vedere, dall’estrema sinistra al PS la sinistra perderebbe oltre 16 punti, e il primo beneficiario sarebbe ovviamente il FN. Impietoso il confronto con il risultato del 2010, quando la sinistra conquistò 21 regioni su 22. Anche qui abbiamo ricondotto sotto l’ombrello delle principali famiglie politiche il risultato delle liste minori di destra e di sinistra. In sostanza, tutto il baricentro del sistema partitico si sposta a destra, mentre la droite tradizionale si limita a confermare le proprie percentuali, con un incremento di appena 1,2 punti.

Il Front National emerge come un partito che continua ad attrarre elettori provenienti da tutti gli schieramenti. I sondaggi ci dicono infatti che, a fronte di un’alta ri-mobilitazione del proprio elettorato del 2012 (oltre il 90% degli elettori che votarono Le Pen torneranno a votare FN a queste elezioni), il messaggio xenofobo e anti-UE riesce ad intercettare fra il 10 e il 20% degli elettori di François Hollande, Nicolas Sarkozy, Jean-Luc Mélenchon (Front de Gauche) e François Bayrou (MoDem). Sempre secondo i sondaggi TNS Sofres e Opinion Way, il Front National sfonderebbe il 34% fra gli operai, gli impiegati e i tecnici di medio livello, mentre per quanto riguarda le classi d’età avrebbe un consenso abbastanza omogeneo, salvo una leggera diminuzione fra gli anziani. Malgrado questo innegabile successo, il 60% degli elettori vede come un’eventualità negativa il fatto che il FN ottenga una maggioranza nel proprio consiglio regionale, rispetto al 30% dei Républicains e il 38% del PS (sondaggio Harris Interactive). Quindi la formazione dell’estrema destra rimane un partito guardato con molto sospetto da una fetta maggioritaria dell’elettorato.

Ma, al di là delle percentuali e degli spostamenti di voti, quello che sarà importante capire domenica 6, e con tutta probabilità domenica 13, è chi riuscirà ad eleggere il presidente nelle nuove 14 regioni. Per fare ciò bisogna avere una maggioranza assoluta al primo turno, oppure arrivare primi al ballottaggio, secondo il nuovo sistema elettorale introdotto nel 1999 dal governo Jospin. Ecco la previsione dei risultati, sulla base della media dei sondaggi regionali BVA e IPSOS-Sopra Steria.

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A sinistra possiamo vedere le liste che dovrebbero essere in testa al primo turno. Il Partito Socialista si dovrebbe imporre solo in Bretagna, regione tradizionalmente centrista ma spostatasi a sinistra nell’ultimo decennio. Les Républicains dovrebbero arrivare primi in Normandia, nell’Ile-de-France, nell’Aquitaine-Limousin-Poitou-Charentes, nel Centre Val de Loire, nel Pays de la Loire, nell’Auvergne-Rhône-Alpes (sì, questo è l’aspetto negativo di fondere le regioni e di non trovare nuovi nomi) e in Corsica. Il Front National dovrebbe piazzarsi primo nel Nord-Pas-de-Calais-Picardie, in Alsace-Champagne-Ardenne-Lorraine, in  Bourgogne-Franche-Comté, nel Languedoc-Roussillon-Midi-Pyrénées e nella Provence-Alpes-Côte d’Azur (abbreviata simpaticamente in PACA). Lo scenario dei candidati vede i socialisti proporre presidenti uscenti in 6 regioni su 14, con i Républicains che cercano la conferma per il loro governatore dell’Alsazia.

Nella cartina di destra troviamo invece quelle che dovrebbero essere le liste vincenti al secondo turno: il rosa indica il PS, il nero il Front National, il blu scuro Les Républicains, il blu chiaro i gollisti in vantaggio in un ballottaggio incerto. Il secondo turno per le regionali francesi è diverso da quello italiano: possono accedere tutte le liste che abbiano superato il 10% al primo turno, e quindi avremo numerose sfide “triangolari”, ossia sinistra contro destra contro estrema destra. Questo significa che non si dovrà più avere necessariamente la maggioranza assoluta per eleggere il presidente (e disporre di un premio di maggioranza pari a un quarto dei seggi del consiglio) e ciò aumenta il clima di incertezza. Al momento in vantaggio si avrebbero 3 presidenti socialisti (Bretagna, Aquitania e Linguadoca), 4 presidenti Républicains (Loira, Centro, Ile-de-France, Corsica) e due presidenti del FN (Marine Le Pen stessa, nel Nord, e la nipote d’arte Marion Maréchal Le Pen in Provenza). Incerto il risultato di quattro sfide più contese: in Normandia, Borgogna e Auvergne sinistra contro destra, in Alsazia destra contro estrema destra.

Chi canterà vittoria? Il Fronte Nazionale, nel caso riuscisse ad eleggere, come sembra, Marine Le Pen nella regione più settentrionale del paese avrebbe di che gioire, e potrebbe proiettarsi con fiducia verso le presidenziali del 2017. A maggior ragione, nel caso in cui anche la Provenza cadesse in mano all’estrema destra, il risultato sarebbe ancora più eclatante. Da verificare se il secondo turno non metterà in difficoltà i candidati del FN, specie nel caso in cui i socialisti rinunciassero a presentarsi indicando ai propri elettori di votare la destra moderata, in una riedizione del “patto repubblicano” contro l’estrema destra. Nel frattempo, proprio nella regione più settentrionale di Francia, il principale quotidiano locale tradizionalmente vicino ai gollisti ha lanciato una campagna contro il Front National:

Vedremo se l’intensificarsi della campagna, anche mediatica, contro l’estrema destra premierà la compagine moderata. La destra di Sarkozy e dei Républicains parte da una sola regione governata ed inevitabilmente porterà a casa più di un presidente: riuscisse a vincere in tutte le zone dove è competitiva potrebbe dire di controllare 8 regioni su 14. I socialisti devono invece contenere i danni. L’obiettivo di vincere almeno due delle tre regioni incerte in cui hanno chance concrete è il massimo a cui possono aspirare, per poter dire di non essere stati spazzati via da uno scacchiere come quello regionale, che dominavano dal 2004.

 

(1) Tutte le percentuali indicate e il raffronto con il 2010 includono nei partiti maggiori anche le intenzioni di voto verso i partner minori. Nel PS sono inclusi il Parti Radical de Gauche, il Mouvement des progressistes, Ecologie politique, L’union des démocrates et écologistes e tutti gli altri Divers Gauche. Nei Républicains sono inclusi l’UDI, i Modem e gli altri Divers Droite. Allo stesso modo si sono raggruppate le liste alleate dei Verdi e del Front de Gauche.

(2) I partiti gollisti e post-gollisti cambiano frequentemente nome. Dal 1958 ad oggi abbiamo avuto l’Union pour la Nouvelle République (Unr), l’Union pour la Défence de la République (Udr), le Rassemblement pour la République (Rpr), l’Union pour la Majorité Presidentielle poi Union pour un Mouvement Populaire (Ump).

 

Andrea Piazza

Laureato in Politica, Amministrazione e Organizzazione all'Università di Bologna, lavora al servizio Affari Istituzionali dell'Unione della Romagna Faentina. Si interessa di sistemi partitici e riordino territoriale. Ha una grave dipendenza da cappelletti al ragù.

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