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Regno Unito, fra elezioni locali e Brexit

Un anno di test, il 2016, per la politica britannica, che nei prossimi mesi si troverà ad affrontare diversi appuntamenti decisivi nel lungo periodo.

Il 5 maggio, in Scozia, avranno luogo le prime elezioni per il rinnovo del parlamento nazionale dopo il referendum per l’indipendenza, tenutosi nel settembre del 2014. Tutti i principali sondaggi sembrano evidenziare il confermarsi di un trend iniziato subito dopo il referendum e delineatosi con più chiarezza nelle general elections del Maggio scorso, che vede lo Scottish National Party della First Minister Nicola Sturgeon, partito d’ispirazione socialdemocratica e nazionalista, la forza politica che ha guidato la campagna per l’indipendenza, in netto vantaggio sul Labour, che rischia di giocarsi il secondo posto con i Conservatori, e i LibDem in posizione ormai marginale. Nel grafico, l’ultima rilevazione delle intenzioni di voto (di lista) dell’istituto IPSOS MORI:

Analogamente, anche nel Galles si voterà per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale. Il Labour, che governa dal 1999, l’anno della devolution, potrebbe uscire fortemente ridimensionato da questa tornata elettorale a favore dello UKIP e del junior partner della coalizione di governo, il partito nazionalista d’ispirazione socialdemocratica Plaid Cymru. Questa l’ultima rilevazione sulle intenzioni di voto (di lista) dell’istituto YouGov:

In Inghilterra invece, gli elettori saranno chiamati alle urne per rinnovare per intero o in parte i Consigli di Metropolitan Boroughs, Unitary Authorities, e District Councils. Molti dei principali centri urbani del Regno Unito saranno interessati da questa tornata elettorale, come Manchester, Birmingham, Sheffield, Leeds, Liverpool e soprattutto, Londra. La capitale viene da otto anni di governo conservatore, da quando nel 2008 Boris Johnson, l’eclettico sindaco uscente, (ora deputato eletto nel collegio di Uxbridge e South Ruislip) ha sconfitto Ken Livingstone, soprannominato ‘Ken il Rosso’ per le sue posizioni radicali, un personaggio tutt’ora molto controverso della sinistra del Labour, che già negli anni ’80 aveva guidato il Greater London Council prima che fosse abolito dal governo conservatore di Margaret Thatcher, per poi diventare Sindaco di Londra nella prima elezione diretta per la carica, nel 2000. L’ultima rilevazione di YouGov vede il candidato del Labour Sadiq Khan, avvocato per i diritti umani, deputato ed ex ministro, in vantaggio sul conservatore Zac Goldsmith, vicino al sindaco uscente, giornalista e deputato anch’esso, esponente fra i più liberal del suo partito:

Il quadro generale che emerge da quanto visto finora, con l’eccezione della specifica partita di Londra, riflette la profonda crisi del partito laburista a livello nazionale. Il Labour infatti, dopo la pesante sconfitta delle elezioni generali dello scorso anno, fa fatica con la nuova leadership a presentarsi all’elettorato come una valida alternativa di governo, rispetto ai conservatori. Il riposizionamento, nei toni e nel merito della proposta politica, verso un modello di sinistra più radicale e poco innovativo operato dalla leadership di Jeremy Corbyn ha infatti alienato al Labour non soltanto le simpatie dell’elettorato più moderato, ma anche una componente determinante come i cosiddetti ‘aspirational voters’, quella categoria di elettori che ambiscono a migliorare la propria posizione sociale e la propria condizione economica.

Parallelamente alle elezioni locali, si inizia a delineare il profilo dell’altra partita fondamentale di quest’anno, il referendum per la permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea, che si terrà il 23 Giugno. Labour, Liberal Democratici, Verdi e i partiti nazionalisti di Scozia e Galles sosterranno l’accordo raggiunto dal governo per la permanenza nell’Unione, mentre UKIP e Unionisti faranno campagna per l’uscita. Il Partito Conservatore invece non prenderà una posizione ufficiale: se infatti il Primo Ministro David Cameron insieme a 11 dei 17 membri del governo sosterrà l’accordo per la permanenza, autorevoli suoi esponenti come il sindaco di Londra Boris Johnson, sei ministri e molti altri, hanno aderito alla campagna per uscire dall’UE. L’ultima fotografia fatta dall’agenzia Survation mostra un vantaggio del fronte che sostiene l’accordo, con una quota di indecisi pari al 19% del totale:

Come è chiaro dal grafico, ci sono differenze molto rilevanti nel rapporto con l’Europa nelle diverse nazioni che costituiscono il Regno Unito. Questo significa che l’eventuale Brexit rischierebbe prima di tutto di mettere in crisi lo stesso patto costitutivo alla base del paese. Inoltre l’esito del referendum, qualunque esso sia, influirà in modo determinante sugli equilibri politici, soprattutto interni al Partito Conservatore.

Gianmarco Carnevale

22 anni, liberal e un po' snob. Amo l'arte, la letteratura e la moda e credo nel bello.

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