Le dimissioni della ministra Guidi sono state il fatto politico di questi giorni. Eppure, in Italia capita spesso che un ministro si dimetta a seguito di uno scandalo. Del resto, gli scandali non sono mai mancati nel nostro Paese: non solo quelli che hanno riguardato un singolo membro del governo, ma anche quelli che hanno travolto interi partiti.
Negli ultimi dieci anni vi sono state molte dimissioni, non solo legate a inchieste giudiziarie. Nel 2006 il ministro Roberto Calderoli si dimise dopo aver mostrato in tv una maglietta con una vignetta su Maometto, causando una rivolta anti-italiana in Libia. Un mese dopo, Francesco Storace si dimise da ministro della Salute, dopo l’esplosione del “Laziogate” (si scoprì che i suoi avversari alle Regionali 2005 erano stati spiati). Due anni dopo, il fragile governo Prodi cadde a seguito di un’inchiesta della procura di Santa Maria Capua Vetere che indagò il ministro della Giustizia Clemente Mastella. Nuovamente premier, Berlusconi respinse più volte le dimissioni di esponenti del suo governo: ad esempio, quelle dei sottosegretari Bertolaso e Cosentino, indagati per gravi reati. A maggio di quell’anno (2010) però esplose la vicenda Scajola (la casa comprata a sua insaputa) e le dimissioni furono inevitabili. A luglio, si dimise il ministro Aldo Brancher, nominato da appena un mese, sotto processo per il caso della banca Antonveneta.
Nel 2013, a pochi mesi dall’insediamento del governo Letta, un piccolo scandalo colpì la ministra Josefa Idem, che si dimise subito. Ma, soltanto un mese dopo, il ministro Alfano fu al centro di uno scandalo molto più grave (il caso Shalabayeva), eppure non rassegnò le dimissioni. Non lo fece, pochi mesi dopo, nemmeno Annamaria Cancellieri, ministro della Giustizia, dopo la telefonata in cui si dichiarava “a disposizione” dei Ligresti, amici di famiglia. A gennaio 2014, la ministra Nunzia De Girolamo, anch’essa finita in intercettazioni imbarazzanti che riguardavano nomine alla Asl di Benevento, si dimise.
Cambia governo, Renzi sostituisce Letta, ma continuano i problemi: indagati, si dimettono i neonominati sottosegretari Barracciu (Pd) e Gentile (Ncd). A marzo è il turno di Maurizio Lupi, potente ministro delle Infrastrutture, ancora una volta per un’intercettazione imbarazzante.
Perché alcuni ministri si dimettono e altri no? La risposta è forse nella combinazione di due fattori: quanto lo scandalo è effettivamente insostenibile per il governo; e quanto è “pesante” la posizione del ministro coinvolto. Figure “pesanti” come Alfano, anche se coinvolti in scandali molto gravi, possono restare al loro posto se da questo dipende la sopravvivenza stessa del governo. Al contrario, ministri poco influenti politicamente (come la Idem, o la stessa Guidi) possono essere facilmente scaricati per evitare contraccolpi.
Si può misurare in qualche modo il peso degli scandali che periodicamente toccano la politica? In certi casi sì, in particolare quando la vicenda, più che una singola persona (anche se si tratta di un ministro), coinvolge un intero partito. Nel grafico abbiamo evidenziato l’andamento dei consensi a quattro diversi partiti interessati da scandali di un certo peso. Nel 2012, prima la Lega Nord (con lo scandalo legato al tesoriere Belsito, le lauree del “Trota”, i diamanti…) e poi l’Italia dei Valori (con l’inchiesta di Report sulla gestione poco trasparente del partito e dei suoi beni immobili) crollarono nei sondaggi nel giro di poche settimane. In tempi più recenti, invece, lo scandalo Lupi non ha intaccato più di tanto i consensi al Ncd (il cui elettorato è forse meno “sensibile” di fronte a episodi di questo genere). Questo malgrado i sondaggi dicessero che oltre il 60% degli elettori riteneva appropriate le sue dimissioni. Lo stesso Partito democratico non sembra aver risentito di un calo dei consensi negli ultimi mesi, nonostante lo “scandalo” che ha colpito uno dei suoi ministri di punta, Maria Elena Boschi (o meglio, i suoi parenti) per la vicenda di Banca Etruria. Ed è presto per stabilire se il caso Guidi abbia avuto un impatto, ma per un recente sondaggio di Ipr il 62% degli italiani pensa che abbia fatto bene a dimettersi. La nostra ipotesi sull’influenza del “peso” dei ministri sulla decisione di dimettersi è confortata dal fatto che, secondo lo stesso sondaggio, solo un intervistato su 4 sapeva che la Guidi fosse ministro.
Infine, va sottolineato che quest’ultima vicenda giudiziaria (legata alle attività di estrazione di petrolio) può avere effetti sull’esito del referendum sulle trivellazioni in mare del prossimo 17 aprile. Secondo Ipr, solo il 10% degli italiani si dichiara ben informato in proposito; il 62% si ritiene informato in modo approssimativo, mentre 3 italiani su 10 si dichiarano del tutto non informati. Lo scandalo può avere l’effetto di puntare indirettamente i riflettori su una consultazione su cui gli italiani sanno ancora troppo poco.
Articolo pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 5 aprile a cura di Salvatore Borghese e Andrea Piazza
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