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Per un pugno di voti: Presidenziali Austria 2016

Solamente lunedì pomeriggio, scrutinati i voti postali, si è potuto dire con certezza che le elezioni per la Presidenza della Repubblica federale austriaca sono state vinte da Alexander Van der Bellen.

Professore universitario, leader dei Verdi fra il 1997 e il 2008 e poi amministratore comunale a Vienna, Van der Bellen ha raccolto 2.254.485 voti, pari al 50,3% dei suffragi. A soli 31.026 voti di distanza troviamo Norbert Hofer, ingegnere 45enne candidato della FPÖ (Partito della Libertà austriaco), che i sondaggi della vigilia davano come favorito. Per la prima volta un esponente di un partito di estrema destra, euroscettico ed anti-rifugiati è quasi riuscito a diventare Capo di Stato di un paese europeo: ciò ha sollevato molti interrogativi sulle prospettive future dell’Unione Europea e sul suo rapporto con un elettorato che in diversi stati membri va spostandosi sempre più su posizioni anti-sistema. Ma la crescita della FPÖ è stata inattesa?

Nel grafico troviamo i risultati alle elezioni politiche ed europee degli anni Duemila, a cui abbiamo aggiunto i risultati del primo turno delle presidenziali 2016. Come possiamo vedere vi è stato un progressivo calo della SPÖ (il partito socialdemocratico austriaco) e della ÖVP (la formazione cristiano-popolare), che sono (erano?) i cardini del sistema partitico austriaco. Parallelamente si sono affermati i Verdi, ormai stabilmente sopra il 10%, ma soprattutto la destra radicale, che veleggia oltre il 20%. Questo risultato è frutto anche del declino del partito rivale della BZÖ (Alleanza per il futuro dell’Austria), che non è riuscita a sopravvivere alla morte del leader carismatico Jörg Haider ed è andata scomparendo dal 2013 ad oggi.

Il progressivo rafforzamento del Partito della libertà però non è frutto soltanto di un afflusso di elettori da altri partiti dell’ultradestra, al contrario molti voti giungono dalle formazioni politiche tradizionali, come ci mostrano i flussi elettorali fra elezioni politiche 2013 e secondo turno delle presidenziali 2016.

 

Il 40% degli elettori popolari e il 28% degli elettori socialdemocratici 2013 decidono di votare per Hofer al secondo turno, voti che si aggiungono agli euroscettici del Team Stronach nel determinare un enorme afflusso di nuovi sostenitori verso la FPÖ: solo il 39% dei voti raccolti domenica vengono da elettori che avevano votato il partito di destra alle politiche di tre anni fa. Come abbiamo visto dal risultato complessivo, questo spostamento non è stato sufficiente a determinare la vittoria di Hofer (il 60% degli elettori SPÖ e il 44% di quelli ÖVP decidono pur sempre di seguire le indicazioni di partito e votare Van der Bellen) ma ha reso fortemente competitivo un candidato posizionato sull’estrema destra dello schieramento politico. Non stupisce infine il forte sostegno (82%) degli elettori della piccola formazione liberale ed europeista NEOS al candidato dei Verdi.

Spostandoci ai flussi elettorali tra primo e secondo turno delle elezioni 2016 abbiamo alcune conferme e qualche novità:

 

Innanzitutto è minima la dispersione dei voti fra primo e secondo turno da parte di chi aveva già votato Hofer e Van der Bellen (l’affluenza contestualmente aumenta dall’68,5% al 72,7%). Inoltre, i pochi elettori socialdemocratici continuano ad appoggiare (69%) il candidato dei Verdi in funzione anti-Hofer, che beneficia anche di una porzione consistente degli elettori dell’indipendente Griss (64%) e dal ritorno al voto di cittadini che erano scivolati nell’astensione (208.000 voti). Tuttavia la capacità attrattiva della FPÖ è confermata anche al secondo turno, riuscendo ad aggiungere oltre 730.000 elettori al proprio pacchetto del primo turno, fra cui spicca il 42% degli elettori ÖVP. Insomma, il dato è chiaro: la destra radicale austriaca riesce a mobilitare quote rilevanti degli elettori ed ex-elettori dei partiti tradizionali al governo e specialmente del partito popolare.

Questo aspetto è sottolineato anche dalla distribuzione territoriale dal voto. Norbert Hofer riesce ad importi infatti non solo nelle tradizionali roccaforti della destra radicale in Austria (cioè gli stati federati della Stiria e della Carinzia, quest’ultima guidata da Haider fino al 2008), ma anche nelle zone orientali del Burgenland (Hofer 61,4%) e della Bassa Austria (Hofer 52,6%), zone di forza della sinistra.

 

L’Austria rurale vota per Hofer, mentre le maggiori città e il loro hinterland sostengono Van der Bellen: a Vienna il candidato dei Verdi raggiunge il 63,3% per un totale di quasi mezzo milione di voti. Questo cleavage territoriale è vero per tutte le cinque prime città del paese, le uniche che superano i 100.000 abitanti (oltre alla capitale, Graz, Linz, Salisburgo e Innsbruck): Van der Bellen raccoglie fra queste il 63,1% dei voti e soltanto a Salisburgo il candidato della destra riesce a superare di poco il 40%. Un altro dato da sottolineare è l’impatto del tema dei richiedenti asilo: su 44 Comuni al confine con l’Ungheria, zona calda per il notevole afflusso di profughi dai Balcani, Hofer arriva primo in 43 e in 33 di questi supera addirittura il 60%. Un collegamento che troviamo anche nel 4 Comuni del distretto del Brennero, dove stravince il candidato anti-immigrati: Gschnitz (Hofer 73,3%), Obernberg am Brenner (71,7%), Gries am Brenner (68,1%), Vals (72,5%).

Infine, l’ultimo dato che vogliamo analizzare è quello della composizione del voto per i due candidati, grazie ai sondaggi realizzati alla fine della scorsa settimana da ISA/SORA per ORF e che scompongono gli elettorati per genere, occupazione, titolo di studio.

La prima spaccatura è quella fra uomini e donne: mentre i primi sostengono Norbert Hofer, le donne votano in modo altrettanto netto per Alexander Van der Bellen. Notevoli differenze le abbiamo anche per quanto riguarda le professioni: gli operai votano in maniera schiacciante (86%) per il candidato della destra radicale, mentre meno eclatante è il suo vantaggio fra i lavoratori autonomi. I dipendenti pubblici e gli impiegati sostengono invece il candidato dei Verdi con un buon margine sopra Hofer.

Un altro dato evidenziato dallo studio è che all’aumentare del titolo di studio si associa un più chiaro sostegno per Van der Bellen: è votato da una minoranza degli elettori in possesso della licenza della scuola dell’obbligo, di un titolo di apprendistato breve o di formazione professionale, mentre vince una sorta di plebiscito fra i diplomati e i laureati. Infine, la motivazione del “voto contro” per evitare che l’altro candidato guadagni la presidenza è indicata come principale motivazione di sostegno da parte di quasi la metà degli elettori di Van der Bellen, mentre questa percentuale si ferma a meno di un terzo per Hofer, ad indicare un voto più incentrato sulle issues (euroscetticismo, rifiuto degli immigrati, sicurezza…).

Un’analisi approfondita dei risultati austriaci dipinge uno scenario in cui gli elettori dell’ultradestra non sono più una (rumorosa) minoranza in Austria: sono numerosi, hanno background politici e territoriali diversi pur essendo concentrati in determinati settori sociali (bassa qualifica e bassa istruzione). Insomma, sono qui per restare, e a questo dovrebbero rispondere le leadership di SPÖ e ÖVP, che al secondo turno erano già fuori dai giochi.

Andrea Piazza

Laureato in Politica, Amministrazione e Organizzazione all'Università di Bologna, lavora al servizio Affari Istituzionali dell'Unione della Romagna Faentina. Si interessa di sistemi partitici e riordino territoriale. Ha una grave dipendenza da cappelletti al ragù.

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