C’è un gap tra sondaggi e voti reali. Un gap che racconta l’impatto della comunicazione e l’influenza dello storytelling sulle campagne elettorali nelle ultime due settimane, nel corso delle quali è vietato per legge pubblicare sondaggi. Dal confronto dei voti reali con la Supermedia emerge con chiarezza un elemento evidente: il Pd è l’unico partito che in nessuna città è riuscito a smuovere gli elettori con uno shock comunicativo. L’effetto-Renzi sembra aver esaurito la sua forza ed in queste elezioni ha avuto un impatto nullo.
Le ultime due settimane di una campagna elettorale sono, dal punto di vista della comunicazione, la fase in cui si cerca di mettere in campo le azioni più incisive e le informazioni più penetranti e mobilitanti. È un momento in cui molti elettori maturano la propria intenzione di voto e le agende informative dei candidati possono incedere con forza. Si tratta di un tentativo che non sempre, però, procude gli effetti sperati. È il caso di Napoli, dove l’investimento del Pd è stato importante e dove Renzi ha provato a replicare su scala locale, con i finanziamenti per Bagnoli, lo schema nazionale degli 80 euro: ma l’impatto comunicativo è stato nullo, la candidata del Pd non è andata al ballottaggio attestandosi al 21%, come previsto dai sondaggi che la davano di poco sopra il 20%. De Magistris ha raggiunto il 42,6% impostando il proprio posizionamento su una totale contrapposizione al premier e così ha superato di circa 6 punti le stime che lo davano in media poco sotto il 37%.
A Roma si sono registrate due tendenze inversamente proporzionali. Da un lato Marchini che ha visto spegnersi nel corso della campagna il suo appeal annullando il suo punto di forza (la sua distanza dai partiti) con la decisione di allearsi con Berlusconi e Alfano. Un trend che si è consolidato nelle ultime settimane ed infatti il candidato su cui ha virato Berlusconi si è attestato, con il 10%, molto al di sotto del valore della Supermedia, che lo dava al 17%. La sua immagine impostata sulla distanza dalla politica si è logorata e si è accompagnata ad alcune gaffe nelle dichiarazioni alla stampa. Dall’altro lato Virginia Raggi, nonostante i media abbiano attribuito qualche gaffe anche a lei, è andata con il 35,3% ben oltre le stime dei sondaggi (29%), non risentendo nemmeno dell’effetto delle vicende Pizzarotti-Nogarin. Un dato che conferma anche qui l’impatto zero delle polemiche sui Cinquestelle e allo stesso tempo l’effetto nullo della presenza di Renzi negli ultimi giorni di campagna elettorale (dal momento che Giachetti ha sostanzialmente confermato il 23,6% degli ultimi sondaggi).
Per quel che riguarda Milano, invece, Giuseppe Sala ha registrato un +2% rispetto alla Supermedia, ma dal punto di vista dell’immagine ha forse visto indebolirsi la spinta propulsiva data dalla sua immagine di Mister Expo 2015. Un logoramento dovuto anche al tempo: Sala ha avuto per molti mesi una grande esposizione mediatica, e questo ha tolto al candidato del Pd l’effetto novità. Effetto che Stefano Parisi, invece, è riuscito a sfruttare ottenendo un risultato superiore di 4 punti percentuali (40,8%) rispetto a quanto previsto (36,7%).
Questi sono gli elementi chiave della comunicazione che hanno probabilmente influito sul gap tra sondaggi e voto reale. Le ultime settimane di campagna elettorale si sono rivelate come sempre decisive perché è nell’ultima fase che gli elettori prendono la decisione definitiva sul voto, in particolare gli indecisi. Ora staremo a vedere se al ballottaggio chi rincorre riuscirà a trovare la chiave comunicativa giusta per mobilitare ed erodere il consenso di chi parte da una posizione di vantaggio. Una sfida affascinante dove la comunicazione ha un ruolo chiave e può portare a dei veri e propri capovolgimenti di fronte.
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