Alla vigilia del primo turno di queste elezioni Amministrative – il secondo turno si terrà domenica prossima – avevamo analizzato la diffusione del voto disgiunto in occasione delle Amministrative negli anni passati: in particolare, ci si era soffermati sulle elezioni comunali 2014 e 2015 nei comuni capoluogo superiori ai 15.000 abitanti, confrontando la percentuale di voti “solo sindaco” e il peso del voto disgiunto con le tornate precedenti negli stessi comuni.
Ci eravamo soffermati su queste due tornate per misurare – come si ricorderà – l’eventuale impatto delle nuove norme sulla disposizione grafica delle schede elettorali per le elezioni comunali. Il sospetto era che l’area dedicata al nome del candidato sindaco (ora più ridotta rispetto agli altri elementi, ossia i simboli delle liste della coalizione) avesse avuto l’effetto di limitare l’utilizzo del voto disgiunto.
Per verificare questo sospetto – poi rivelatosi fondato – avevamo calcolato innanzitutto la percentuale dei voti “solo sindaco”, ipotizzando una relazione causale tra dimensioni dell’area destinata al nome dei candidati a sindaco e la quota di voti che gli elettori si “accontentano” di destinare a questi ultimi senza votare anche una lista. In seguito, era stata calcolata la differenza tra la percentuale di voti complessivamente ottenuto da ciascun candidato sindaco (comprendente anche i voti dati solo alle liste facenti parte della loro coalizione) e la percentuale ottenuta dalle relative coalizioni di liste in loro sostegno – denominando questa differenza “peso del voto disgiunto”.
In entrambi i casi, avevamo registrato una sensibile diminuzione: sia il voto “solo sindaco” sia il peso del voto disgiunto sono nettamente diminuiti in occasione delle Comunali 2014 e 2015 – quando cioè la nuova normativa ha interessato i comuni superiori chiamati alle urne per il rinnovo dei rispettivi consigli comunali.
In chiusura, ci eravamo chiesti se il primo turno di queste Comunali 2016 avrebbe confermato – oppure smentito – tale tendenza. Vediamo quindi rapidamente i risultati, relativi ai 19 comuni capoluogo delle regioni a statuto ordinario andati al voto lo scorso 5 giugno.
Per quanto riguarda i voti “solo sindaco”, nel 2016 sono stati in media il 4,81%; nella tornata precedente, gli stessi comuni avevano fatto segnare un valore medio di ben tre punti superiore: 7,85%. In particolare, il calo è molto più netto nei comuni del Nord (che passano dal 10% al 5,9%) e in quelli delle Zone Rosse (dal 10,6% al 4,5%); nei comuni del Centro-Sud il calo è meno sensibile: dal 5,65% al 4,36%.
Il peso del voto disgiunto a sua volta cala, anche se non in maniera eclatante: il dato medio passa dal 5 al 4,5%; il calo si manifesta in modo molto più netto nei comuni delle Zone Rosse (dove si dimezza, passando dal 2,8% all’1,4%), ma anche qui al Centro-Sud si assiste ad una diminuzione molto meno sensibile (dal 7,6% al 7,4%).
Anche in questa tornata, quindi, si è assistito ad un calo sia per quanto riguarda la quantità di elettori che hanno votato solo un candidato sindaco e non anche una lista, sia per ciò che concerne il peso del voto disgiunto. Ed anche in questa occasione il calo ha riguardato tutte e tre le zone del Paese (Nord, Zone Rosse, Centro-Sud) considerate, con la conferma di un comportamento di voto nei comuni Centro-Sud molto diverso da quello dei comuni delle altre aree.
Con i dati 2016 a disposizione, è possibile aggiornare i nostri grafici confrontando il “prima” e il “dopo” rispetto alle modifiche legislative di cui si è detto: il “campione” di comuni su cui si è basato lo studio infatti è ora aumentato a ben 56 comuni capoluogo. La percentuale di voti “solo sindaco” in questi 56 comuni è scesa dal 6,5% del periodo 2009-2013 al 3,2% del triennio 2014-2016.
Il peso del voto disgiunto è diminuito anch’esso, passando da un valore medio del 3,6% al 2,8%. Come detto, però, nei soli comuni andati al voto nel 2016 questa diminuzione è stata meno sensibile: dal 5% al 4,5%.
Qualche osservazione va fatta in merito ai 4 comuni maggiori: Roma, Milano, Napoli e Torino. Queste 4 città sono particolarmente importanti: non solo perché da sole costituiscono un “campione” di oltre 5 milioni di elettori; non solo perché vincere la competizione in questi comuni ha sempre avuto – ed ha tutt’oggi – una forte valenza politica; ma anche perché il sindaco di ciascuna di queste città spesso è stato un politico con un background (o con un futuro) nella politica nazionale, con una notorietà presso i cittadini – è lecito supporre – superiore alla media. Quindi è particolarmente utile fare un confronto con i dati registrati a livello generale.
Partiamo dai voti “solo sindaco”: prevedibilmente, questa quota di voti è superiore alla media del campione: a fronte di un dato del 4,8% nei comuni andati al voto nel 2016, nelle 4 città maggiori si oscilla tra il 6 e il 9%. Un dato, anche qui, in netto calo rispetto alla tornata elettorale precedente, quando il valore si era attestato tra il 10 e il 15% – e nel periodo 2009-2013 era stato inferiore al 7%. Questo dato sembra confermare l’ipotesi per cui, nonostante le modifiche legislative, i candidati sindaco nelle città principali godono di una visibilità superiore alla media, che porta una quota di elettori superiore alla media a votare solamente per il candidato sindaco. Interessante il caso di Roma, dove ben 9 elettori su 100 non votano alcuna lista (nonostante un’offerta estremamente generosa e variegata): non è da escludere che si tratti di un’ennesima spia del malcontento verso i partiti nella Capitale.
Veniamo al peso del voto disgiunto. Anche in questo caso assistiamo ad un calo, con l’eccezione di Torino che fa registrare un lievissimo aumento (ma il dato di partenza era un già bassissimo 0,68). Si conferma il dato “anomalo” di Napoli, che fa registrare un dato molto superiore alla media nazionale (ma inferiore al dato relativo al solo Centro-Sud, vedi secondo grafico), e che comunque cala di molto: anche in questa tornata il candidato De Magistris sembra aver beneficiato più degli altri del voto disgiunto (tre punti percentuali in più rispetto alle sue liste), ma l’effetto si è notevolmente ridotto rispetto a 5 anni fa.
In conclusione, le Amministrative 2016 confermano un trend che abbiamo già segnalato in relazione alle tornate 2014 e 2015. Le nuove norme sembrano aver avuto degli effetti chiari: una limitazione del “peso elettorale” dei candidati sindaci e una diminuzione dell’impatto del voto disgiunto sul risultato finale. Questi effetti si riscontrano nella quasi totalità del campione di comuni considerato. Ma persistono alcune realtà – in particolare al Centro-Sud – in cui questa tendenza, pur verificandosi, non “stronca” l’utilizzo del voto disgiunto, limitandosi a ridimensionarlo. Per quanto sia ormai fuor di dubbio che le norme introdotte nel 2014 abbiano avuto ceteris paribus l’effetto di limitare il voto disgiunto, l’impressione è che anche in questo caso siano i fattori locali (tra cui popolarità dei candidati, composizione delle coalizioni, etc) a determinarne l’entità finale.
Porto qui il mio parere, “forte” di una esperienza di 20 anni come presidente di seggio. Effettivamente quest’anno anche nella mia sezione ho verificato una rilevante diminuzione delle schede con il voto per il solo sindaco. E confermo, credo che in gran parte sia dovuto al formato della nuova scheda, è indubbio che era meno evidente il nome del sindaco e la possibilità di votare solo per lui. E questo in parte, anche se minima, si sarà rilevato pure sul voto disgiunto. La vecchia scheda era in effetti molto più intuitiva, lasciava evidente la possibilità di avere 2 croci a disposizione.