Perché un consulente in strategie di comunicazione, specializzato in strategie elettorali, dovrebbe aprire un blog in pieno agosto, lontano (ma non troppo) da elezioni e campagne elettorali? A dire il vero non c’è altra ragione oltre alla ispirazione.
Le campagne elettorali e le strategie di comunicazione per conquistare e mantenere il consenso rappresentano buona parte del mio lavoro da molti anni, precisamente dal 2011, quando a 22 anni, assieme a qualche amico folle, ho fondato Quorum. Da allora, abbiamo curato decine di campagne elettorali, dalla Val d’Aosta alla Puglia. Giusto per citare qualche esempio, ricordo la campagna per le regionali del Friuli Venezia Giulia al fianco di Debora Serracchiani, curata assieme a Proforma e a Eggers, la campagna per le primarie di Pippo Civati nel 2013, le campagne di Vincenzo De Luca, Pierfrancesco Majorino e Beppe Sala negli ultimi mesi.
Ecco, proprio sugli ultimi mesi, e in particolar modo sulla tornata elettorale del 2016, vorrei soffermarmi in questo mio post inaugurale.
Perché quest’ultimo anno è stato per molti versi sorprendente e rivoluzionario nei risultati. Per altri aspetti, invece, è stato la conferma di un trend che parte da lontano.
Cosa emerge dunque dal voto comunale del 2016 per quanto concerne le campagne elettorali?
Sono principalmente tre le lezioni che possiamo apprendere da questo voto, che ha interessato più di mille comuni italiani, e da questi mesi di lavoro strategico.
1) It’s the message, stupid. È il messaggio a fare la differenza. I materiali creativi, le personalità in campo, l’uso dei social media, la mobilitazione, sono tutti aspetti importanti delle campagne elettorali. Ma alla fine, per vincere, serve un messaggio semplice, coerente, in sintonia con le esigenze degli elettori. Virginia Raggi a Roma ne è un esempio perfetto, ma anche altrove è emersa questa tendenza: da Milano, dove Stefano Parisi alla fine ha sofferto l’incoerenza tra il proprio messaggio di rinnovamento per una città liberale e l’alleanza con la Lega e i gruppi neofascisti, e dove Beppe Sala ha incentrato il messaggio sulla propria persona, sulla propria credibilità di manager dedicato alla città, concreto e moderato; fino a Torino, dove si sono scontrati un messaggio di continuità puro e uno di cambiamento radicale, e a vincere è stato quello che più si avvicinava alle volontà e alle richieste dell’elettorato. Questo primato del messaggio emerge chiaramente anche dalla ricerca Quorum presentata al seminario della Società Italiana di Studi Elettorali dello scorso luglio da Davide Policastro e Martina Carone: secondo le interviste effettuate su un panel composto da 83 studenti ed esperti in comunicazione politica, è il messaggio l’elemento fondamentale di una campagna elettorale, seguito dalla mobilitazione e dall’analisi dello scenario. Non è una novità nella storia della comunicazione politica, ma la conferma empirica di un trend sempre più evidente.
2) Outsider is the new incumbent. Se vent’anni fa per i sindaci uscenti la rielezione rappresentava poco più di una formalità, oggi è l’esatto opposto. A livello nazionale soffia impetuoso un vento di cambiamento, sempre più forte ed evidente, e ciò si ripercuote anche a livello locale. Nelle grandi città al voto, gli unici sindaci uscenti confermati sono il cagliaritano Zedda e il napoletano De Magistris, e non a caso si tratta di due figure di rottura, esponenti non tradizionali di partiti che a livello nazionale non hanno incarichi di governo. Torino, su questo aspetto, è esemplare: un Sindaco apprezzato (nettamente sopra il 50% di gradimento in ogni rilevazione) viene sconfitto da una candidata senza esperienze di governo della città. Il trend nazionale, oggi, parla il linguaggio del cambiamento. I candidati che riescono a interpretarlo nel proprio messaggio diventano evidentemente i favoriti. Ed è logicamente difficile riuscire a interpretare il cambiamento dopo cinque anni di amministrazione, anche se a Napoli la campagna elettorale di Luigi De Magistris ha mostrato spunti interessanti – sebbene difficilmente replicabili, dato il contesto caratteristico della città partenopea. Non è stato affatto banale l’attacco violento, ripreso da molti media nazionali, del Sindaco di Napoli al premier Matteo Renzi durante il comizio di apertura della campagna elettorale: un modo per nazionalizzare una sfida locale, per distogliere l’attenzione dalla pura amministrazione, un terreno sul quale un sindaco uscente difficilmente può porsi in discontinuità con se stesso.
3) On vote pour un homme. Pas pour un parti. Si votano le persone, non i partiti. Non lo dico io, lo dice, da tempo, il maestro Jacques Séguéla. Quando un candidato riesce a interpretare le istanze dei cittadini, e lo fa con un messaggio forte e coerente, è difficilmente battibile. Dove però il messaggio è forte, ma il candidato non è in grado di interpretarlo al meglio, e fatica a rappresentare l’eroe credibile della storia che racconta, allora gli elettori scelgono altre vie. Dove i candidati hanno profili simili, è il più forte e credibile a spuntarla. In una città come Milano, ad esempio, con due manager moderati a sfidarsi, la vittoria di Sala al ballottaggio (quando la sfida diventa quindi in modo più chiaro tra due persone, e non tra numerosi candidati e numerose coalizioni) è dipesa anche dalla sua maggiore popolarità e conoscenza rispetto a quella di Parisi, e dalla credibilità che la gestione di un evento come Expo gli conferiva. Il peso dei candidati è ancor più evidente se si guarda il complesso dei comuni al voto, e rappresenta una chiave interpretativa del risultato eccezionale dei candidati civici in molti comuni di medie dimensioni. Quando un candidato civico è ritenuto più autorevole e credibile del candidato del partito di riferimento di un determinato target, in un momento di fluidità elettorale come questo, l’elettore prende sempre più in considerazione la possibilità di votarlo. Il voto di appartenenza diminuisce, oggi contano sempre più le persone. Soprattutto a livello comunale. Chiara Appendino aveva un messaggio perfetto, che coincideva con le richieste di cambiamento della classe dirigente che chiedevano i torinesi, e si inseriva in un momento storico favorevole ai candidati sfidanti. Ma ha vinto perché era il volto credibile, gentile, competente e rassicurante di quel cambiamento invocato dai cittadini e comunicato dal Movimento 5 Stelle.
Viviamo in un periodo di trasformazioni politiche ed elettorali. Una situazione singolare per un Paese come l’Italia, abituato per sessant’anni “a votare sempre allo stesso modo”, per appartenenza, in continuità con i propri padri, con i propri nonni. Oggi in Italia è sempre più alta la quota di elettori fluidi, e agli elettori indecisi su chi votare si sono aggiunti gli elettori indecisi sul recarsi o meno alle urne. Per questo, c’è bisogno di un lavoro di analisi costante non solo dei risultati, ma anche della comunicazione che ha portato candidati e partiti a ottenere quei risultati.
Questo blog nasce anche per questo. Servirà soprattutto a me, per non perdere o trascurare le note a margine delle campagne elettorali in cui sono coinvolto assieme ai miei amici. Per evitare in futuro di commettere errori banali. Per trovare nuove soluzioni strategiche, coerenti e corrette, in campagna elettorale. Per cercare spunti anche da campagne straniere (con Lorenzo Pregliasco e Francesco Costa da mesi stiamo girando l’Italia per raccontare la campagna elettorale americana).
In poche parole, era un blog di cui avevo bisogno.
In bocca al lupo Giovanni! C’è un gran bisogno, nella comunicazione e strategia politica, di competenza, di capacità e soprattutto di valori! Seguirò con attenzione!
Ottimi spunti, essendo di Napoli trovo molto interessante il punto 2. Complimenti per il Blog, il mondo dell analisi elettorale mi affascina molto soprattutto l aspetto strategico. Seguirò con grande piacere questo Blog, sperando di trovare altri spunti da cui sviluppare e concretizzare altra conoscenza del settore. Grazie.
Giovanni, una sintesi perfetta che contiene le regole d’acciaio con cui intraprendere le prossime campagne elettorali.