L’uragano mediatico “Roma” si abbatte sul M5S e la comunicazione dei grillini entra in cortocircuito. Un deficit totale di strategia e un flusso di informazioni incontrollato rischiano di scalfire la reputazione del brand di Grillo. Non hanno funzionato le tecniche spin per smarcarsi dal bombardamento mediatico scatenato dagli eventi della Capitale. Per questo il Movimento è tornato allo storytelling delle origini che li posiziona nell’opinione pubblica non come forza di governo, ma esclusivamente come forza di lotta contro il sistema.
L’emorragia comunicativa del partito di Grillo si articola in diverse fasi, che presentano diversi errori. Ad oggi è evidente che non si è ancora usciti del tutto dal tunnel delle difficoltà e la comunicazione appare sospesa e non risolta in un costante stand by: il clima mediatico è dominato dal senso di attesa per nuovi scandali, liti, indecisioni. La narrazione grillina si è confrontata probabilmente per la prima volta con un sistema di comunicazione incentrato sull’attività di governo dove non basta più muoversi lungo l’asse della critica costante. Il Comune di Roma, inoltre, quanto a peso mediatico è un “attore nazionale” e non locale (come potevano esserlo, ad esempio, Parma e Livorno). Nella prima fase che ha caratterizzato la comunicazione grillina – durante il periodo estivo – il tentativo è stato quello di minimizzare il problema, prendendo tempo e cercando di mantenere tutto circoscritto all’ambito locale. All’opinione pubblica il M5S ha veicolato un concetto di normalità: i tempi di formazione della giunta, le polemiche sulle nomine, le gaffe di sindaco e alcuni assessori sono stati ricondotti ad eventi normali. In questo modo ha cercato di minimizzare i problemi e di dare l’idea di un movimento compatto: il 5 agosto Grillo lancia un segnale di questo tipo con l’hashtag #siamotutticonViriginia.
In questo contesto alle difficoltà di governo si sono aggiunte due bombe mediatiche, che hanno innescato una vera e propria situazione di crisi:
- le dimissioni plurime: dell’assessore al bilancio (Carla Rainieri), del capo di gabinetto (Marcello Minenna), dell’amministratore unico di Ama, Alessandro Solidoro, del direttore generale Marco Rettighieri e l’amministratore unico Armando Brandolese;
- la notizia che l’assessore all’ambiente, Paola Muraro, è indagata dopo che la diretta interessata, il sindaco e Luigi Di Maio avevano più volte sostenuto il contrario.
Queste due situazioni sono deflagrate quasi contemporaneamente mandando in tilt il sistema di comunicazione. Questo anche perché, dal punto di vista della gestione mediatica della vicenda, è stato commesso un errore evidente: quello di concedere diverse interviste smentendo il fatto che Muraro fosse indagata come ha fatto, per esempio, Virginia Raggi il 5 settembre per poi dichiarare, successivamente, di esserne a conoscenza il 7 settembre in sede di audizione in Commissione ambiente alla Camera.
Si tratta di un elemento interno cui si è aggiunto un elemento esterno e nuovo per il M5S: le liti interne che sono finite sui giornali e hanno prodotto un rumore di sottofondo dall’eco mediatico molto potente. Questo vero e proprio uragano mediatico creato da fattori concentrici interni ed esterni ha accerchiato i 5S, che hanno risposto con la tecnica spin del firebreaking, ovvero il tentativo di cambiare inquadratura con la creazione di diversivi (come il post di Beppe Grillo “L’euro è il problema dell’Europa”). Un tentativo che è risultato inadeguato e ha lasciato la nave del M5S in balìa dell’uragano mediatico perché a questa strategia è subentrato il silenzio, che ha così generato ipotesi di retroscena – mai smentiti – da parte dei media.
Per i grillini sono stati giorni difficili in cui è emerso in modo chiaro un deficit di strategia comunicativa e si è persa quella capacità di parlare con una sola voce e con un medesimo stile, un tratto che contraddistingue il M5S permettendogli di avere sempre un posizionamento chiaro agli occhi dell’elettorato. Si può affermare che il brand del M5S in questa occasione ha perso la capacità di fare comunicazione integrata. E ci sono alcuni elementi chiave che segnalano una difficoltà evidente, i Pentastellati hanno perso sintonia con la Rete, dove la loro reputazione viene messa in discussione. Sono due gli elementi di criticità che emergono: uno interno (le liti tra i big del Movimento) ed uno esterno (i malumori della Rete). Questi due elementi comunicativi da gestire sono una novità e paralizzano la comunicazione.
Con l’arrivo del loro principale testimonial, ovvero Beppe Grillo, la comunicazione ha ritrovato direzione, stile e unicità. Nella fase finale infatti il comico ha ammesso le difficoltà (“qualche errore lo facciamo noi”), ma poi la comunicazione si è ritrovata tornando alle origini con lo storytelling classico attaccando ed individuando i soliti nemici: “il sistema” “partiti” e i “media”, come emerge dall’affermazione di Di Battista: “Credetemi, gira tutto intorno alle Olimpiadi il loro attacco. Ovvero l’obiettivo di quei palazzinari che controllano molti giornali e che hanno perso il controllo della Capitale”. Si tratta delle tecniche spin del personaggio Tinca che consiste nella creazione di un personaggio narrativo funzionale alla comunicazione (il sistema) contemporaneamente all’hate speech, un linguaggio che vede i competitor come nemici e non come avversari (“non ci fermeranno”). La sfera istituzionale è la capacità di governo sono scomparse dal campo semantico.
Ora resta da vedere ora se il patrimonio di reputazione è stato intaccato; perché non ci sono stati (solo) errori amministrativi, su cui l’elettorale è disposto ad aspettare e dar fiducia; ma un tradimento dei tratti identitari del brand M5S: l’onestà e la trasparenza. Questo avrà delle conseguenze o meno ce lo possono dire i numeri della Supermedia, che ci diranno se il M5S calerà nei consensi e soprattutto se questo calo diventerà tendenziale.
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