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La caccia grossa è a destra. A Renzi serve l’elettore di B.

Qualche giorno fa ha fatto piuttosto scalpore una frase con cui Matteo Renzi, nel corso di un’intervista al Foglio, ha affermato che “il referendum si vince a destra”.

Il modo con cui il premier ha scoperto le carte della sua strategia, dichiarando apertamente di puntare a conquistare i voti di persone esterne all’elettorato di centrosinistra, ha sollevato molte polemiche. Del resto, è proprio l’elettorato di centrosinistra a vivere le maggiori tribolazioni, a giudicare da come sono divisi i suoi dirigenti, tra renziani entusiasti della riforma e minoranza dem – oltre a tutti i partiti a sinistra del PD – quantomeno scettici, se non fortemente contrari. Ma è proprio così?

Che le elezioni si vincano “al centro”, ossia conquistando elettori che altrimenti potrebbero votare per il proprio avversario, è cosa nota. La cosiddetta “teoria della competizione spaziale” risale ai primi decenni del secolo scorso, e fu perfezionata nella “Teoria economica della democrazia” di Anthony Downs nel 1957. Ma questa teoria è valida quando si è in presenza di uno scenario politico bipolare: se esistono solo due partiti, uno di sinistra e uno di destra, ciascuno di essi per diventare maggioritario dovrà – oltre a mobilitare tutti i propri elettori – prenderne qualcuno dal campo avversario. Quando però si è in presenza di una competizione di tipo “anomalo”, quale è un referendum, le cose sono più complicate. Tanto più che lo scenario politico italiano, attualmente, non è di tipo bipolare, ma presenta un elettorato diviso in tre parti quasi uguali (centrosinistra, centrodestra e M5S).

L’affermazione di Renzi si comprende maggiormente alla luce di questa considerazione: se due dei tre poli sono nettamente schierati (centrosinistra/Pd per il Sì, M5S per il No), diventa decisivo il modo in cui si orienteranno gli elettori del terzo polo, cioè il centrodestra. Il premier sembra quindi aver capito l’errore commesso personalizzando il referendum: come abbiamo sottolineato proprio su queste pagine molti mesi fa (“Referendum, Renzi rischia grosso con opposizioni unite“), compattare l’ampio e variegato fronte dei suoi avversari politici era il modo migliore per affossare la sua stessa riforma nelle urne. Ecco quindi che oggi si rivolge all’elettorato che gli pare più “aggredibile”: quello di centrodestra, in particolare di Forza Italia.

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% di favorevoli e contrari al referendum (sondaggi Cise, Demos, Ipsos)

Ma se lo stesso Berlusconi ha dichiarato di votare No (peraltro con le stesse argomentazioni usate dalla sinistra anti-riforma e dal M5S) perché i suoi elettori dovrebbero dar retta a Renzi? In verità ciò che il premier sta cercando di fare è invertire la rotta e riportarla a meno di un anno fa, quando la strada del Sì sembrava spianata proprio grazie ai consensi trasversali che la riforma incontrava, anche (ma non solo) nell’elettorato di centrodestra. Secondo un sondaggio Cise risalente allo scorso dicembre, quasi la metà degli elettori forzisti era favorevole alla riforma, contro un misero 15% di contrari. Ancora a marzo, l’istituto Demos rilevava tra gli elettori di Forza Italia ben il 64% di favorevoli, e addirittura la metà (il 51%) degli elettori della Lega.

Le cose sono cambiate in modo netto da quando i partiti di centrodestra – complice anche la campagna per le amministrative, giocata interamente in chiave anti-Pd – si sono schierati con forza per il No, compresa Forza Italia (che aveva concordato e votato col Pd la riforma in Parlamento). Ad agosto l’istituto Piepoli aveva rilevato come il 55% degli elettori di centrodestra fosse orientato a votare No. Secondo un sondaggio Ipsos pubblicato ieri dal Corriere della Sera, su 10 elettori di Forza Italia che andranno a votare al referendum, 6 voteranno No. Tra quelli della Lega Nord addirittura solo 2 su 10 voteranno Sì.

Lo stesso sondaggio ha evidenziato come, nonostante i No siano complessivamente in vantaggio (52% a 48%), gli elettori sono in maggioranza d’accordo con i singoli aspetti della riforma. Se si votasse solo sui contenuti, cioè, la riforma sarebbe approvata senza grosse difficoltà. A incidere sulla decisione di voto in favore del No, anche tra gli elettori di centrodestra, è proprio la “irrimediabile” valenza politica di questo referendum: ecco perché Renzi sta cercando di sgomberare il campo dagli argomenti più strettamente politici (le sue dimissioni, la legge elettorale, etc). Che poi ci riesca, è tutt’altro discorso.


Articolo pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 4 ottobre a cura di Salvatore Borghese

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