Comunque vada a finire e qualunque sarà il verdetto del voto, l’America e gli americani hanno comunque perso. Sono passati otto anni dalla prima, travolgente ed emozionante vittoria di Barack Obama, e nonostante il bilancio dei suoi otto anni di mandato contenga molti aspetti positivi (a partire soprattutto dalla creazione di milioni di posti di lavoro), quella che si appresta ad andare alle urne (anche se un quarto ha già votato) è un’America divisa, lacerata, impaurita.
Mai come questa volta le due comunità politiche, quella dei Repubblicani e quella dei Democratici, si sentono in pericolo nel caso di vittoria dell’altro candidato. Se vince Trump, per gli elettori di Hillary viene meno un corpo fondante di valori nei quali si riconoscono, e la stessa cosa si può dire al contrario per l’America “profonda” che vota Trump. La legacy di Obama sulla necessità che il Paese sia unito nelle battaglie da affrontare è andata irrimediabilmente perduta. È una sensazione che si ricava ovunque, guardando la tv, leggendo i giornali, ma soprattutto parlando con le persone, di tutti i tipi e in tutte le città.
Una ricerca pubblicata in questi giorni rivela che questa campagna elettorale è stata stressante per il 52% degli americani, per molti altri invece è stata addirittura disgustosa e traumatizzante. Gli spot più fortunati della campagna elettorale mostravano dei manifesti con le foto dei due candidati invitando gli elettori a comprarsi una casa in Canada.
I toni sono apocalittici, millenaristi, la vittoria del candidato avverso viene considerata una sciagura che può cambiare la propria vita. Non si parla come al solito di tasse o di disoccupazione: si parla di valori, fondanti e contrapposti.
La Clinton ha occupato le tv con spot di bambini che guardano i comizi di Trump, e le sue parole d’ordine sono odio contro amore, speranza contro rabbia. I toni dall’altra parte sono gli stessi e sulla Clinton si dice di tutto. Nelle strade di Filadelfia hanno tappezzato la città di manifesti anti-Clinton. Se a questo si aggiunge la tensione per possibili intrusioni da parte degli hacker e paure ben peggiori si ottiene un cocktail incandescente che fa sì che gli americani non vedano l’ora che sia finita.
Secondo alcuni psicologi intervistati oggi dal Philadelphia Inquirer – il giornale della città dove ieri sera con Hillary hanno chiuso la campabna Barack e Michelle Obama e Bruce Springsteen – molti elettori andranno in cura dopo il voto perché soffriranno di disturbo da stress post traumatico, una patologia piuttosto seria. Psicologi a parte, comunque, se anche Hillary Clinton riuscirà a spuntarla il suo sarà un mandato difficile: perché non dovrà solo governare la prima potenza del mondo, dovrà anche e soprattutto ricostruire un Paese diviso e lacerato, ricreare uno spirito comune, come quello che per un po’ era riuscito a costruire Barack Obama soltanto otto anni fa.
Articolo a cura di Olivio Romanini, inviato negli USA del Corriere della Sera
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