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Chi sono i presidenti USA più votati della storia?

Donald Trump si è ufficialmente insediato come 45° Presidente degli Stati Uniti d’America. Ha davanti a sé un compito meno facile, rispetto a tanti suoi predecessori. Il suo partito (quello Repubblicano) ha sì la maggioranza in entrambi i rami del Congresso, ma molti esponenti di quello stesso partito lo considerano un “corpo estraneo”. Trump si è posto come figura molto divisiva fin dalle primarie repubblicane, e secondo molti sondaggi il suo consenso attuale è il più basso mai registrato per un presidente al momento dell’insediamento. In più, sconta il “peccato originale” di essere stato eletto Presidente pur ottenendo molti meno voti popolari della sua avversaria, Hillary Clinton.

Eppure, Trump è il candidato repubblicano più votato nella storia degli Stati Uniti. Com’è possibile?

È il risultato della combinazione di due fattori: il primo è il sistema elettorale presidenziale americano, per cui non contano i voti popolari ottenuti a livello nazionale, ma bisogna ottenere più di 270 Grandi Elettori (Electoral Votes, EV) vincendo negli stati giusti. Il secondo è la costante crescita demografica che si registra negli USA (in media, circa l’1% all’anno) negli ultimi 30 anni).

Le risposte alla domanda “qual è il Presidente degli Stati Uniti più votato della storia?” possono quindi variare, a seconda che si guardi al numero di voti popolari assoluti, alla percentuale calcolata sui voti validi, al numero di EV vinti.

Lo vediamo bene con la seguente tabella, in cui sono raccolti i dati ottenuti da tutti i candidati presidenti (Democratici e Repubblicani) dal 1984 ad oggi.

La tabella ci dice che il Presidente che detiene il record di voti popolari è Barack Obama, che vinse il suo primo mandato nel 2008 ottenendo quasi 70 milioni di voti. Quattro anni dopo, parte dell’entusiasmo originario era inevitabilmente venuto meno: ciò nonostante Obama riuscì a vincere nuovamente con oltre 65 milioni di voti (secondo risultato assoluto).

È piuttosto sorprendente come Hillary Clinton si piazzi al terzo posto, sostanzialmente eguagliando il risultato di Obama del 2012. Ciò fa della Clinton la più votata della storia tra i candidati sconfitti. Eppure, il risultato della Clinton è deludente rispetto a quello ottenuto da Obama 4 anni prima per due ragioni: se si guarda alla percentuale di voti ottenuta, Hillary fa peggio di tre punti rispetto ad Obama. E questo perché nel frattempo è molto aumentata la partecipazione popolare al voto. Non in termini relativi (solo lo 0,4% in più sugli aventi diritto), ma proprio in numeri assoluti, proprio per la crescita demografica che nel frattempo si è registrata.

Le elezioni 2016 infatti sono state le più partecipate della storia, con ben 137 milioni di americani che si sono recati al voto. Anche qui ha un ruolo la crescita demografica degli USA. In termini relativi, infatti, l’affluenza è stata comparabile a quella registrata nel 2012 (o nel 1992). Le elezioni più partecipate in termini relativi sono state quelle del 2008, quando oltre il 58% degli americani andò a votare – e anche con questo si spiega il record di voti assoluti ottenuto da Obama in quella occasione.

Ma c’è un altro campione del voto popolare, come suggerisce il titolo stesso della tabella: è Ronald Reagan, che detiene il primato per quanto riguarda la percentuale di voto ottenuta. Negli Stati Uniti è abbastanza frequente che il candidato vincente superi il 50% dei voti popolari: i candidati non sono mai soltanto due, ma normalmente la stragrande maggioranza dei voti si concentrano sui due candidati principali, quello democratico e quello repubblicano. Ma Reagan arrivò addirittura a sfiorare il 60% (58,8%). Cosa ancor più eccezionale, ci riuscì al momento della riconferma, aumentando notevolmente i suoi consensi rispetto al già ottimo risultato di 4 anni prima. Successivamente, anche Bill Clinton e George W. Bush riuscirono ad aumentare i voti: ma per il primo si trattò di un’impresa piuttosto facile (la sua prima elezione nel 1992 era avvenuta in un contesto “tripolare”, con un candidato terzo incomodo – Ross Perot – molto forte), mentre il secondo “beneficiò” del clima post 11 settembre e di una situazione in cui gli USA, in piena “War on Terror” in Iraq e Afghanistan, si strinsero intorno al loro commander in chief.

Reagan è anche il recordman dei Grandi Elettori vinti. Con ben 525 EV (su 538!) nel 1984 stabilì un primato che sarà difficile per chiunque anche solo eguagliare, in futuro. Già al momento della sua prima elezione aveva ottenuto una landslide, ottenendone 489 contro i soli 49 di Jimmy Carter (praticamente un rapporto di 10 a 1). In tempi più recenti, dove le elezioni sono divenute più competitive, va segnalata la prestazione di Bill Clinton nel 1992, quando con solo il 43% dei voti ottenne ben 370 EV (100 più dei 270 necessari). Notevole anche la sfortuna di Al Gore nel 2000, quando ottenne oltre mezzo milione di voti in più rispetto a George W. Bush ma perse di soli 5 EV (271 contro 266). La pessima performance – in termini di strategia elettorale – del democratico Michael Dukakis nel 1988 lo vide essere “asfaltato” da Bush sr. per 426 EV a 111, nonostante un discreto 45% di voti popolari. Infine, Donald Trump detiene senza dubbio alcuno il record in termini di discrepanza tra voto popolare e Grandi Elettori vinti: ben 304 contro i 227 di Hillary Clinton, nonostante oltre tre milioni di voti popolari in meno.

Salvatore Borghese

Laureato in Scienze di Governo e della comunicazione pubblica alla LUISS, diplomato alla London Summer School of Journalism e collaboratore di varie testate, tra cui «il Mattino» di Napoli e «il Fatto Quotidiano».
Cofondatore e caporedattore (fino al 2018) di YouTrend. È stato tra i soci fondatori della società di ricerca e consulenza Quorum e ha collaborato con il Centro Italiano di Studi Elettorali (CISE).
Nel tempo libero (quando ce l'ha) pratica arti marziali e corre sui go-kart. Un giorno imparerà anche a cucinare come si deve.

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