Le notizie sulla politica italiana, nelle ultime due settimane, raccontano la trama di due fiction che stanno monopolizzando la scena mediatica: le vicende dell’amministrazione comunale di Roma (targata M5S e guidata da Virginia Raggi) e le tensioni ed il rischio scissione dentro il Pd. Questi due fattori, però, hanno effetti diversi sulle intenzioni di voto. L’effetto “R” si fa sentire con forza sul consenso al M5S che subisce un drastico calo. Le fibrillazioni sul congresso e l’ipotesi di scissione del Partito Democratico non sembrano, per ora, avere effetti nei sondaggi, dove anzi si registra addirittura una crescita dei dem. Gli altri partiti, in questo periodo ricoprono un ruolo da semplici comprimari e non subiscono variazioni consistenti.
La giunta Raggi è costantemente al centro di polemiche, dimissioni ed inchieste giudiziarie, raccontate dai media in modo dettagliato e con frequenza quotidiana. E i riflettori che illuminano le difficoltà del M5S stanno pesando sul consenso dei grillini. L’effetto “R” sulle intenzioni di voto oggi sta diventando più consistente e tendenziale. Se nella Supermedia di gennaio il partito di Grillo perdeva lo 0,4%, salvo recuperare un po’ nelle settimane successive, quella di stamattina ci dice che i grillini calano dell’1,6% ed in questi giorni devono gestire la partita dello stadio della Roma e le dimissioni di Paolo Berdini con i relativi scambi di “colpi bassi” tra sindaco ed ex assessore all’urbanistica.
Un calo nei consensi che parte da lontano e su cui pesano altri fattori che hanno messo le difficoltà del M5S al centro della scena. Oltre al già detto effetto dell’arresto di Marra pesano anche le ambiguità sul codice etico (giunto alla vigilia dell’iscrizione di Virginia Raggi nel registro degli indagati), e il “pasticcio” della tentata alleanza con i liberali dell’ALDE all’Europarlamento. Tutti eventi che hanno messo in evidenza il cortocircuito comunicativo di cui è stato vittima il partito di Grillo, che una volta messo fuori gioco il principale competitor dal punto di vista mediatico (Matteo Renzi) si è trovato in difficoltà a dettare l’agenda. Questo ha provocato un calo sostanziale del consenso che arretra al 27,2% (nei giorni successivi al referendum le intenzione di voto superavano il 30%).
Nelle ultime settimane poi il Pd è tornato con forza ad essere presente sulla scena mediatica a causa delle liti interne e del tema del congresso all’ordine del giorno. Questi fattori di criticità, però, non si riflettono (per ora) sulle intenzioni di voto. Il Pd infatti nei sondaggi sale leggermente (+0,4%) e si attesta al 30,8%. Gli elettori sembrano non subire, per il momento, gli effetti delle polemiche, che pure sono molto presenti su giornali e notiziari. Un quadro fluido che, però, potrebbe cambiare visto l’acutizzarsi delle liti negli ultimi giorni e lo shock della scissione che sembra sempre più vicina. L’impressione è che gli elettori del Pd siano in una sorta di stand by e non sembrano esprimere un giudizio prima di conoscere la puntata finale.
In questa fase, dal punto di vista mediatico, gli altri partiti sembrano ricoprire il ruolo di spettatori. La Lega riesce a conservare un posizionamento d’opposizione e continua a martellare sui temi dell’immigrazione e dell’urgenza di tornare al voto, ma questi fattori sembrano aver perso la forza propulsiva e penetrante. La manifestazione dei “sovranisti” di Roma del 28 gennaio scorso e l’abbraccio alle politiche di Le Pen e Trump si sono dimostrate ad impatto zero sulle intenzioni di voto, dove infatti il partito di Salvini arretra dello 0,3% (terza forza con il 12,8%). Lo stesso ragionamento vale per Fratelli d’Italia, stabili al 4,6%. L’altro attore principale del centrodestra, ovvero Forza Italia, è sparita della scena e non riesce mai ad essere protagonista nelle dinamiche comunicative, ma è costretta a rincorrere gli altri partiti e speso si attorciglia sulle conflittualità interne e sulle dichiarazioni del suo leader, Silvio Berlusconi. Questo immobilismo non le permette di guadagnare consensi facendola restare dietro al Carroccio, al 12,3%.
È questo il quadro fornito dalla Supermedia, che mette in evidenza una sorta di iper-attenzione mediatica nei confronti del M5S a Roma e del Pd con le sue liti interne. Nelle prossime settimane sarà interessante constatare se la giunta Raggi si dimostrerà ancora una zavorra per il partito di Grillo e se si avvertirà sul Pd il peso mediatico delle polemiche e di una eventuale scissione.
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