Il primo mese di Donald Trump come Presidente non è stato – oggettivamente – tra i più agevoli che si ricordino, nella storia degli Stati Uniti. Trump ha avuto una serie di problemi sia operativi (su tutti il “pasticcio” sul cosiddetto muslim ban) sia a livello di staff (a cominciare dallo scandalo Flynn).
Tutto questo, unito al fatto che si tratta di un personaggio quantomeno “divisivo”, o comunque di forte rottura rispetto alla tradizionale atteggiamento “presidenziale” che ci si aspetta da un Presidente sin dal momento della candidatura, ha fatto sì che nei sondaggi il gradimento di Trump sia già a livelli molto bassi. Niente effetto “luna di miele”: meno di un americano su due sembra apprezzare l’operato del nuovo Presidente.
Ma i sondaggi raccontano anche un’altra storia, molto meno catastrofica, per Trump. Lo evidenzia il Washington Post, che riporta i risultati di un articolato sondaggio condotto NBC e Wall Street Journal.
Gli intervistati sono innanzitutto abbastanza consapevoli delle difficoltà dell’amministrazione Trump in queste prime settimane (il sondaggio è stato svolto tra il 18 e il 22 febbraio). Peraltro, mentre il 43% bolla queste difficoltà come normali “dolori della crescita”, ben il 52% le ritiene peculiari di questa amministrazione.
Ma questo non ha un effetto catastrofico (o almeno, non subito) sul gradimento di Trump. E questo perché sono gli stessi media che raccontano queste difficoltà ad essere poco credibili, o comunque percepiti come prevenuti nei confronti del nuovo Presidente. Ben il 53% degli americani la pensa così.
I media sarebbero ostili nei confronti di Trump perché si sentono “minacciati dal tipo di cambiamento che Trump rappresenta”. Ma il numero di americani che ritengono che Trump incarni un cambiamento non sono solo il 53 per cento. Come si vede dalla seguente tabella, sono molti di più:
Da questa tabella si evince che solo un americano su cinque (il 21%) pensa che Trump non cambierà le cose. Quasi uno su due invece pensa che Trump cambierà le cose in meglio; mentre solo il 23% ritiene che i cambiamenti ci saranno, ma in peggio.
I numeri mostrano una – prevedibile – asimmetria speculare nelle opinioni tra elettori democratici e repubblicani; ma quello che sorprende è la posizione degli indipendenti, decisamente più propensi a credere che con Trump le cose cambieranno in meglio, piuttosto che il contrario. Come sottolinea il Washington Post, queste sono decisamente buone notizie per Trump:
Le donne credono che Trump porterà il giusto tipo di cambiamento con un margine di 18 punti. Più di 6 bianchi senza laurea su 10 dicono che Trump rappresenta un cambiamento per il meglio. La maggioranza (52%) della classe media dice lo stesso.
Ciò che questi numeri ci dicono è che per tutto il rumore negativo su Trump che viene da Washington, ciò che arriva a molte persone è che lui da candidato promise il cambiamento e sta lavorando per portarlo da presidente. Tutto il resto, almeno fino a questo punto, sembra rumore di fondo.
Questo ci porta al punto centrale della questione: come già avvenuto in altre sfide elettorali decisive dell’anno passato, la vittoria di Trump è dovuta essenzialmente al fatto di aver saputo incarnare il cambiamento, o comunque di averlo saputo fare meglio dell’alternativa. Almeno in questi primi tempi, questo fattore costituisce la vera forza di Trump. Ma attenzione, si tratta di un fattore “a tempo”:
La sua presidenza è iniziata solo da un mese. Ma cosa succederà se dopo un anno l’Obamacare non sarà stata ancora abrogata o sostituita? O se il divieto sui viaggiatori [provenienti dai paesi musulmani, ndr] rimarrà in un limbo legale? O se la costruzione del muro al nostro confine meridionale non procederà alacremente?
Ciascuno di questi temi può far deragliare la figura di Trump come agente del cambiamento. E se perde questo status, è in grossi problemi.
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