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Legge elettorale: un pasticcio che garantisce l’ingovernabilità

(Articolo scritto per Valigia Blu)

Dopo settimane di discussioni, proposte e controproposte sembra che i principali partiti (Partito democratico, Forza Italia e Movimento 5 stelle) siano arrivati a un accordo di massima sul sistema elettorale con il quale voteremo alle prossime elezioni politiche (ndr Diversi esponenti dei Cinque stelle hanno però successivamente affermato che ancora nulla è scontato, perché le correzioni presentate dai democratici creano “nuove problematiche”).

Quello che giornalisticamente viene definito “sistema tedesco” è, in realtà, un modello che ha solo alcune lontane analogie con quello in vigore in Germania. Vediamo nel dettaglio le sue caratteristiche principali, riassunte dall’emendamento presentato in Commissione alla Camera dei deputati la sera di mercoledì 31 maggio.

Per prima cosa, si tratta di un sistema elettorale proporzionale: in linea generale questo significa che i seggi vengono assegnati ai partiti in misura proporzionale rispetto ai voti ottenuti dalla lista. La differenza di fondo fra proporzionale e maggioritario è che in un sistema proporzionale risultano eletti i candidati che stanno in una lista (con o senza preferenze), proporzionalmente ai voti ottenuti. Invece, in un sistema maggioritario uninominale – come quello che vige in Gran Bretagna o in Francia – il territorio nazionale è diviso in tanti piccoli collegi, in ciascuno dei quali viene eletto un unico rappresentante, quello che vince in quel collegio.

Il simil-tedesco ha, poi, uno sbarramento nazionale del 5%, come nel sistema tedesco vero. Vale a dire che ogni partito che non raggiunge il 5% dei voti a livello nazionale rimane fuori dal Parlamento. L’obiettivo strutturale delle soglie di sbarramento, presenti in tanti sistemi elettorali in giro per il mondo, è quello di ridurre la frammentazione partitica. Secondo le simulazioni di YouTrend, per intenderci, con uno sbarramento al 5% a oggi entrerebbero alla Camera solo quattro partiti: Pd, Movimento 5 Stelle, Forza Italia e Lega Nord. L’effetto politico diretto è che probabilmente con una soglia del 5% rimarrebbero invece esclusi Fratelli d’Italia, Alternativa Popolare di Alfano e i soggetti a sinistra del Pd (come Mdp e Sinistra italiana).

Il sistema in discussione, inoltre, non ha nessun “premio di maggioranza”, cioè un premio in seggi attribuito alla lista o alla coalizione vincente. In questo corrisponde al modello tedesco, e d’altra parte il premio di maggioranza è un correttivo che in tutta Europa esiste solo in Italia e in Grecia: altrove, se si vuole creare una “disproporzionalità” e cioè favorire i partiti maggiori, si utilizzano o circoscrizioni piccole (come in Spagna) o, appunto, i collegi uninominali (come in Gran Bretagna). Infine, una delle caratteristiche più difficili da padroneggiare per i non addetti ai lavori: il cosiddetto rapporto 50%-50%, fra proporzionale e collegi. In Germania funziona così: l’elettore può esprimere due voti diversi – un “primo voto”, Erststimme, per il candidato di collegio e un “secondo voto”, Zweitstimme, per il partito –.

Quest’ultimo è il voto più importante, perché è quello che determina – in modo proporzionale – il numero totale dei seggi che spetta a ciascun partito; ma metà degli eletti di ciascun partito sono scelti andando a vedere chi ha vinto, collegio per collegio, nel “primo voto”. Questo procedimento è reso possibile dal fatto che in Germania il numero di seggi del Bundestag non è fisso, ma variabile: e così, se per esempio 10 candidati dell’Spd vincono nel proprio collegio e sono “in più” rispetto ai seggi che spetterebbero all’Spd secondo il riparto proporzionale, questi 10 vengono comunque eletti, assegnando poi seggi addizionali a tutti gli altri partiti, in modo tale che la proporzionalità sia rispettata. Nella rivisitazione italiana, il meccanismo è più complesso, anche perché effettivamente la Costituzione fissa in 630 e 315 il numero di deputati e senatori, e quindi non possono esserci seggi aggiuntivi.

Il testo presentato da Emanuele Fiano in commissione prevede metà degli eletti tramite collegi (303 alla Camera e 150 al Senato, al netto del Trentino Alto Adige e della Val d’Aosta) e metà tramite listini proporzionali bloccati. L’assegnazione degli eletti, poi, segue questo ordine: per ciascun partito, per primi risultano eletti i candidati di collegio che superino il 50%; poi i capilista dei listini bloccati; poi i candidati di collegio vincenti, ma con meno del 50%; infine, a seguire, gli altri candidati nei listini bloccati. Soprattutto, l’elettore non può fare il cosiddetto “voto disgiunto”, come in Germania, votando magari il candidato di collegio del Pd e, come lista, Sinistra italiana.

Fuori dai tecnicismi, ci sono comunque alcune considerazioni possibili su pregi e limiti e gli effetti politici concreti del modello “simil-tedesco” su cui Pd, M5S e Fi paiono aver raggiunto un’intesa.

Se si ha a cuore la rappresentatività, c’è di buono che il modello riflette sostanzialmente nell’assegnazione dei seggi il consenso dei principali partiti nel Paese: con il 30% dei voti, per capirci, si avrà poco più del 30% dei seggi. Un altro elemento di chiarezza è la soglia di sbarramento al 5%: può non piacere, ma può aiutare a semplificare un quadro politico frammentato.

Per il resto, alcuni limiti sembrano evidenti. I parlamentari saranno in gran parte “nominati” dai partiti, con i listini bloccati; gli elettori non avranno quindi possibilità di scelta su chi mandare in Parlamento, né con preferenze né con “veri” collegi uninominali. Non sarà garantito un vero rapporto con il territorio, dal momento che – per la clausola che dicevamo prima – i candidati vincenti nei collegi non avranno nemmeno la garanzia di essere eletti, scattando solo dopo i capilista bloccati.

Infine, è un sistema pasticciato, che non solo non garantisce la governabilità – con tre poli tutti e tre al 30% nessun sistema potrebbe garantirla –, ma piuttosto garantisce l’ingovernabilità. Secondo le simulazioni YouTrend, infatti, se anche il Pd o il M5S raggiungessero il 40% dei voti sarebbero ben lontani dalla maggioranza dei seggi.

Con altre proposte – il Rosatellum, confusamente proposto e poi insabbiato dal Partito democratico, ma anche il Mattarellum, o la proposta che avevamo avanzato noi di YouTrend, stilata da Francesco Magni –, i partiti se la sarebbero giocata a viso aperto, nei collegi, con l’opportunità di raggiungere una maggioranza assoluta con il 37-40% dei consensi.

Oggi, invece, con il sistema simil-tedesco, la sincerità che si deve ai lettori ci impone di dire che a prescindere da come andranno le prossime elezioni avremo o un governo di larghe intese (Pd-Forza Italia o il suggestivo M5S-Lega) o nessuna maggioranza e quindi nuove elezioni a breve. E allora forse tanto valeva tenersi il Consultellum o il Legalicum, come ha ricordato l’esperto di sistemi elettorali, Roberto D’Alimonte.

Difficile che i politici lo dicano, nella imminente campagna elettorale; doveroso, allora, che lo ricordi chi in questa campagna elettorale cercherà di fare informazione.

Lorenzo Pregliasco

Nato nel 1987 a Torino. Si è laureato con una tesi su Obama, è stato tra i fondatori di Termometro Politico, collabora con «l'Espresso» e ha scritto su «Politico», «Aspenia», «La Stampa».
È regolarmente ospite di Sky TG24, Rai News, La7 e interviene frequentemente su media internazionali come Reuters, BBC, Financial Times, Wall Street Journal, Euronews, Bloomberg.
Insegna all'Università di Bologna, alla 24Ore Business School e alla Scuola Holden.
Ha scritto Il crollo. Dizionario semiserio delle 101 parole che hanno fatto e disfatto la Seconda Repubblica (Editori Riuniti, 2013), Una nuova Italia. Dalla comunicazione ai risultati, un'analisi delle elezioni del 4 marzo (Castelvecchi, 2018) e Fenomeno Salvini. Chi è, come comunica, perché lo votano (Castelvecchi, 2019).
È direttore di YouTrend.

3 commenti

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  • Concordo con l’articolo. Un dubbio. In passato la Corte Costituzionale è intervenuta con diverse sentenze sul rapporto elettore-eletto. Nel tedeschellum l’elettore vota un candidato al collegio uninominale che, se quel candidato non raggiunge il 50%+1 delle preferenze, non viene eletto direttamente. Ma il voto dell’elettore contribuisce ad eleggere il capolista del listino bloccato. Non mi sembra si crei un rapporto corretto tra elettore ed eletto visto che l’elettore vota “contemporaneamente” tutto (candidato uninominale, Partito e listino) senza poter scegliere.

    • Ciao Roberto. In verità sulla questione del rapporto elettori-eletti il criterio rilevante è quello enunciato nella sentenza 1/2014, per cui le liste bloccate sono legittime purché siano corte e i candidati riconoscibili. Per quanto il meccanismo del tedeschellun sia discutibile, sotto questo particolare profilo non sembrano esserci palesi vizi di incostituzionalità.

      • concordo ma ci potrebbero essere altri problemi ed essendo i collegi falsi (cit.@profdalimonte) come nel #provincellum il loro peso elettorale conta poco, la assegnazione dei seggi avviene con il Collegio Unico Nazionale, quindi non credo a profili di incostituzionalità qui, se vengono rispettati i commi 4 degli articoli 56 e 57 comma4 cost.it. che fanno esplicito riferimento all’ultimo censimento generale della popolazione che viene effettuato ogni 10anni, 2011 l’ultimo che se non erro aveva fatto scattare un seggio per il Trentino A.A.
        Anche se so che molti costituzionalisti, specialmente quelli di Nomos, hanno parere difforme dal mio e dicono che l’art.57 comma 1 “Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale” non implica nulla e quindi si può mettere una soglia di sbarramento nazionale anche al Senato, io ASSOLUTAMENTE contrario a questo e faccio un banale esempio:
        Il partito “4mori” vince tutti i 3 collegi senatoriali sardi con oltre il 60% in ciascuno, mezzo milione di voti non bastano per superare la soglia del 5% e nessuno di loro viene eletto.
        l’#art57comma1 viene rispettato?
        Per me no ed ha richiesta rispondono se ne è discusso all’epoca della legge Calderoli 270/2005 quando Ciampi fece trapelare che non avrebbe firmato un premio nazionale al Senato e si è deciso che aveva torto per via della interpretazione sistematica della costituzione dove “il 94 guida il 57” ovvero che le 2 Camere sono un organo unico ed unitariamente danno la fiducia. D’accordo ma nella sentenza 35/17 #italicum in fondo al punto 9.2 si trova (dove vedi citati art.94, art.67, art 70) l’interpretazione sistematica, ma per questo è stato bocciato il ballottagio perché non estensibile al Senato
        https://twitter.com/giomasmic/status/872207931982229504