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Regno Unito: analisi del voto

Le elezioni generali del Regno Unito 2017 costituiscono un esempio lampante di come sia possibile subire una bruciante sconfitta arrivando primi ed ottenere una grande vittoria arrivando secondi. Sembra un paradosso, ma è esattamente ciò che è avvenuto.

Partiamo dall’affluenza. Sono state elezioni molto partecipate, che hanno visto recarsi alle urne quasi 7 britannici su 10. La partecipazione al voto ha sfiorato il 69%, in aumento di oltre 2 punti rispetto alle elezioni di due anni fa. Si tratta del dato più alto degli anni Duemila e conferma un trend in aumento di elezione in elezione. Cosa forse sorprendente per una snap election (elezione anticipata), soprattutto se si considera che si tratta del terzo evento elettorale nazionale di rilievo in soli due anni – includendo il referendum sulla Brexit di un anno fa.

Il premier Theresa May aveva proposto e ottenuto queste elezioni anticipate per chiedere agli elettori un mandato forte e chiaro. L’obiettivo dichiarato era quello di aumentare i voti e i seggi del suo partito (i conservatori) per poter negoziare i termini della Brexit con l’Unione Europea da una posizione di forza. Obiettivo miseramente fallito: i Tories sono riusciti sì ad aumentare i propri voti, e non di poco (+5,5%), ma hanno clamorosamente perso seggi, scendendo da 330 a 318 e perdendo così la maggioranza assoluta in Parlamento. La May ha comunque annunciato subito che non si dimetterà da primo ministro e proverà a formare un nuovo governo grazie all’accordo con gli unionisti irlandesi del DUP (Democratic Unionist Party) che con i loro 10 seggi bastano a superare la soglia critica dei 326 seggi (in realtà ne bastano 323 perché i deputati nord-irlandesi dello Sinn Fein non siederanno a Westminster, abbassando così la soglia). Il vero boom è quello dei laburisti, che ottengono ben 10 punti in più rispetto al 2015 e guadagnano quasi 30 seggi, strappandone molti proprio a conservatori.

Deludente il risultato dei nazionalisti scozzesi dello SNP, che puntavano a fare (nuovamente) bottino pieno come nel 2015, per poi pretendere un nuovo referendum sull’indipendenza della Scozia, dopo quello – fallito, per poco – del 2014. Lo SNP perde un terzo dei voti, ma soprattutto perde 21 seggi: molti di questi sono stati persi proprio a vantaggio dei conservatori, che solo grazie a questa débacle dello SNP possono sperare di continuare a governare. Tra gli altri partiti, restano stabili i Liberal Democrats, che guadagnano qualche seggio ma continuano ad essere irrilevanti, e che devono subire la clamorosa sconfitta, nel suo collegio, di Nick Clegg (il leader che nel 2010 portò il partito al governo con i conservatori conquistando il 23% dei voti). Lo UKIP di Nigel Farage è praticamente scomparso: nel 2015 fa fu il terzo partito con quasi il 13%, oggi perde l’unico seggio che aveva e si riduce a un misero 1,8%.

Vediamo il grafico con tutti i risultati:

 

Quanto erano stati previsti questi risultati? Anche nel 2015 c’era la possibilità di uno hung parliament, eppure alla fine Cameron riuscì, quasi a sorpresa, a conquistare la maggioranza assoluta. Questa volta invece la maggior parte degli analisti concordava sul fatto che, pur esistendo tale possibilità, alla fine la May sarebbe riuscita a conservare la maggioranza, se non addirittura a incrementarla. In verità i sondaggi della vigilia avevano mostrato un forte recupero del Labour, soprattutto in seguito ad alcune “gaffe” della May e alle polemiche sulla sicurezza successive ai gravissimi attentati terroristici di Manchester e Londra, a pochi giorni dal voto. Nonostante una forte varianza dei sondaggi (per alcuni il Labour era a un solo punto di distacco, per altri era dietro addirittura di 11-12 punti), alcuni istituti come YouGov e Survation avevano correttamente previsto che il margine sarebbe stato molto risicato, tanto da rendere la sfida apertissima in molti collegi. Il primo exit poll della BBC è stato molto preciso, assegnando ai conservatori 314 seggi, pur tra tante incertezze; anche la stima successiva si è rivelata esatta (tra 308 e 328: il dato medio, 318, è stato quello reale). Ma soprattutto bisogna sottolineare come il modello realizzato da YouGov sia stato incredibilmente preciso nel prevedere l’andamento nei singoli collegi.

 

Vediamo ora la mappa dei risultati. Quella interattiva della BBC mostra, in apparenza, un Regno Unito dominato dal blu dei conservatori, reso più “colorato” da qualche chiazza rosso-laburista, estese macchie gialle (SNP) in Scozia e i colori dei partiti locali gallesi e irlandesi.

 

Ma è una mappa “bugiarda”, poiché i collegi meno popolosi sono più estesi: più utile in questo senso è la mappa, (anch’essa interattiva) del Guardian, deformata in modo che ogni collegio abbia la stessa grandezza. Questa mappa mostra quanto il Labour sia andato forte, conquistando collegi non solo nelle sue tradizionali zone di forza (Londra e le aree urbane come Manchester), ma anche in diversi collegi del nord e del sudest e soprattutto nel Galles.

 

Ancor più interessanti sono le mappe del New York Times, che non solo mostrano la variazione tra elezioni 2015 e 2017 (da cui si riesce ad apprezzare anche l’arretramento dello SNP in Scozia), ma anche l’intensità dei vari “swing” nei collegi: nella terza mappa infatti è evidente quanto detto in precedenza, cioè che solo un forte swing positivo in Scozia ai danni dello SNP ha consentito ai Conservatives di limitare i danni di fronte alla avanzata laburista.

L’indagine realizzata da Lord Ashcroft ci mostra alcuni aspetti di questo voto molto interessanti. Ad esempio, conferma l’enorme gap generazionale, con il Labour che raccoglie ben 2 voti su 3 tra i giovani (18-24 anni) e i Tories che sfiorano il 60% tra chi ha almeno 65 anni.

I dati ci mostrano anche quanto sia stata più efficace la campagna elettorale dei laburisti: nell’ultimo mese il Labour ha convinto molti più elettori di quanto abbiano fatto i conservatori, e lo stesso è avvenuto nelle ultime settimane e perfino negli ultimi giorni prima del voto. Vuol dire che nel momento decisivo Corbyn e i suoi non hanno praticamente sbagliato un colpo.

O ancora, si conferma quanto sia stato importante il voto dell’anno scorso al referendum sulla Brexit in relazione alle elezioni di oggi: tra chi votò per il Leave, infatti, i conservatori hanno stravinto con il 60%; mentre chi votò Remain ha, in maggioranza, scelto di essere rappresentato dai laburisti.

Cosa è successo dunque, in queste elezioni? Una prima considerazione, a livello di sistema politico, è che in Gran Bretagna è tornato il bipartitismo: i primi due partiti hanno ottenuto complessivamente oltre l’80% dei voti. Non accadeva dal 1979, anno della prima vittoria della Thatcher. Come mostra il grafico del NYT, i conservatori continuano nel loro trend ascendente, ma si può parlare di bipartitismo soprattutto grazie all’incredibile balzo in avanti dei laburisti.

Eppure, come fa notare l’analisi della BBC in queste elezioni non ci sono veri vincitori e tutti possono dirsi un po’ sconfitti: in primis Theresa May e i conservatori, che arrivano primi ma senza vincere, fallendo clamorosamente l’obiettivo per il quale avevano addirittura potato il Regno Unito al voto con tre anni di anticipo. I laburisti e il loro leader Jeremy Corbyn avrebbero molti motivi per festeggiare, tra cui il record di voti dai tempi del miglior Tony Blair e una rimonta che rimarrà nella storia: eppure, per loro si tratta della terza sconfitta elettorale di fila, e devono sperare in una gestione disastrosa dei conservatori per sperare di vincere, la prossima volta. I nazionalisti scozzesi devono probabilmente dire addio al sogno di un nuovo referendum sull’indipendenza. Lo UKIP ha praticamente cessato di esistere. E i Lib-Dem…beh, sono ancora i Lib-Dem.

Salvatore Borghese

Laureato in Scienze di Governo e della comunicazione pubblica alla LUISS, diplomato alla London Summer School of Journalism e collaboratore di varie testate, tra cui «il Mattino» di Napoli e «il Fatto Quotidiano».
Cofondatore e caporedattore (fino al 2018) di YouTrend. È stato tra i soci fondatori della società di ricerca e consulenza Quorum e ha collaborato con il Centro Italiano di Studi Elettorali (CISE).
Nel tempo libero (quando ce l'ha) pratica arti marziali e corre sui go-kart. Un giorno imparerà anche a cucinare come si deve.

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