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Francia, un primo turno senza precedenti (ma scontato)

Le elezioni legislative francesi di domenica scorsa hanno avuto un esito senza precedenti e allo stesso tempo poco sorprendente.

Lo stesso dato dell’affluenza è in linea con questa definizione: ha votato meno di un francese su due, il 48,7% (in calo di 8,5 punti rispetto al 2012). Si tratta di un record negativo per delle elezioni legislative, e tuttavia in continuità con un trend che da anni vede diminuire i numeri della partecipazione al voto.

Ma veniamo ai risultati. Come noto, per eleggere l’Assemblea Nazionale francese (l’equivalente della nostra Camera dei deputati) si utilizza un sistema maggioritario a doppio turno. I 577 seggi sono assegnati in altrettanti collegi uninominali: al primo turno è necessario ottenere il 50% + 1 dei voti per essere eletti; se nessun candidato raggiunge questa cifra, si effettua un secondo turno a cui partecipano solo i candidati che hanno superato il 12,5% dei voti, calcolati sulla base degli aventi diritto.

In un sistema maggioritario (come quello francese, ma anche quello inglese), la percentuale di voti complessiva ottenuta dai partiti non conta più di tanto, perché conta vincere nei singoli collegi. Nonostante ciò, i dati sul voto ai partiti sono molto indicativi. Vediamoli:

République En Marche, il movimento centrista fondato dal neo-presidente Emmanuel Macron, diventa il primo partito con il 28,2% dei voti. Al secondo posto, ben staccati, i Républicains di centrodestra con il 15,8%. Terzo è il Front National (13,2%), seguono La France Insoumise (il partito di sinistra radicale di Mélenchon) con l’11% e il Partito Socialista, che nel 2012 fu il primo partito e oggi crolla al 7,4%.

Questi numeri non dicono tutto: anche in Francia infatti, come in Italia ai tempi del Mattarellum, i partiti fanno alleanze prima del voto, dividendosi le candidature nei collegi. Quindi è più corretto considerare i dati ottenuti da ciascuna alleanza, ad esempio REM + MoDem (il partito di François Bayrou), Républicains + alleati, PS + alleati…

La mappa dei candidati arrivati in testa al primo turno in ciascun collegio ci mostra una Francia quasi interamente dominata dai candidati centristi (in giallo), con alcune zone in cui ha primeggiato il centrodestra e altre, ancor più sparute, in cui sono arrivati primi i candidati di sinistra.

Come abbiamo visto, si tratta di un risultato certamente eclatante, ma comunque poco sorprendente perché ampiamente anticipato dai sondaggi della vigilia. Ma come si traducono questi numeri in seggi? Per ora non possiamo rispondere, visto che solo in 4 collegi la vittoria è stata assegnata al primo turno (due di REM, uno di centrodestra e un indipendente di sinistra). In verità ci sono altri 10 candidati che pur avendo superato il 50% dei voti non sono stati eletti, perché non hanno comunque superato il 25% dei voti degli aventi diritto.

Gli altri 573 seggi saranno assegnati al secondo turno, domenica prossima. A differenza che in passato, dove si assisteva spesso a sfide “triangolari” (nel 2012 furono ben 34) o addirittura con quattro candidati, stavolta ci sarà un solo triangolare e ben 571 saranno invece le sfide uno contro uno.

In quasi tutti i collegi uno dei due candidati sarà di REM o di MoDem: infatti, solo 19 candidati centristi non sono riusciti ad arrivare al secondo turno. Non sorprende quindi che molti prevedano una maggioranza schiacciante per l’alleanza di Macron: addirittura oltre 400 seggi, secondo alcune stime. Come quella di Ipsos ripresa da Le Monde, che parla di una forchetta tra 415 e 455 seggi.

Quasi certamente la prima opposizione parlamentare sarà composta dai repubblicani di centrodestra, che arrivano al secondo turno in 300 collegi. Secondo la stima Ipsos, hanno realistiche possibilità di vincerne tra 70 e 110. Molto più in crisi i socialisti, che accedono al secondo turno in 73 casi, con la possibilità di vincerne tra i 20 e i 30: tra i candidati “eccellenti” esclusi al primo turno c’è anche Benoît Hamon, candidato socialista alle presidenziali di un mese fa. Ancora meno seggi sono alla portata delle due estreme: il FN avrà ben 118 candidati al secondo turno, di cui 20 in prima posizione, ma – visto il consueto compattarsi dei francesi quando si tratta di escludere l’estrema destra – sarà fortunato a vincerne 20; discorso analogo per la sinistra radicale, che su 69 candidati al secondo turno (di cui solo 8 in prima posizione) potrà al massimo eleggerne 18, sempre secondo le stime Ipsos.

Rispetto al voto del primo turno delle presidenziali, paradossalmente, l’unico a guadagnare voti è quello che sulla carta doveva soffrire di più il mancato radicamento territoriale dei suoi candidati, e cioè il movimento di Macron; tutti gli altri partiti tradizionali perdono consensi, in particolare si assiste a una certa smobilitazione dei due elettorati più estremi che avevano votato Le Pen o Mélenchon.

Quali saranno le conseguenze politiche di questo voto? Intanto, saranno le terze elezioni legislative di fila (dopo quelle nel 2007 e nel 2012) in cui il voto per il parlamento rispecchia quello per il presidente, “creandogli” una maggioranza all’Assemblea Nazionale. La riforma del 2005, che accorciò il mandato presidenziale da 7 a 5 anni proprio per armonizzarlo con le legislature parlamentari, da questo punto di vista sembra aver pienamente centrato il suo obiettivo di evitare casi di “coabitazione” tra un presidente di un colore e una maggioranza parlamentare di un altro.

Ma alcuni osservatori, facendo qualche conto, arrivano a ipotizzare che con questi numeri Macron potrebbe non essere così lontano dal poter riformare la Costituzione. Infatti, per fare ciò in Francia occorrono i tre quinti dei parlamentari riuniti in seduta comune. Poiché i parlamentari totali sono 925 (577 deputati e 348 senatori), Macron dovrebbe trovare 555 voti; se eleggesse più di 400 deputati, gli occorrerebbe circa un terzo dei senatori per arrivare a quella cifra. Attualmente nel Senato francese (che non è eletto dai cittadini, ma dalle amministrazioni locali) non esiste un gruppo direttamente riconducibile a REM, ma già in occasione delle presidenziali sono 65 i senatori che in un modo o nell’altro hanno sostenuto pubblicamente Macron, e il loro numero potrebbe essere destinato ad aumentare se la vittoria dei macroniani al secondo turno di domenica prossima sarà schiacciante come questo primo turno ha lasciato intravedere.

 

Salvatore Borghese

Laureato in Scienze di Governo e della comunicazione pubblica alla LUISS, diplomato alla London Summer School of Journalism e collaboratore di varie testate, tra cui «il Mattino» di Napoli e «il Fatto Quotidiano».
Cofondatore e caporedattore (fino al 2018) di YouTrend. È stato tra i soci fondatori della società di ricerca e consulenza Quorum e ha collaborato con il Centro Italiano di Studi Elettorali (CISE).
Nel tempo libero (quando ce l'ha) pratica arti marziali e corre sui go-kart. Un giorno imparerà anche a cucinare come si deve.

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