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Renzi e Di Maio, due leader in ritardo

Nell’era della personalizzazione della politica fondata sull’appeal dei leader, il nostro Paese segna un deficit nella forza comunicativa delle leadership. I leader dei due principali partiti, Matteo Renzi (PD) e Luigi Di Maio (M5S) non riescono ad imporsi con forza sulla scena mediatica, mentre il centrodestra è più rassicurante sui temi importanti per i cittadini sfruttando anche il ritorno di Silvio Berlusconi sulla scena. Questo si riflette sulle intenzioni di voto, con il centrodestra che ne approfitta e oggi sfiora il 35%, distanziando un Pd (24,4%) in caduta libera ed il M5S (27,5%) che comunque rimane il primo partito.

Nella narrazione degli ultimi mesi la politica italiana non ha avuto un protagonista in grado di dettare l’agenda e di essere un punto di riferimento. I leader sono stati più dei megafoni intorno a dei temi imposti dall’agenda istituzionale o dallo scenario mediatico: legge elettorale, elezioni regionali in Sicilia, Bankitalia, riforma delle pensioni, inchieste giudiziarie, ora c’è la legge di stabilità. In questo contesto la comunicazione di Berlusconi e Salvini risulta più rassicurante perché tutela gli interessi degli elettori: tasse, sicurezza, immigrazione e pensioni. Si tratta dei temi storici su cui Forza Italia e Lega riescono ad essere più convincenti per i cittadini. Inoltre, il centrodestra ha dimostrato di sapersi compattare superando litigiosità e conflittualità come nel caso della Sicilia e del referendum sull’autonomia. Un posizionamento solido e una compattezza che nell’ultimo mese ha permesso alla coalizione nel suo complesso di crescere 0,7 (da 33,6% a 34,3%).

 

Il centrosinistra, al contrario, segna un deficit nella leadership e nei temi. Il segretario del PD Renzi ha provato a vestire nuovamente il ruolo del “rottamatore”: provando ad opporsi alla riconferma di Ignazio Visco, con la commissione di inchiesta sulle banche, con il tour dell’Italia in treno; ma non è risultato né efficace né credibile. Su Visco Renzi ha perso: la partita su Bankitalia è stata una sconfitta politica, ma anche e soprattutto mediatico/comunicativa. Il segretario del Pd ha dimostrato la capacità di inserire il tema in testa all’agenda dei media, ma la decisione presa non è stata quella corrispondente alla sua posizione e l’immagine che ne esce è di una leadership debole e non condivisa. Lo storytelling di Renzi non ha la forza comunicativa del passato e riposizionarsi su alcuni temi come quello delle banche è difficile (e pericoloso). A questo si aggiunge un fattore endemico per il centrosinistra, ovvero la litigiosità. Nelle ultime settimane il PD e la sinistra compaiono nei media per i conflitti e le liti e non per le proposte. Questo ha portato, nell’ultimo mese, il partito di Renzi ad un crollo del 2,5% (dal 26,9% al 24,4%). Non è un calo episodico, ma un trend che dura da diverse settimane.

Neanche Movimento 5 stelle, in questo contesto, riesce ad imporsi sulla scena mediatica come in passato. Di Maio è debole: dopo circa due mesi dalla sua incoronazione il leader e candidato premier del M5S non riesce a darsi un posizionamento efficace: non emerge una visione di governo, ed i casi di cronaca legati alle amministrazioni di Roma e Torino non aiutano. La comunicazione rimane sbilanciata sul frame anti-casta con attacchi continui a Renzi, Berlusconi, Governo e istituzioni. Non si è registrato dal punto di vista comunicativo alcun cambio di profilo e la narrazione di Di Maio inciampa in ripetute gaffe.

 

Eppure, il M5S ha avuto nelle ultime settimane un contesto favorevole: la crisi del PD, le inchieste sui neo eletti del centrodestra in Sicilia, la questione Bankitalia, la vittoria al ballottaggio ad Ostia; i grillini, però, non sono riusciti comunicativamente a “fare gol”, forse perché sembra essersi esaurito l’effetto novità. Le stesse elezioni siciliane hanno confermato un elemento di grande importanza comunicativa: le difficoltà del M5S nello “sfondare” e vincere, persino in una regione teoricamente favorevole. Anche questa volta i grillini hanno caricato di troppe aspettative la fase precedente le elezioni. In questa fase, come ormai da molti mesi, i consensi al M5S rimangono pressoché congelati (nell’ultimo mese la variazione è stata pressoché nulla, dal 27,2% al 27,5%).

La narrazione della politica del nostro Paese vive un momento di stand by. Vedremo se nelle prossime settimane il PD, una volta definite le alleanze elettorali, saprà attivare una comunicazione più efficace e se il M5S riuscirà a convincere sulla propria capacità di governo dopo la visita di Maio negli Stati Uniti e la vittoria ad Ostia. I prossimi aggiornamenti della Supermedia ci daranno una prima risposta.

Andrea Altinier

Andrea Altinier lavora da anni nella comunicazione politica ed istituzionale ed attualmente si occupa di consulenza di comunicazione strategica e pr in Adnkronos Nordest. Ha lavorato per dieci anni nello staff di Luca Zaia occupandosi della relazione con i media della Regione del Veneto. Ha maturato una consolidata esperienza lavorando nelle istituzioni e nel privato, in particolare presso la società Swg. È stato tra i fondatori e i curatori della rivista digitale www.postpoll.it e ha pubblicato un saggio all’interno del libro “La Nuova Comunicazione Politica” edito da Franco Angeli. Dal 2013 è docente di Comunicazione pubblica e d’impresa presso lo IUSVE di Venezia e Verona. Con Francesco Pira nel 2014 ha pubblicato il libro “Comunicazione pubblica e d’impresa”. Negli ultimi anni ha seguito come spin doctor diverse campagne elettorali e sta approfondendo il tema dello storytelling. E' impegnato in una sfida ambiziosa individuare i driver della comunicazione che modificano le intenzioni di voto. Una sfida che va oltre statistica e sociologia, ma con youtrend.it tutto è possibile.

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