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Regionali e politiche in Lombardia: quali scenari?

A poco più di un mese dalle elezioni regionali in Lombardia gli istituti di sondaggio stanno iniziando a sondare il consenso verso i candidati governatori. Chi sarà il nuovo inquilino di Palazzo Lombardia? E, soprattutto, quale effetto avrà l’elezione regionale sulle elezioni politiche – e viceversa?

Dopo l’addio di Roberto Maroni il centrodestra è entrato per qualche giorno nel caos. Forza Italia, infatti, voleva candidare Maria Stella Gelmini, mentre la Lega non voleva saperne di perdere la presidenza lombarda. L’accordo però è stato trovato: Forza Italia avrà più collegi per la Camera e per il Senato, nonché la candidatura di un proprio esponente alla guida del Friuli-Venezia Giulia e della città di Brescia; in cambio la Lega e il centrodestra punteranno su Attilio Fontana per la Lombardia.

Fontana è stato presidente del consiglio regionale lombardo dal 2000 al 2006 e poi sindaco di Varese dal 2006 al 2016. Non è quindi un volto nuovo, ma certo deve ricucire un gap di popolarità che si è visto essere rilevante in queste prime fasi di campagna elettorale. Certamente non è conosciuto quanto Maroni, e nel centrodestra ad oggi questa è una delle fonti di preoccupazione – insieme ad eventuali, ulteriori uscite poco felici dello stesso Fontana (come quelle sulla “razza bianca”).

Non ha questo problema Giorgio Gori, candidato del centrosinistra, il cui nome è conosciuto anche al di fuori dai confini regionali. La defezione di Maroni lo ha certamente aiutato, ma il non esser riuscito a costruire una coalizione ampia (con dentro Liberi e Uguali, per intenderci) potrebbe costargli caro. Il partito di Grasso, anche in un’ottica nazionale di smarcamento dal Pd, non ha apprezzato il “renzismo” del candidato, così come non ha condiviso alcune scelte, tra le quali il sì a una maggiore autonomia regionale e lo slogan scelto per la campagna (“Fare, meglio”) che mostrerebbe un giudizio non del tutto negativo dell’esperienza Maroni.

Infine Dario Violi. Il suo nome è diventato ufficiale già alla fine di novembre, ma la sua campagna stenta a decollare. Ai più ancora sconosciuto, sconta anche lo scarso appeal che il Movimento 5 Stelle da sempre ha nella regione.

Cosa dicono i sondaggi? È ovviamente ancora presto per capire e ancora poche rilevazioni sono state effettuate. Tuttavia, in quest’ultima settimana le distanze sembrano essere già importanti, come ci mostra la tabella seguente.

Tutte e tre gli istituti di sondaggio considerati vedono Fontana avanti, con uno scarto da Gori che va dal 4% al 9%. Al momento sembra ben poco probabile una vittoria del candidato del Movimento 5 Stelle, fermo intorno al 16%.

Situazione inversa considerando solo Milano città. Come nella grande maggioranza dei centri urbani, infatti, le posizioni progressiste riescono ad ottenere maggiori consensi rispetto alle zone di provincia. Questo lo abbiamo già notato non solo alle elezioni europee del 2014, dove il Pd ottenne un risultato storico in tutta la penisola, ma anche alle elezioni politiche del 2013, il cui risultato finale fu indubbiamente più incerto. Come si può osservare dalle mappe sottostanti, nel comune di Milano il centrosinistra è stato maggioritario sia nel 2013 (quando ottenne il 33,59% dei voti) sia alle Europee 2014 (quando il dato del solo Pd fu del 44,95%).

Prima coalizione per comune, Politiche 2013 (prov. Milano)
Prima lista per comune, Europee 2014 (prov. Milano)

Visti questi dati, non sorprende leggere i risultati del sondaggio Ipsos del 19 gennaio per il Corriere della Sera. Dove si legge che il 58% dei cittadini milanesi promuove l’operato del sindaco Pd Beppe Sala. Inoltre, il 36,9% dichiara che voterà per la coalizione di centrosinistra alle elezioni politiche del 4 marzo. Questo è un dato interessante giacché il centrosinistra (dato in terza posizione dai sondaggi sul piano nazionale), qui supererebbe anche il centrodestra fermo al 35,5%. In questo quadro, allora, non sorprende che in città Gori sia accreditato del 46%. Ben più distanti Fontana (al 32%) e Violi (al 15%).

Ma le contestuali elezioni politiche potrebbero avvantaggiare un candidato piuttosto che un altro? O, ancora, può uno dei candidati trainare qualche voto dal piano regionale a quello nazionale? Ovviamente è difficile dirlo e, anche presumendo che qualche effetto traino ci sia, risulta complicato stabilirne l’entità. Quello che però si può fare è confrontare il dato dei sondaggi per le regionali lombarde con le rilevazioni nazionali per le Politiche (usando come base la nostra Supermedia del 18 gennaio) e i risultati delle precedenti elezioni regionali e politiche del 2013, come riportato nella tabella sottostante:

Così, appare evidente che Maroni e Ambrosoli riuscirono ad ottenere un consenso decisamente più alto rispetto a quello delle loro coalizioni nelle contestuali elezioni politiche. Discorso inverso, invece, per Silvana Carcano, che prese cinque punti percentuali in meno. Quali effetti, dunque, sui due voti? È l’expolit di Maroni che ha fatto sì che il centrodestra abbia nettamente staccato il centrosinistra nelle politiche? In parte può anche esser capitato. Ma in realtà, se effetto traino c’è stato, esso si è mosso in direzione inversa: dal nazionale al regionale. Lo testimonia soprattutto l’affluenza che, come noto, è stata più alta per il rinnovo di Camera e Senato (80%). Quella per l’elezione del governatore, però, non si è distanziata di molto, attestandosi al 76,74%. Questo è un risultato in contrasto con il trend degli ultimi anni che vede un rialzo costante dell’astensione, in particolare per le elezioni comunali e regionali. Un risultato così ampio potrebbe invece dimostrare che un elettore, spinto dal voto per le politiche, sia stato invogliato anche ad esprimersi sul contesto regionale.

A chi ha giovato questo meccanismo? È difficile stabilirlo. Il Movimento 5 Stelle, che in teoria avrebbe dovuto maggiormente beneficiarne, non è riuscito a girare i suoi voti sulla propria candidata. Meglio invece Maroni e Ambrosoli, con quest’ultimo che sembra abbia potuto godere maggiormente dell’effetto traino. Infatti se la distanza tra le due coalizioni era del 7,55% alle politiche, essa si è ridotta al 5,8% nella sfida tra governatori.

Può accadere anche questa volta? Probabilmente in parte accadrà. Il gap di Gori da Fontana è oggi in media sui 4,7 punti percentuali. Se il centrosinistra riuscisse ad andare particolarmente bene, Gori potrebbe acquisire qualche vantaggio nella corsa a Palazzo Lombardia. In caso contrario, Fontana potrebbe ulteriormente staccare l’avversario. Guardando i dati nazionali delle due coalizioni, che non danno modo di verificare un trend opposto in Lombardia, la strada per Gori sembra però oggi in salita.

Andrea Maccagno

Laureato con lode in Governo e politiche alla LUISS, dove ha collaborato con il CISE, si interessa principalmente di sistemi elettorali e sistemi partitici.
Grande sostenitore dei diritti civili, è stato presidente di un'associazione LGBT

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