In fondo stiamo bene insieme: la ninfa Europa è tornata attraente. Lo dicono i numeri dell’Eurobarometro. Il segno positivo di fronte ai dati di PIL e occupazione riporta un po’ di armonia fra l’Unione Europea e i suoi 500 milioni di “inquilini”. Un trend che accomuna più o meno tutto il continente.
Tutto risolto quindi? Nient’affatto. Una buona fetta rimane scettica sul sodalizio e rifugge la vista della bella ninfa, quasi che avesse assunto le sembianze di una gorgone: è il caso, in particolare, dei britannici (comprensibili schegge di malessere post Brexit) e, un po’ inaspettatamente, degli italiani.
A seconda di chi e di come la si guardi, l’Europa ha un duplice volto, incantevole o mostruoso. Proviamo a vederci chiaro, andando oltre metafore e leggende.
Stare nell’Unione ci ha portato bene
È così per il 64% degli europei nelle rilevazioni (risalenti allo scorso ottobre 2017). Per quasi due terzi degli intervistati, l’appartenenza all’Unione è vantaggiosa. Un dato in costante crescita dal 2011 e condiviso soprattutto da giovani e studenti. Tendenza opposta, invece, per gli euroscettici, in netto calo. Da un picco del 37% nel 2013, oggi “solo” il 25% rimane convinto che essere membri dell’UE non abbia portato benefici al proprio paese.
Ma non tutti la pensano allo stesso modo. I più euroscettici? Noi italiani, seguiti da greci, ciprioti, austriaci e britannici.
E quali sono i maggiori benefici che l’UE ha portato al proprio paese? Principalmente tre, secondo gli intervistati: crescita economica, pace e sicurezza e, infine, maggiore cooperazione fra i paesi. Ma i fattori variano a seconda del paese. Per i cittadini dell’Est Europa, ad esempio, l’ingresso nell’Unione ha recato nuove possibilità lavorative.
Quindi siamo sulla buona strada?
Almeno secondo il 31% degli europei, le cose in UE stanno andando per il verso giusto. Una crescita di 6 punti rispetto a marzo dello stesso anno. D’altro canto, il 44% è ancora convinto dell’opposto, ma il trend è in netta diminuzione: meno 6 punti da marzo 2017 e addirittura meno 10 rispetto a un anno prima (ottobre 2016).
Differenziando per nazionalità, i risultati sono variegati. Con quasi il 60% di risposte positive, l’Irlanda è il paese più fiducioso nel futuro dell’Unione, complice probabilmente la forte crescita economica. Seguono, staccati di diverse lunghezze, Bulgaria (48%), Lituania e Paesi Bassi (46%). Sul fondo della classifica, i greci sono i più negativi (comprensibilmente) con solo il 16% degli intervistati a ritenere che l’UE stia andando nella giusta direzione. Seguono italiani, francesi e britannici, tutti attorno al 20%.
La stessa domanda è stata posta con riferimento al proprio paese. Confrontando questi risultati con i precedenti, l’Europa si divide asimmetricamente in due. In dieci stati membri (fra cui Italia, Grecia, Spagna, Ungheria, Romania e Lituania) i cittadini sono più positivi verso l’Unione che verso casa propria. Come ci mostra il prossimo grafico, è un dato che trova una certa corrispondenza geografica, accostando paesi del blocco orientale con quello meridionale. Questa comunanza non trova grande riscontro nei dati sul PIL. I paesi dell’Europa dell’Est hanno, infatti, tassi di crescita molto più elevati del resto del continente. Bisogna guardare ad altro.
Una parziale risposta la troviamo confrontando questi numeri con quelli dell’indice di percezione della corruzione di Transparency International: i cittadini che hanno minor fiducia nel proprio paese rispetto che all’UE condividono un alto grado di percezione di corruzione del proprio settore pubblico. Per esempio, fra gli stati citati in precedenza, nella classifica dell’indice mondiale, l’Italia è al 60° posto. La Romania e l’Ungheria al 57°, la Spagna al 41°. Per rendere l’idea, paesi come Svezia, Danimarca, Finlandia e Germania sono nella Top 10. Ecco quindi la logica: agli occhi di chi vede le istituzioni del proprio paese come corrotte ed inefficienti, le istituzioni europee diventano per contrasto più credibili.
Ai vecchi timori se ne sostituiscono altri
I sentimenti verso l’Unione, per quanto relativi e aleatori, hanno un fondamento reale. Pur in mancanza di una relazione diretta di causa-effetto, la ripresa economica e quella occupazionale hanno contribuito a rinvigorire l’immagine dell’Unione. Ma per quest’ultima non c’è tempo per tirare il fiato. Crescita e occupazione lasciano il posto a nuovi timori, in primis immigrazione e minaccia terroristica. Fra i temi più sentiti, in aumento c’è anche il cambiamento climatico.
L’immagine delle istituzioni dell’UE è determinata dalla capacità di queste ultime di rispondere alle preoccupazioni dei cittadini. Per mantenere un trend di fiducia positivo, le istituzioni devono occuparsi di queste ultime.
Gli italiani sono sempre più euroscettici
Ne ha parlato anche Politico, dipingendo un quadro dai colori tetri sul nostro paese. Un dato sorprendente, soprattutto se confrontato con altri paesi più duramente colpiti del nostro dalla crisi e appartenenti alla stessa zona geografica: Spagna e Portogallo. Ancora meno rassicurante è la fascia di persone euroscettiche. Fra le nuove generazioni questo sentimento è in espansione, in totale controtendenza rispetto al resto d’Europa (dove i giovani sono invece più europeisti, tendenzialmente).
Di certo, i toni della campagna elettorale (salvo qualche eccezione) non sono di aiuto. L’Unione Europea è il capro espiatorio perfetto per tutti i mali del paese: i suoi meccanismi sono talmente poco noti che nessuno perde tempo a confutare le dichiarazioni dei leader politici. Anche loro, a dirla tutta, non hanno le idee chiarissime (“Referendum sull’Euro”,“Anzi, no!”,“Non sforeremo il 3%”,“E invece sì”, e via di questo passo).
A ben vedere, però, gli italiani sembrano affetti da una sfiducia generalizzata verso le istituzioni pubbliche. E se è vero che sono sempre più euroscettici, è vero anche che, come abbiamo visto poco fa, la fiducia nelle istituzioni europee rimane più alta che in quelle nazionali. Ma questo fatto non è necessariamente rassicurante.
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