Nel giorno del solstizio d’estate (21 giugno) del 1976 gli italiani si recarono ad elezioni – anticipate – per il rinnovo del Parlamento, che diedero così inizio alla VII Legislatura: elezioni segnate dal grande balzo in avanti del Partito Comunista Italiano guidato da Enrico Berlinguer, che spiana la strada al “compromesso storico” con la Democrazia Cristiana.
Al potere da tredici anni, la coalizione di centro-sinistra formata da democristiani, socialisti, socialdemocratici e repubblicani mostra chiari segni d’affanno, indebolito dalle divisioni interne ai partiti e dall’andamento negativo dell’economia (con un tasso di inflazione prossimo al 20%).
D’altro canto, sembra inarrestabile l’ascesa del PCI dopo il successo alle elezioni amministrative del 1975 e la percezione diffusa nell’opinione pubblica di un imminente, clamoroso sorpasso sulla DC.
Ma quale clima politico e sociale si respira nell’Italia di quei giorni?
Gli anni Settanta sono caratterizzati dall’espansione del fenomeno terroristico, espressione di una serie di gruppi estremisti che decisero di rifiutare i tradizionali mezzi del confronto politico per abbracciare la lotta armata e sovvertire con la forza l’ordine costituito. Da una parte i gruppi di estrema destra – Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale – volevano interrompere l’esperimento democratico, e già a partire dalla fine degli anni sessanta fecero ampio ricorso ad una serie di attentati dinamitardi che colpirono sia i civili sia i rappresentanti delle istituzioni. Tra i principali: Milano, Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969 (diciassette vittime); le due stragi del 1974, il 28 maggio in Piazza della Loggia a Brescia (otto morti) e due mesi dopo sul treno Roma-Brennero (dodici vittime).
Dall’altra parte, movimenti extraparlamentari di sinistra tra i quali le Brigate Rosse, Prima Linea e i Nuclei Armati Proletari si costituirono con il chiaro intento di rovesciare lo stato borghese poggiato sul sistema economico capitalista. Traendo spunto dai guerriglieri latinoamericani e palestinesi, iniziarono a compiere una serie di sequestri ai danni di dirigenti industriali e magistrati.
Le istituzioni e i partiti si trovano a fronteggiare due tipologie di terrorismo diverse tra di loro sia dal punto di vista ideologico, sia per il modo di operare, ma unite entrambe dalla volontà di destabilizzare lo Stato democratico ricorrendo alla cosiddetta “strategia della tensione”. Proprio alla vigilia delle elezioni del 1976, il gruppo delle Br realizzò il primo omicidio politico nei confronti del procuratore generale di Genova Francesco Coco e di due agenti della scorta.
In questo clima turbolento, l’opinione pubblica si trova a fare i conti con un contesto mediatico dominato dal “caos dell’etere”: tra riforme incomplete e sentenze della Corte Costituzionale viene riaffermato il monopolio dello Stato sulla diffusione radiofonica e televisiva nazionale ma non su quella locale. Nel corso del 1976, le emittenti private si moltiplicano, le radio libere iniziano a trasmettere in nome della “libertà d’antenna”, mentre la RAI passa dal controllo governativo a quello del Parlamento: con la nascita della Commissione di Vigilanza, l’influenza politica sull’azienda di Viale Mazzini viene lottizzata tra i maggiori partiti.
Più in generale, la televisione accelera sull’evoluzione dei palinsesti e dei linguaggi spingendo la politica ad uscire dallo spazio delle tribune elettorali e a farsi spettacolo. Proprio nel 1976 si tiene a battesimo la prima partecipazione di un Presidente del Consiglio in carica ad un talk show: Giulio Andreotti viene intervistato da Maurizio Costanzo negli studi di “Bontà loro” su Rai 1.
Ma è sulla carta stampata che si consuma il dibattito politicamente più significativo della campagna elettorale: il 15 giugno, Giampaolo Pansa esce sul Corriere della Sera con un’intervista ad Enrico Berlinguer. Il segretario del PCI rilancia l’offerta di una collaborazione con la DC per combattere il terrorismo e, nel tentativo di rassicurare parte del ceto medio-borghese, accetta per la prima volta il principio secondo cui l’Italia non debba uscire dalla NATO – l’alleanza militare sottoscritta con gli Stati Uniti nel 1949. La dichiarazione di Berlinguer segna il superamento di un tradizionale cavallo di battaglia dell’opposizione comunista, in nome della nascita di un governo di “solidarietà nazionale”. E se da una parte l’intervista suscita aspre critiche all’interno dell’ala radicale del partito, dall’altra favorirà un travaso di voti moderati verso il centro : “turatevi il naso, ma votate DC” fu il celebre incitamento di Indro Montanelli ai suoi lettori del neonato Giornale.
Le elezioni registrano la grande avanzata del PCI, che raggiunge il suo massimo storico del 34,3% (+5 punti rispetto a quattro anni prima) senza tuttavia raggiungere la maggioranza relativa. La DC si mantiene stabile al 38%, dato conforme al 1972, scongiurando il calo dei consensi causato dallo scandalo Lockheed, che aveva coinvolto tra gli altri l’ex-premier Mariano Rumor. Come mostra la mappa interattiva di YouTrend, oltre che nelle tradizionali “regioni rosse”, i comunisti riportano vittorie nel Lazio, in Liguria e in Valle d’Aosta mentre la DC si conferma più forti al Nord e nel Mezzogiorno. L’avanzata dei comunisti non avviene tanto nelle storiche roccaforti (Toscana, Emilia-Romagna, Umbria, Marche) ma in regioni come Campania, Lazio, Piemonte e Sardegna.
Il PSI, in pieno passaggio di leadership da Francesco De Martino a Bettino Craxi, si ferma intorno al 9,5%, seguito da MSI, PSDI, PRI e PLI, quasi tutti in calo. Il tanto temuto, o sperato, “sorpassone” non avviene ma in Parlamento il peso del PCI aumenta di 74 seggi e già il 5 luglio un suo esponente di spicco, Pietro Ingrao, viene eletto Presidente della Camera, primo comunista a ricoprire tale ruolo. Poche settimane e il 30 luglio giura il Governo Andreotti III, monocolore democristiano, il quale otterrà la fiducia del Parlamento grazie all’astensione decisiva (o “non sfiducia“) del Partito Comunista: è un’estate calda, inizia il Compromesso Storico.
(Ha collaborato Alessandro Latterini)
Leggi qui la puntata precedente: Le elezioni del 1963.
Bravo, Claudio. Ottimo ricordo, per noi che abbiamo vissuto “in diretta” quei momenti storicamente importantissimi nella politica italiana. E’ stato il grande momento in cui gli italiani hanno capito l’importanza di vivere discostandosi dall’opportunismo e dalla paura naturale, che era frutto della passata stagione dittatoriale. Non immagini quanti anni siano trascorsi perché anche i libri scolastici di storia avessero il coraggio di raccontarci (anche se non ancora completamente) che cosa fosse realmente successo dagli inizi del 1900 fino a quei giorni che tu hai riportato. Nei nostri studi scolastici potevamo conoscere tutto, dettagliatamente, dai cavernicoli in poi. Ci insegnavano di tutto: dalle Crociate agli Uomini primitivi, dal Risorgimento a Napoleone, da Cavour a Mazzini, etc. Non ti parlo poi degli eroi nostrani: Balilla, Enrico Toti, i Fratelli Bandiera, Pietro Micca e l’elenco é impressionante. Non ti nego che oggi, con la newage, molte di queste persone potrebbero essere citate anche come terroristi. Con buona pace del fatto che si tratta di persone che hanno sacrificato la propria vita per dei grandi ideali. Ma chi legge, con spirito critico, il tuo lavoro si rende conto che anche in te vive la speranza in una grande parola (quasi da tutti dimenticata) “IDEALE”.
Ti saluto e ti ringrazio: i giovani che lavorano come te ci donano ancora, oltre ai grandi ricordi della gioventù, la fiducia mai perduta in un mondo migliore. Auguri e continua sempre sulla tua strada. Antonio.
Grazie Antonio, queste parole rinforzano ancora di più l’anima e il proposito di Almanacco Elettorale. Ricordiamo il passato per trarne insegnamento nel presente. La storia insegna, sempre. CA
Bel pezzo, molto accurato
Grazie mille Francesco!