Nella scorsa puntata avevamo definito le elezioni del 1992 come l’avvio di una rapida transizione politica per l’Italia.
Due anni dopo, il voto anticipato del 27-28 marzo 1994 per la XII legislatura segna una tappa decisiva di quella transizione, ovvero il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica.
Per la prima volta dal 1948 gli italiani si recano alle urne in un contesto inedito: nuovi partiti, nuovi leader e nuove alleanze rimpiazzano il vecchio sistema politico collassato sotto il peso dello scandalo di Tangentopoli.
I referendum dell’aprile 1993 avevano certificato l’esigenza, non più rinviabile, di un rinnovamento delle istituzioni a partire dalla riforma elettorale, sia a livello locale (con l’introduzione dell’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di provincia), sia a livello nazionale con l’approvazione del Mattarellum, un sistema di voto prevalentemente maggioritario.
Il coup d’envoi del 1994 politico avviene il 18 gennaio con la scissione della Democrazia Cristiana che diede vita al Partito Popolare Italiano guidato da Mino Martinazzoli (maggioranza) e al Centro Cristiano Democratico di Pier Ferdinando Casini (minoranza): è la fine di uno storico partito di massa, rimasto al governo ininterrottamente per quasi cinquant’anni, unico caso tra le democrazie europee.
Una settimana dopo, il 26 gennaio, l’imprenditore Silvio Berlusconi annuncia in un video-messaggio fatto recapitare alle principali redazioni dei telegiornali, la sua “discesa in campo” alla guida di una nuova formazione di centro-destra, Forza Italia. Il nuovo soggetto politico raccoglie sin da subito consensi da varie correnti orfane del vecchio Pentapartito, in particolare democristiani, liberali e socialisti fedeli all’ex segretario Bettino Craxi, oltre che da personalità provenienti dalla Fininvest, l’azienda leader nell’emittenza televisiva privata fondata dallo stesso Berlusconi.
Grazie al meccanismo del Mattarellum, che premia le coalizioni a sostegno dei singoli candidati nei collegi uninominali, si costituiscono in breve tempo tre distinte coalizioni. I Progressisti, la “gioiosa macchina da guerra” guidata da Achille Occhetto e composta da Partito Democratico della Sinistra, Rifondazione Comunista, Verdi e socialisti. Il Patto per l’Italia, rassemblement di centro tra il Partito Popolare Italiano e la Lista di Mario Segni. A destra Forza Italia stringe accordi con la Lega Nord di Umberto Bossi nei collegi settentrionali e con l’MSI-Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini in quelli del centro-sud, dando vita rispettivamente al Polo delle Libertà e al Polo del Buon Governo.
Per dirla con le parole di Edoardo Novelli, docente di comunicazione politica all’Università degli studi di Roma Tre, «le riforme istituzionali che introducono l’elezione diretta delle cariche amministrative e lo scontro fra candidati e aspiranti premier, se dal punto di vista politico possono lasciare qualche perplessità, dal punto di vista mediatico rappresentano un grande passo in avanti».
Si assiste in questa fase ad una rapida modernizzazione della comunicazione e dell’informazione politica. La televisione in particolare diventa allo stesso tempo “scena, attore e oggetto” della campagna elettorale, favorendo il confronto diretto tra i candidati. Ne è un esempio il dibattito che andò in onda il 23 marzo 1994 negli studi di Canale 5 tra Silvio Berlusconi e Achille Occhetto: fu il primo duello televisivo “all’americana” nella storia del nostro Paese tra i leader di coalizione – candidati in pectore alla Presidenza del Consiglio – e un richiamo indiretto al confronto tra i candidati presidenti negli Stati Uniti.
La centralità della televisione monopolizza il racconto della campagna: talk show, programmi di approfondimento, rubriche e telegiornali affollano i palinsesti come mai in precedenza, coinvolgendo in prima linea i protagonisti del piccolo schermo. Diverse star, in particolare delle reti Fininvest, come Mike Bongiorno, Raimondo Vianello, Iva Zanicchi, lanciano appelli al voto durante i rispettivi programmi. Ambra Angiolini a “Non è la Rai” arriva a dichiarare: “Il Padreterno tifa per Forza Italia, mentre il Diavolo, si sa, tiene per Occhetto”.
A ciò si aggiunge un uso significativo degli spot elettorali, dei sondaggi di opinione e di innovative tecniche di marketing che trovano applicazione anche all’interno delle strategie dei partiti. Gli effetti sul voto sono dirompenti.
Nella quota maggioritaria – pari al 75% dei seggi – il centro-destra (in blu) si afferma in larga parte dei collegi uninominali del nord, del centro-sud – in particolare Lazio, Campania e Abruzzo – e delle isole, per un totale di 302 collegi (su 475).
D’altro canto i Progressisti (in rosso) conquistano “solo” 164 collegi, buona parte dei quali nelle “roccaforti rosse” del centro e in alcune regioni del sud Italia, come Puglia, Basilicata e Calabria.
Nella quota proporzionale, corrispondente al 25% dei seggi sia alla Camera che al Senato, Forza Italia risulta il primo partito con il 21% dei consensi seguito a ruota dal PDS, al 20,3%.
Il risultato di FI è dirompente soprattutto in Piemonte, Lombardia e Sicilia dove raggiunge punte del 33%. Il PDS si conferma in crescita rispetto alle precedenti elezioni (+4%), ma dal punto di vista territoriale l’incremento è circoscritto al centro-sud, mente al nord è pressoché nullo. Il Patto guidato da Segni ottiene il 15,7% riportando buoni risultati in Sardegna, Veneto e Puglia.
E se da una parte la Lega si stabilizza intorno al 8% (lo stesso dato del 1992) dall’altra MSI-Alleanza Nazionale registra un exploit di ben 8 punti percentuali, salendo al 13,4% e affermandosi come primo partito nel Lazio e in Puglia.
Vince dunque il Polo. Ricevuto l’incarico dal Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, il 10 maggio 1994 Berlusconi scioglie la riserva e presenta la squadra di governo, il primo con la partecipazione diretta di esponenti del vecchio MSI.
Ma il governo Berlusconi I avrà vita breve: in novembre, nel corso di un summit internazionale sulla criminalità a Napoli, il premier è raggiunto da un invito a comparire nell’ambito di un’indagine sulle tangenti alla Guardia di Finanza. Il tema della giustizia infiamma la polemica politica e alimenta le divisioni (già marcate) tra Umberto Bossi e Forza Italia, che da lì a qualche settimana raggiungono il punto di rottura in occasione del voto sulla Legge Finanziaria. Il 21 dicembre, in un clima di rissa e recriminazioni reciproche, la Lega uscirà dalla maggioranza determinando la caduta del governo.
Nasce quindi la Seconda Repubblica (che sarà all’insegna del bipolarismo) ma la frammentazione rimarrà una costante della politica italiana.
Leggi qui la puntata precedente: Le elezioni del 1992
Commenta