A metà giornata elettorale un dato è già possibile analizzarlo. Si tratta dell’affluenza alle ore 12. In linea di massima sembra tenere, rispetto almeno al dato della medesima rilevazione in occasione del Referendum 2016.
Se confrontiamo invece il dato con le Politiche scorse vediamo che alle ore 12 si registra un +4,5%. Ma attenzione, questa lettura è ingannevole. Infatti, nel 2013 si votò su due giorni, quindi l’elettore aveva più tempo per recarsi ai seggi.
Oggi il dato nazionale si è attestato al 19,4%, ovvero 0,7 punti percentuali in meno rispetto al Referendum 2016 . All’epoca il risultato finale fu poi del 68.5%. Quest’anno, quindi, cosa dovremmo aspettarci? La nostra proiezione ci dice che la partecipazione alle urne può arrivare al 65%-70%. In caso fosse corretto, e il dato delle 19 servirà ad affinare la stima, significherebbe un calo dell’affluenza del 5-10% rispetto al 2013.
Ma quali sono stati gli aspetti più interessanti a cui prestare attenzione? Sicuramente non sorprende che il Nord voti più del Sud. È una costante del nostro Paese e ciò è stato confermato anche questa volta. Così come non sorprende che la regione in cui si sia votato di più sia l’Emilia-Romagna, con l’affluenza al 22,7%. In particolare, Ferrara continua a mantenere la medaglia d’oro della partecipazione, con il 24,7%.
Al Sud, come detto, si vota meno: soprattutto in Sicilia dove si è arrivati solo al 14,3%. Al Referendum fu la Calabria ad arrivare ultima in questa speciale classifica con il 13%, mentre nel 2013 registrò addirittura un tragico 8,1%. Le province peggiori? Reggio Calabria nel 2013 (6,5%) e Agrigento nel 2016 e oggi (11,8%).
Il dato più curioso di oggi? Sicuramente il calo del Nord e l’aumento al Sud rispetto al Referendum 2016. Cosa ci indica questo? Probabilmente un buon segno per i favoriti al Sud, ossia il Movimento 5 Stelle, che probabilmente sta riuscendo a portare alle urne molti elettori in tutti i collegi chiavi meridionali. In fondo all’articolo la mappa della variazione dell’affluenza.
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