Con il Rosatellum sono tornati in Italia i collegi uninominali per l’elezione di Camera e Senato. Mancavano infatti ormai dalle elezioni politiche del 2001, avvenute con la legge Mattarella. All’epoca però, l’impianto maggioritario era nettamente più consistente, basti pensare alla quota riservata ai collegi uninominali: il 75% di deputati e senatori veniva infatti eletto con questo metodo (oggi è il 36%).
Con la legge Rosato quel rapporto si è invertito e oggi i collegi uninominali sono 232 alla Camera e 116 al Senato, ossia poco più di un terzo. 232 erano i collegi che il Mattarellum aveva previsto per l’elezione del Senato: non è un caso, quindi, che molti dei 232 collegi della Camera di oggi si basino proprio su quelli.
Ma come sempre accade, disegnare i collegi non è affatto una cosa immediata. Dall’inclusione o esclusione di un comune, per quanto piccolo, può conseguire la vittoria o la sconfitta di una formazione politica: i collegi si vincono con un voto in più rispetto all’avversario.
La mente non può non andare alla famosa pratica americana del gerrymandering, che consiste nel disegnare i confini dei collegi a proprio piacimento per essere favoriti nella geografia elettorale. Idea furba, che non prevedeva alcun altro altro criterio se non quello utilitaristico: per tal motivo i collegi avrebbero assunto forme particolarmente tortuose.
Così, è interessante andare ad analizzare qualche caso di collegio “strano” che questo Rosatellum ci propone. Non tanto perché vi siano sospetti di gerrymandering, quanto piuttosto per offrire una panoramica e ipotizzare le ragioni alla base di certi disegni dei confini da parte dei tecnici del governo.
Ecco quindi una selezione: una ventina di casi tra Camera e Senato, sapendo ovviamente che ve ne possono essere anche di più. Abbiamo scelto questi collegi, e non altri, per due ragioni: in primis perché alcuni di essi sono tra loro intersecati; in altri casi, hanno delle forme veramente particolari che balzano decisamente all’occhio appena li si guarda.
Iniziamo dai primi. Qui riportiamo i collegi della Camera, ma spesso gli stessi ritornano al Senato, magari con nomi diversi, ma sempre con la stessa strana divisione. Prendiamo per esempio un collegio del nord, quello di Abano Terme-Padova: tra i due collegi c’è una particolare rientranza, tanto che sembra che un pezzo di Padova inglobi un pezzo di Abano.
Se nel territorio veneto questo fenomeno è solo apparente, in alcuni collegi del centro e sud Italia è ciò che si verifica per davvero. È il caso per esempio di Arezzo con Rimini o Foligno con Pesaro. Sono casi interessanti perché a unirsi sono collegi che afferiscono a regioni diverse, evenienza completamente differente rispetto a quella padovana. Come si può notare dalle immagini sottostanti, sono ben evidenti le enclavi aretine a Rimini e di Foligno nella provincia marchigiana.
Un evento, questo, che nel centro Italia capita anche tra Terni e Perugia o tra Roma Castel Giubileo e Civitavecchia. Al Sud il discorso non cambia. Capita in Puglia tra Taranto e Martina Franca, in Sicilia tra Enna e Gela o tra Monreale e Mazara del Vallo, in Molise tra Campobasso e Isernia, in Basilicata tra Potenza e Matera, in Calabria tra Gioia Tauro e Reggio Calabria. In tutti questi territori sono presenti enclavi, come testimoniano le immagini tratte dal nostro Trovacollegio per Agi:
Ma l’aspetto più bizzarro è un altro. Ed è riscontrabile non tanto negli enclavi, che per ragioni storiche in alcuni casi sono divisioni del territorio normali, quanto piuttosto nei confini dei vari collegi. Confini strani, con curvature e rientranze particolari, all’apparenza illogiche e in ogni caso non scontate.
Un fenomeno che capita più di una volta, su tutta la penisola, sia alla Camera sia al Senato. In quest’ultimo caso sembra più accentuato, e ciò è in parte dovuto sicuramente alla maggiore vastità del territorio che il collegio deve coprire. Andiamo allora a vedere un paio di casi simbolici.
Prendiamo per esempio il collegio senatoriale dal codice SU031_02. Siamo a Milano, non nel centro, ma nella periferia. Quale periferia? Beh…tutta! In pratica questo collegio è disegnato in modo da circondare letteralmente quasi tutto il centro del capoluogo meneghino. Il cerchio non si chiude solo per la presenza dell’apertura nella zona a nord-ovest.
Notevole è anche il collegio di Ferrara. Di per sé non si estende in un modo particolarmente strano. O, almeno, fino al Parco Regionale del Delta del Po (Valli di Argenta). In prossimità di quella zona, infatti, un piccolo lembo di terra crea una specie di “ponte” verso il sud, dove poi il collegio sembra riaprirsi nei pressi di Imola. Guardare per credere:
Discorso analogo al collegio di Milano lo si deve fare anche per quello di Sesto Fiorentino, sempre al Senato. È un collegio territorialmente piuttosto vasto, che abbraccia in toto il collegio senatoriale di Firenze. Ricomprende anche Empoli, ma anche in questo caso non si chiude il cerchio, perché Prato ha un collegio a sé (insieme a Pistoia).
Ma forse il più strano di tutti è quello di Velletri, nel Lazio. È anche difficile da descrivere, data la forma con cui è stato pensato. Se fosse una lettera forse si avvicinerebbe grossomodo ad una “M”. In pratica prende un pezzo di costa tirrenica verso Anzio e poi si dirige verso Pomezia, Velletri, Frascati, Palestrina, Valmontone, fino a riscendere verso Carpineto Romano. Confina con i collegi senatoriali di Fiumicino, Guidonia e Latina.
E che dire di Acireale, la cui forma ricorda quella di un paese scandinavo? I confini infatti sono molto frastagliati e ricordano insenature e fiordi: fra questi ultimi, il più pronunciato di tutti si colloca nella parte meridionale del Parco dell’Etna. Finlandese per la forma, Norvegese per i fiordi e Svedese per la collocazione: il collegio di Acireale si trova a metà strada tra quello di Gela a ovest e quello di Catania a est. Non poteva mancare uno sbocco sul mare!
Anche a Napoli, poi, non si scherza, con i confini dei collegi che spaccano la città in due. Ma almeno quella linea è stata tracciata in modo regolare? Ovviamente no: il collegio senatoriale Napoli Ovest comprende Pianura, Fuorigrotta, Posillipo e si estende fino ai quartieri San Lorenzo e Chiaiano. Ma con un vero e proprio “buco” al proprio interno, che appartiene a Napoli Est. Ovvero la zona collinare, con i quartieri dell’Arenella e del benestante Vomero.
Una forma “serpentesca” è invece quella del collegio senatoriale di Cantù, nel profondo nord italiano, al confine tra Lombardia e Svizzera. Ma ovviamente non si ferma solo a Cantù. Anzi, una curva dopo l’altra si estende fino a Sondrio e poi a Bormio, toccando il Parco delle Orobie Bergamasche e collocandosi al nord del Parco dell’Adamello.
Molte stranezze, dunque, nel disegno dei collegi uninominali di Camera e Senato. E questo su tutto il territorio della penisola, con abbondanza di enclavi, confini ricurvi, restringimenti seguiti da espansioni e chi più ne ha più ne metta. Potranno manipolare, anche in parte, il risultato delle elezioni? Forse, di certo non potrebbero stravolgerlo. Ma per fortuna l’attesa è finita, e a breve avremo risposte anche a questi dubbi…
“È il caso per esempio di Arezzo con Rimini o Foligno con Pesaro. Sono casi interessanti perché a unirsi sono collegi che afferiscono a regioni diverse…” Le enclave/exclave in questo caso corrispondono ai confini regionali. Sono anomalie amministrative dei confini regionali, non dei collegi uninominali. Cfr. una cartina (dettagliata) delle regioni Toscana, Emilia, Umbria e Marche.
Temo che su Foligno vi siate sbagliati: non ne fanno parte comuni marchigiani.
Ma, per il resto, il gerrymandering è evidente.
Vi segnalo, invece, un caso veramente bizzarro nelle Marche.
All’epoca del Mattarellum la regione era divisa in dodici collegi camerali e in sei senatoriali. Con il Rosatellum i collegi sono stati dimezzati, quindi ci si sarebbe potuti aspettare che i collegi fossero aggregati due a due, e ulteriormente accoppiati nel passaggio dalla Camera al Senato.
Ma non è andata così.
In particolare, spicca il caso di Fabriano, quarta città della provincia di Ancona, con circa 32mila abitanti.
All’epoca del Mattarellum Fabriano faceva parte del collegio camerale di Jesi e di quello senatoriale di Ancona.
Questa volta per la Camera è stata ancora aggregata a Jesi e ad Ancona.
Per il Senato, invece, è stata staccata dal resto del collegio camerale e aggregata al collegio senatoriale di Pesaro, insieme all’intera provincia di Pesaro-Urbino. Idem per la vicina Sassoferrato.
Da notare che Fabriano è, con Castelfidardo e Montelabbate, uno dei tre comuni marchigiani con una giunta M5S, mentre la provincia di Pesaro-Urbino è sempre stata, fino al 4 marzo, una provincia rossa, elettoralmente un’appendice dell’Emilia-Romagna.
Che sia stato un tentativo di diluire i voti pentastellati di Fabriano in un collegio che si pensava rosso, in modo da garantire la vittoria al PD sia nel collegio senatoriale di Pesaro, sia in quello, meno sicuro, di Ancona?