Le elezioni politiche del 4 marzo 2018 non hanno portato alla creazione di una maggioranza, ma hanno sicuramente delineato dei vincitori. La coalizione più votata è stata quella del centrodestra con il 37% dei voti, mentre il Movimento Cinque Stelle si è imposto come primo partito, con più del 32% di voti in entrambe le Camere.
La coalizione di centrodestra era composta da Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia-UDC. Qui in seguito analizziamo il risultato dei primi tre (NCI ha raccolto solo 1,3% e non ha superato la soglia di sbarramento), mettendo in luce l’evoluzione che hanno avuto, dalle Politiche 2013, sia in termini di voti assoluti sia per distribuzione geografica dei voti, soffermandoci su uno degli aspetti più rilevanti e inaspettati di questo esito elettorale: il declino di Forza Italia e l’ascesa della Lega.
Partiamo dal risultato. La Lega è diventata il primo partito del centrodestra, con il 17,37% di voti, un ribaltamento storico, che segna l’avvio di un nuovo scenario politico. A seguire, Forza Italia di Silvio Berlusconi con il 14,01% e Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni al 4,35%. Queste sono le percentuali relative alla Camera, ma al Senato sono estremamente simili.
Cinque anni fa…
Elezioni politiche 2013. Alla Camera la coalizione di centrosinistra è la prima classificata con il 29,55% in gran parte del Partito Democratico. Il centrodestra totalizza il 29,18% di voti e il Movimento 5 Stelle, all’epoca nuovo soggetto politico, ottiene un sorprendente 25,56%.
Come si può vedere dalla mappa, il partito di Berlusconi, all’epoca Popolo della Libertà, aveva ottenuto il 21,56% di voti alla Camera. Questo significa che, ad oggi, ha avuto un crollo di 7,6 punti percentuali. Anche considerando il dato delle elezioni Europee del 2014, Forza Italia mostra un andamento decrescente. Un calo di 4,8 punti percentuali tra il 2013 e il 2014, anno in cui FI è stata terzo partito – con il 16,81% di voti – ampiamente alle spalle di PD e M5S. Dal 2014 ha perso un ulteriore 2,8%.
La Lega ha invece avuto un andamento opposto. Dalle elezioni politiche del 2013 (4,1%) alle Europee del 2014, il partito ha ampliato il suo bacino elettorale di oltre due punti percentuali, raggiungendo il 6,2%. Ma la vera esplosione si è registrata in queste ultime elezioni, con un balzo in avanti di 11,2 punti percentuali dalle europee e una quadruplicazione dei voti rispetto alle precedenti politiche. Si noti inoltre che il risultato ottenuto – 17,37% – è poco meno di un punto e mezzo inferiore a quello del Partito Democratico (18,72%). Quindi, come numero di voti la Lega ha quasi raggiunto il PD, a differenza del quale fa segnare un trend positivo.
Cos’è avvenuto in questi cinque anni all’interno del partito che rappresentava una visione settentrionalista, a tratti persino secessionista?
La Lega Nord di Umberto Bossi, passata a Roberto Maroni tra il 2012 e il 2013, è diventata a tutti gli effetti un partito nazionale. Con il passaggio del testimone a Matteo Salvini, la Lega non ha più rappresentato un polo di riferimento solo per gli italiani residenti al Nord – in particolare in Lombardia e Veneto, roccaforti del partito di Via Bellerio – ma ha abbracciato un’impronta nazionalista, sul modello francese del Front National di Marine Le Pen.
Il colore verde – che richiama la fase precedente della Lega – è scomparso lasciando il posto al blu, così come dal simbolo del partito è stata eliminata la parola ‘Nord’.
Solo in questo modo la candidatura a premier di Salvini poteva essere credibile: un’immagine e un programma che pensano al paese nella sua interezza, evidentemente cogliendo meglio di altri partiti storici i bisogni dei cittadini. Possiamo dunque dire che il successo di Salvini e della nuova Lega – e del centro-destra nel suo complesso – è derivato da tre fattori fondamentali:
1 – la coalizione di centrodestra è riuscita a incarnare in maniera puntuale i temi che l’elettorato sentiva maggiormente (sicurezza, sfiducia verso il governo uscente);
2 – la Lega è riuscita a inquadrare queste questioni nel modo giusto, utilizzando frame che hanno saputo conquistare l’attenzione dell’elettorato;
3 – inserendosi in un contesto in cui il sentimento euroscettico e la crescita del populismo sono crescenti in tutta Europa.
Questi tre aspetti, da cui è anche scaturita la supremazia della Lega all’interno della coalizione, hanno anche decretato l’indebolimento di Silvio Berlusconi. In un’epoca in cui si tende a preferire un capo dotato di grande capacità di leadership per far fronte ai numerosi problemi e all’influenza dell’Unione Europea, la figura di Berlusconi, decisamente ammorbidita e moderata nell’inquadramento delle politiche in questa campagna elettorale, non è riuscita a sfondare. Il centrodestra si è spostato più a destra.
Se dal 1994 in avanti Berlusconi era stato il leader indiscusso della coalizione, ponendosi come collante e capo moderato tra l’area post-fascista e quella leghista, ora non gli resta che svolgere il ruolo di “regista” del centrodestra – come ha dichiarato di recente con un video nella sua pagina Facebook – ammettendo la leadership di Salvini nel rispetto degli accordi pre-elettorali.
Fratelli d’Italia, il partito guidato da Giorgia Meloni, ha registrato negli ultimi cinque anni un andamento crescente, anche se il risultato finale è stato inferiore rispetto alle aspettative. L’ultimo dato della nostra Supermedia prima del blackout dei sondaggi, riportava un risultato del 4,6%, dopo essersi attestato per molti mesi sopra il 5%. Rispetto alle precedenti elezioni politiche il partito ha però più che raddoppiato i voti ricevuti. Dall’1,96% registrato nel 2013 al 4,35% di oggi – passando per il 3,67% delle Europee 2014. Con queste percentuali il partito dà comunque un contribuito importante alla coalizione, rimanendo forte nel Lazio, ma senza affermarsi come prima forza politica del centrodestra in nessun collegio.
Dalla mappa riportata in seguito si evince che i rapporti di forza all’interno del centrodestra riflettono la più generale spaccatura netta del territorio: la Lega che prevale nel nord e nel centro Italia, e Forza Italia che conquista tutta la partemeridionale, comprese le isole.
Possiamo dedurre che una parte dei voti previsti dai sondaggi per FdI sia in realtà andata alla Lega, che ha fornito agli elettori collocati a destra un’alternativa per loro valida, visto il nuovo impianto nazionale. Infatti, il posizionamento dei due partiti all’interno dell’attuale panorama politico è stato perlopiù simile, ma la forte leadership e credibilità guadagnata da Salvini ha prevalso.
Quali erano gli accordi pre-elettorali della coalizione?
Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno deciso di presentarsi uniti. I tre programmi dei partiti sono stati trasformati nei dieci punti della proposta del centrodestra. Era stato stabilito che chiunque avesse raggiunto un voto in più degli alleati avrebbe potuto nominare il candidato premier. Berlusconi non si aspettava affatto di poter essere sorpassato, abbiamo infatti dovuto attendere fino al 6 marzo per avere una sua dichiarazione, e precedentemente aveva nominato l’attuale Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani come suo candidato.
Diverso invece l’atteggiamento di Salvini che, richiamando le linee visive della campagna di Trump del 2016 in America, aveva proposto uno sfondo blu con una scritta bianca: Salvini Premier, la rivoluzione del buonsenso.
Il candidato della Lega ha subito commentato sui suoi account il risultato elettorale, ringraziando il mondo del web e si è in seguito espresso richiedendo al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella di affidargli l’incarico per formare un governo. Giorgia Meloni ha assicurato di appoggiare quanto prestabilito e sostenere dunque Matteo Salvini.
A cosa porterà questa situazione? Come già detto, il ribaltamento dei rapporti di forza all’interno della coalizione hanno sconvolto i piani di Berlusconi, che si aspettava di rimanere il leader del centro-destra e di poter indicare il candidato alla premiership. Il risultato della Lega potrebbe mettere in imbarazzo l’ex Cavaliere, soprattutto per via delle posizioni sull’Europa di Matteo Salvini. Infatti, Berlusconi è a capo del partito che esprime il Presidente del Parlamento Europeo. Nonostante questo, Berlusconi si è dichiarato convinto nel voler sostenere la candidatura di Matteo Salvini a Palazzo Chigi, come da accordi pre-elettorali.
Giorgia Meloni ha ribadito la sua volontà di appoggiare un governo con a capo Matteo Salvini, ma il risultato del centro-destra non garantisce la formazione di una maggioranza. Già prima del voto, ma soprattutto dopo l’esito elettorale, si è parlato di una possibile coalizione tra la Lega e il Movimento 5 Stelle. Un’alleanza che sarebbe numericamente granitica – i due partiti insieme raccolgono la metà dei consensi dell’elettorato – ma poco praticabile politicamente, come ribadito dal leader della Lega, contrario a “strane alleanze” con i pentastellati. Nonostante la pesante sconfitta del Partito Democratico, il partito di Matteo Renzi potrebbe essere l’ago della bilancia per la formazione di un governo…
(grafici e mappe a cura di Silvio Pili)
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